Decreto Salvini, giudice ordina l'iscrizione all'Anagrafe di un richiedente asilo
Anche a Lecce, dopo Bologna e Firenze, a nudo la falla. Il legale: "Impedire il diritto alla residenza, significa negare salute, scuola e possibilità di lavoro"
LECCE – Non è la sentenza apripista, ma è pur sempre la terza, dopo Firenze e Bologna, da cui emerge una falla nel cosiddetto decreto Salvini circa la possibilità per i richiedenti asilo di inoltrare richiesta per l’iscrizione anagrafica. Le modifiche introdotte - spiega Stefano Leuzzi, responsabile dello sportello di Lecce dell’associazione "Avvocato di strada", che ha presentato ricorso per conto di un ospite di Masseria Ghermi - se lette conformemente alla Costituzione, non impediscono tuttora il diritto alla residenza. Negando la quale, ne vanno di mezzo a catena tutti gli altri diritti, come quello alla salute, al lavoro e all’iscrizione dei figli a scuola.
Proprio sulla scorta del decreto, il Comune di Lecce (che nella questione ha agito come ufficiale di Governo, in sottordine nella materia al ministero degli Interni) ha negato di recente allo straniero in via amministrativa l’iscrizione anagrafica. Ma, dopo ricorso presentato dal legale dell’associazione, in sei pagine di ordinanza, il giudice Antonio Barbetta della Prima sezione civile del Tribunale ordinario di Lecce, ha motivato perché non vi sia ragione che l’ufficio dell’anagrafe ponga un alt.
Ha un permesso di soggiorno per asilo
L’uomo, che è titolare di permesso di soggiorno per asilo dal giugno dell’anno scorso, e che si trova in un alloggio di Masseria Ghermi, il centro di accoglienza straordinaria gestito dalla Croce rossa italiana a Torre Chianca, si è visto respingere l’istanza nel maggio scorso, proprio sulla scorta della nuova normativa che disciplina la materia. Cioè, il decreto legge 113/2018, convertito poi in legge. Il riferimento preciso è l’articolo 4, nella sua riformulazione, in cui il giudice nota come non vi sia alcun divieto esplicito per un richiedente asilo di iscrizione nei registri. Si evidenzia soltanto “che il permesso di soggiorno per la richiesta di asilo non costituisce titolo per consentire l'iscrizione all'anagrafe”.
Il fatto è questo: il sistema normativo sull’iscrizione anagrafica trova il suo perno attorno al Dpr 223/89, in ragione del quale la procedura prevede che l’iscrizione avvenga “sulla scorta delle dichiarazioni dell'interessato, degli accertamenti disposti dall'ufficio e delle comunicazioni dello stato civile”. E ancora: “Le dichiarazioni anagrafiche si riferiscono anche ai trasferimenti all'estero, laddove all’atto della dichiarazione, la parte deve provare la propria identità mediante il passaporto ovvero documento equipollente”. Trascorsi 45 giorni, l'ufficiale dell'anagrafe civile accerta se sussistano i requisiti, ovvero la dimora abituale, avvalendosi della polizia locale per verificare se tutto corrisponda.
Questo è l’iter. Con un quadro poi completato dall'articolo 6, comma 7, del testo unico 286/1998 in cui è stabilito che “le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste con il regolamento di attuazione. ln ogni caso la dimora dello straniero è considerata abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi in un centro di accoglienza”.
L'iter sostanziale è rimasto inalterato
Insomma, il giudice rileva che se il permesso di soggiorno non costituisca oggi un documento utile a rappresentare il “titolo” per l'iscrizione presso i registri anagrafici, funge comunque da prova per dimostrare proprio il regolare soggiorno sul territorio. Il richiedente, in virtù di questo, può permanere in Italia nel periodo in cui viene esaminata la domanda.
Entrando un po’ più nel dettaglio, se la legge 46/2017, era subentrata stabilendo una procedura semplificata, cioè poggiata soltanto sulla dichiarazione del responsabile del centro di accoglienza e non anche su quella dell'interessato e dei successivi controlli d'ufficio, la disposizione è stata di recente modificata proprio con l'articolo 13 del decreto Salvini, che ha abrogato quella modalità e ha precisato che il permesso di soggiorno per la richiesta di asilo non costituisce "titolo" per l'iscrizione anagrafica.
Superato quell’automatismo, e chiarendo che non vi sia una speciale modalità di iscrizione all'anagrafe dei residenti poggiata solo sulla domanda di protezione e sull'inserimento nella struttura di accoglienza, tuttavia le norme in tema di iscrizione anagrafica, quelle del già citato Dpr 223/1989, e di parificazione di cittadini e stranieri con soggiorno regolare, non sono state toccate.
Sono citati, inoltre, nella sentenza, la Costituzione all’articolo 10 e i trattati internazionali sui diritti inviolabili della persona. E si fa menzione delle motivazioni espresse dalla Corte Costituzionale nella sentenza numero 306/2008. Scrive il giudice che “tra le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute rientrano quelle che, nel garantire i diritti fondamentali della persona indipendentemente dall'appartenenza a determinate entità politiche, vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato”.
Se tutto in regola, nessuna limitazione
“Al legislatore italiano è certamente consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino l'ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia (da ultimo, sentenza n. 148 del 2008). E’ possibile – si legge ancora -, inoltre, subordinare, non irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni - non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza - alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, però, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini”.
Un altro passaggio merita attenzione. Scrive, infatti, il giudice: “Nel caso di iscrizione nei registri anagrafici, vi è da precisare, che non si verte in tema di erogazione di prestazioni in favore dello straniero ma si tratta di semplice ricognizione anagrafica, da cui discende la possibilità di esercitare una molteplicità di diritti: iscrizione scolastica, sottoscrizione di un contratto di lavoro, accesso alle misure di polita attiva del lavoro, ottenere la patente di guida, determinazione del valore Isee per accedere a determinate prestazioni sociali, decorrenza dei termini sia per il rilascio del permesso per soggiornati di lungo periodo e sia l'ottenimento della cittadinanza italiana”. E allora, accogliendo il ricorso, ha ordinato che lo straniero venga immediatamente iscritto nei registri anagrafici della popolazione redente sul territorio comunale.