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Lecce si stringe alla Colonna: Da qui non si muove

Continua la querelle a distanza fra i due sindaci. Perrone elenca a Mennitti i motivi, anche storici, per cui il dono non sarà restituito. E intanto, si sprecano i commenti dei lettori sulla vicenda

Diciamocelo. Quando è salito sullo scranno più alto di Palazzo Carafa, Paolo Perrone sapeva di dover fare attenzione a non essere risucchiato dal buco in bilancio o di non essere travolto dalle ruote di quel carrozzone che risponde al nome di Lupiae servizi. Tutto si aspettava, però, tranne che di dover arrivare ad avvinghiarsi idealmente alla Colonna di Sant'Oronzo, per far capire ad un vicino di casa con cui i rapporti rischiano già di arenarsi nel tira e molla infinto sulla sabbia che da quel piedistallo il Santo non si sposterà mai. Accade infatti che dopo 12 anni Brindisi abbia riottenuto il capitello della Colonna romana. Ora, dopo 400, rivuole anche la Colonna.

Figurarsi, però, se il patrono, fermo da tanto tempo lassù (e chissà gli arti rattrappiti) possa mai trovare un'altra collocazione. E dove, poi? In cima al Sedile? Sul campanile dell'ex Palazzo dell'Ina? Sul tetto di Palazzo Carafa? Sul palazzo della redazione dei colleghi di Rts? Niente da fare, la Colonna resta al suo posto e in sella il santo, che continuerà a benedire i leccesi con le tre dita puntate sull'omonimo ovale. Qualcuno fra i lettori, che hanno colmato il sito di commenti d'ogni genere nel precedente articolo (https://www.lecceprima.it/articolo.asp?articolo=3681), s'è chiesto se non fosse tutta una bufala. Come Francesco, di Casarano. E sì, perché a vederla così, in un primo momento, poteva sembrare davvero una farsa. D'altro canto, in questi tempi scanditi dal dibattito sul movimento che fluisce alle spalle di Beppe Grillo, l'idea che l'"homo politicus" del nuovo Millennio, di per sé già tollerato a malapena dal suo elettorato, possa scadere nell'infruttuosa guerra di campanile, fa rabbrividire più di qualcuno. Andrea di Nardò invita dunque i politici ad occuparsi di altri argomenti. "Pensassero a risolvere i problemi della gente che sono tanti e non a queste cose che non saprei nemmeno come definire".

"Chiediamo pure il ritorno della "Gioconda" in Italia?", si domanda a questo punto Antonio di Galatina. "Ma i brindisini non hanno altro a cui pensare? ‘Sta storia della Colonna inizia a diventare un po' fissa. Ormai sta lì da 400 anni, non da ieri. Solo a pensare ai costi per smontarla e poi trasportarla e poi rimontarla... ma proprio per assurdo... perché non pensare di spendere in modo più utile quei soldi?" E siccome accanto ai commenti più pacati, non sono mancati anche gli sberleffi di rito, c'è chi, come Beppe di Lecce, ha deciso di rivolgersi direttamente al primo cittadino di Brindisi: "Maturata la decisione di richiedere la Colonna, vorrei conoscere che cosa ha da dire di fronte al sicuro diniego di tutta la cittadinanza leccese. Cosa che avrebbe potuto prevedere prima della sua strampalata richiesta. E' chiaro che io non mi faccio portavoce della cittadinanza leccese. Ci mancherebbe. Ma lo dico con buono spirito di presunzione che, di fronte a questa richiesta tutta Lecce si fa una gran risata".

"Vedi un po' questi pagliacci, farebbero bene a pensare ai cittadini, invece che a queste buffonate. Qualcuno a Brindisi soffre di manie di protagonismo", taglia corto, non andando certo per il sottile, Alessandro di Lecce. Così come non manca chi arriva a tirare fuori un vecchio motivo di sfottò fra il leccese e il brindisino: il dialetto. "La vuei cu ‘centu liri' la Colonna? Dai pensate a cose serie, vi prego", esorta un altro leccese, Valerio. "Penso che la stessa Colonna vissuta tanti anni a Lecce si rifiuterebbe di ritornare a Brindisi", suggerisce sarcasticamente Piero di Lecce, chiedendo se non sia il caso di tagliare la testa al toro: "Facciamo decidere alla Colonna". C'è poi un'otrantina che abita a Firenze, assidua commentatrice di LeccePrima che si firma Pizzicata '73, la quale chiama in causa il Galateo: un regalo non si chiede mai indietro. "Scusate ma io non capisco, dopo 400 anni se ‘ricordane du capitellu?'Ma poi se è stato regalato, perché lo vorrebbero indietro? Un regalo è un regalo. Non è che ‘diventanu comu li baresi'?" Giò di Lecce finge di essere disposto a cedere alle pretese dei vicini. "Però le spese di spedizione sono a loro carico", ricorda. "La Colonna di Sant'Oronzo è il simbolo della città di Lecce, non potrà mai andare a Brindisi... a meno che Brindisi non si prodighi per far diventare Lecce una città di mare... allora sì che se ne potrebbe parlare", commenta un altro lettore di Squinzano.

"Io penso che da quando abbiamo dato un minimo di ‘importanza' ai brindisini questi si sono montati la testa", sostiene Roberto di Lecce. "Dopo avercela chiesta gli abbiamo dato una fetta d'Università, per l'aeroporto i nostri politici sono gli unici che si sono mossi (uno loro aveva altro da fare...), poi noi gli abbiamo chiesto un po' di sabbia e lì hanno, come suol dire, sbiellato. Ora rivogliono la Colonna e non tarderanno a chiedere il pedaggio ai leccesi che passeranno da quelle parti. Me li immagino gridarci dietro "Ehi! Quanti siete? Cosa portate? Un fiorino!". Questi e tanti altri pensieri sono arrivati un po' da tutta la provincia, non solo dal capoluogo. E' il Salento leccese che si stringe e si unisce attorno ad un simbolo visto come rappresentativo, indissolubilmente legato ad una terra ed alle sue tradizioni.

Sta di fatto che il caso ha avuto uno strascico "diplomatico". Perché l'arguzia con cui Perrone ha risposto a Domenico Mennitti, ricordandogli con una punta di ironia che ad una richiesta ritenuta "grottesca", Lecce risponde che la Colonna è del capoluogo sicuramente per usucapione e che comunque può disporre di un ampio catalogo di monumenti da cui attingere per abbellire Brindisi, ha provocato un po' di indignazione. E' soprattutto l'aggettivo "scortese", riferito alla richiesta stessa, che ha ferito Mennitti, il quale ha chiesto a Perrone di rivedere gli aggettivi. Ecco, allora, che in una lunga lettera inviata al sindaco del capoluogo vicino, il primo cittadino leccese ha ribadito in modo più severo, e avvalendosi di nozioni storiografiche, perché questa Colonna, da qui, non si muoverà mai.

"A scanso di facilissimi equivoci - scrive Perrone a Mennitti - mi preme chiarirti subito che la mia netta ed immediata replica alla tua richiesta sulla Colonna di Sant'Oronzo non è stata dettata né dall'istinto né dall'orgoglio campanilistico. Tuttavia, una serie di riflessioni mi inducono a ribadirti che tale richiesta non può essere accolta. La "scortesia" cui ho fatto riferimento nella primissima risposta, ieri, non è certo un atteggiamento che valuto come personale nei miei confronti, tanto meno come istituzionale dal momento che hai avuto la premura di avvisarmi prima di rendere pubblica la richiesta, ma lo considero rivolto alla città di Lecce ed ai leccesi, ma anche a Brindisi ed ai brindisini. Anzi, sarei portato a parlare piuttosto di "scortesia storica" sulla base della considerazione che, trattandosi di un dono e non di un oggetto defraudato o acquisito illegalmente o frutto di bottino di guerra, richiederne la restituzione appare una sorta di sgarbo proprio a quella comunità che volle ringraziare il nostro Santo Patrono in quel modo".

"Ma ci sono altre considerazioni che ci tengo ad illustrarti", prosegue Perrone. "Innanzitutto, sebbene ci sia confusione su come realmente si siano svolti i fatti che poi hanno portato quel manufatto da Brindisi a Lecce e non si possa contare sull'oggettività di alcun documento, esiste un minimo di verità e di certezza storica almeno sul fatto che la colonna che sorregge oggi la statua di Sant'Oronzo strutturalmente non è la colonna romana terminale della via Appia. Si tratta di un lotto che giunse a Lecce piuttosto malconcio dopo il crollo e che Giuseppe Zimbalo provvide a ricostituire costruendo una nuova base con pietra locale, rastremando i rocchi di 65 centimetri (la circonferenza passò alla base da 4,77 a 4,12 metri) e riducendo il capitello corinzio. Come dire che l'attuale Colonna di Sant'Oronzo è solo una vaga idea di quella che stava a Brindisi, non solo dal punto di vista sostanziale, ma anche squisitamente estetico".

"Che senso avrebbe - si chiede ancora Perrone - riportare a Brindisi l'attuale manufatto di piazza Sant'Oronzo? Non sarebbe, oltretutto, uno schiaffo alla logica della storia dell'arte e a quella romana in particolare, così fedele al sistema delle proporzioni? Inoltre, stando alla questione dell'immagine della tua città quale Città d'acqua, dove le colonne gemelle sono state simbolo della vita marittima, mi permetto di rilevare come si tratti di una immagine che Brindisi non ha più da quasi 400 anni e che quindi non la rappresenta più nel mondo. Così come, viceversa, la Colonna di Piazza Sant'Oronzo si è consolidata nello stesso periodo di tempo quale uno dei simboli più significativi della città di Lecce. E' un discorso di contestualizzazione storica e visiva che non può essere ignorato".

"Da ultimo, non posso non essere d'accordo con il tuo invito alla collaborazione anche su questioni così particolari come questa. Non è in discussione il rapporto interistituzionale, né la filosofia del Grande Salento, né, infine, alcun aspetto del legame tra le due città. Ma mi sembra infinitamente più legittimo difendere tale legame lasciando le cose come stanno, perché è questa situazione di fatto che costituisce un magnifico esempio di un buon rapporto di vicinanza e affetto, di gratitudine e di riconoscenza. Lecce e Brindisi vicine non solo idealmente. Sulla base di questo - conclude Perrone -, sono convinto che saprai apprezzare anche questa nostra gelosa e genuina difesa della Colonna".

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