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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica Melendugno

Tap: contestata la risposta del ministero, Potì chiede un incontro con Costa

Dopo la replica all'interrogazione della deputata Muroni, il sindaco di Melendugno attacca: "Chi decide le sorti di un territorio ha l'obbligo etico-morale di conoscere le carte e i progetti"

MELENDUGNO – Il sindaco di Melendugno, Marco Potì, bussa alla porta del ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Chiedendo che vengano ricevuti “amministratori, le associazioni del territorio, gli avvocati e i tecnici per ascoltare la nostra voce e approfondire gli aspetti controversi del progetto”. Il progetto, ovviamente, è quello del gasdotto Tap, contro il quale l’amministrazione comunale di Melendugno è in prima fila da anni. E al viceministro Vincenzo Santangelo, Potì chiede “di mettersi da parte e di considerare di cambiare i funzionari che hanno fino ad oggi seguito la pratica Tap, visto che sono indagati in procedimenti connessi”.

Tutto nasce dai dati forniti dopo un’interrogazione della deputata di LeU, Rossella Muroni, dei giorni scorsi, che hanno fatto sobbalzare dalla sedia Potì. Sembra che i conti non tornino. Tanto da scrivere, oggi: “Caro ministro Costa, le chiediamo di voler riaprire la via e di riportare il progetto del microtunnel all'anno 2014, quando il punto di uscita del microtunnel era posizionato a oltre 50 metri, ‘sia a sud che a nord’ dagli ultimi ciuffi sparsi di Cymodocea e di procedere ad uno studio dettagliato del progetto prima di rispondere ad interrogazioni parlamentari, perché, in fin dei conti, chi è chiamato a decidere le sorti di un territorio, in termini di impatto ambientale, ha l'obbligo etico-morale di conoscere le carte e i progetti.”

La risposta all'interrogazione

Per inquadrare l’argomento, occorre fare un passo indietro. Nei giorni scorsi, la deputata ha pubblicato sulla propria pagina Facebook la risposta alla sua interrogazione, in cui il ministero spiega che, “il procedimento di VIA ha preso in considerazione numerosi approdi alternativi, valutando quello a San Foca  il più idoneo dal punto di vista tecnico e ambientale ed ha stabilito numerose prescrizioni proprio per garantire la massima salvaguardia dell’ambiente”. E prosegue illustrando che “gli eventuali impatti del progetto sulla Cymodea nodosa e sulla Poseidonia oceanica sono stati verificati nel corso del procedimento di valutazione di impatto ambientale dalla Commissione VIA-VAS”.

Da qui, uno studio sulle caratteristiche dei fondali che, riferisce sempre il dicastero, “ha portato a uno spostamento del punto di uscita del microtunnel, al fine di minimizzare le interferenze, in un’area in cui gli ultimi ciuffi sparsi di Cymodea nodosa sono presenti a ‘distanze ben maggiori di 50 metri, sia a sud che a nord dell’exit point’, come indicato nel parere della Commissione di VIA”. Ritenendo poi non significativi impatti dovuti a emissioni sonore, ai sedimenti, al disturbo fisico e visivo di mezzi navali, alla perdita temporanea di habitat”.

Nessun problema rileva il ministero nemmeno sul fronte di espianto e reimpianto degli ulivi monumentali e sulle varie opposizioni sul piano giudiziario poste da enti e associazioni contro le autorizzazioni, rimarca come al momento siano state in gran parte concluse con il rigetto dei giudici amministrativi, anche se restano ancora alcune aperto e di cui si è in attesa di conoscere l’esito.                    

Sarcastico era stato il commento di Rossella Muroni. “Il cambiamento va al governo, ma sulla Tap non si cambia musica e si va avanti con la realizzazione dell’opera. Così il Movimento 5 Stelle di governo fa retromarcia rispetto al Movimento 5 Stelle di ‘lotta’, che in campagna elettorale si era sempre scagliato contro l’infrastruttura. Non si fermano i cantieri, né si sospendo i lavori perché grazie alle stringenti prescrizioni imposte, gli impatti ambientali della Tap sarebbero non significativi. Questo in sostanza quanto detto dal ministero dell’Ambiente, oggi in VIII Commissione alla Camera, rispondendo alla mia interrogazione in cui sollecitavo almeno una sospensione della realizzazione dell’opera visti irregolarità e impatti e irregolarità emersi”. 

La deputata di Leu è di altro avviso rispetto al ministero. “A quanto mi risulta, gli impatti ci sono e le prescrizioni non vengono rispettate fino in fondo. Magari aiuterebbe rafforzare i controlli. Come già evidenziavo in un precedente atto di sindacato ispettivo, il decreto di compatibilità ambientale è stato emanato su dati che non sembrano corrispondere a quelli reali. Presupponeva una limitata presenta di vegetazione marina all’exit point del micro tunnel, mentre è stato riconosciuto che le praterie di Cymodocea nodosa e di Posidonia sono estese per oltre 300 mila metri quadri. Nel corso dei lavori, inoltre, sono state riscontrate dagli enti competenti diverse irregolarità. Come la violazione della prescrizione di estrarre gli olivi dal suolo con una congrua quantità di terreno e non a radice nuda, o si quella sulla protezione del suolo ante operam per impedire qualunque infiltrazione. Violata anche la prescrizione sulle procedure da seguire durante i lavori per evitare di inquinare la zona interessata”.

Oggi, così, il sindaco Potì, commentando quella risposta, replica a sua volta, con una comunicazione infarcita di dati tecnici. 

La ricostruzione di Potì

“Il tempo per il Vice ministro Santangelo si è fermato al 2014, quando con dm 223/’14, il  MATTMA  ha approvato la realizzazione del tratto del gasdotto tap, che per la parte on-shore si sviluppa integralmente in Regione Puglia nel territorio della Provincia di Lecce e nel Comune di Melendugno, subordinandola a 58 prescrizioni”.

“La scelta del sito di  Melendugno nasce dall’asserita assenza di interferenze con le praterie di  Posidonia oceanica e di Cymodocea nodosa in prossimità dell’exit point del microtunnel, e ciò, caro Ministro Costa, emerge chiaramente dall’elaborato «Integrazioni allo Studio di Impatto Ambientale  e  Sociale  Allegato  4 Analisi delle Alternative», redatto da Tap in data 18.3.2014. Ed è proprio sulla scorta di tale circostanza che il MATTMA ha legittimato la realizzazione del gasdotto nell’approdo di Melendugno (anche) dettando una serie di prescrizioni volte ad attribuire tutela e salvaguardia alla Posidonia ed alla Cymodocea nodosa”.

“La prescrizione A5 del detto dm 223/’14, infatti, (relativa alla costruzione del «microtunnel e opere a esso connesse»), dispone che «Prima di procedere a qualsiasi operazione dovrà essere presentato il relativo progetto esecutivo di tutte le opere previste all’approdo che dovrà essere  assoggettato  a  procedura  di verifica di esclusione dalla VIA». L’intento era chiaro: evitare anche solo il mero rischio di compromissioni irrimediabili per gli ecosistemi marini”.

“In raccordo con la prescrizione A5, la successiva prescrizione A6 impone poi di adottare «ogni accorgimento al fine di proteggere il più efficacemente possibile le adiacenti praterie di Posidonia  e  di  Cymodocea nodosa» prescrivendo che l’exit point del microtunnel sia collocato a  non  meno  di  «50  m  dalle  ultime piante di Cymodocea nodosa», per evitare qualsiasi interferenza con tali specie di piante marine data la fondamentale funzione di protezione dall’erosione delle spiagge che le stesse svolgono, come ben ribadito dal Vice ministro nella risposta all'interrogazione parlamentare dell'On. Muroni”.

“Tuttavia, il vice ministro, non ricorda che in data 22.12.2016 Tap presentava la domanda di verifica di assoggettabilità a v.i.a. del progetto esecutivo del Microtunnel, dichiarando di aver introdotto soluzioni “ottimizzate” rispetto al progetto originario, al fine di risolvere qualsiasi interferenza diretta con l’esistente prateria di Cymodocea nodosa, mediante un allungamento di circa 55 m del punto di uscita del Microtunnel a mare (exit point), in modo da annullare gli impatti diretti e minimizzare quelli indiretti. E tutto ciò sul presupposto, poi smentito nel 2017, che l’exit point ottimizzato sia collocato in area di «praterie assenti»”.

"Con numerose osservazioni presentate da parte di privati cittadini e pubbliche Autorità si dimostrava, però, anche sulla scorta di indagini condotte in situ che, contrariamente a quanto sostenuto da Tap, il progetto “ottimizzato” non raggiungeva i risultati previsti, essendo il nuovo exit point, infatti,  ubicato  in  piena prateria di Cymodocea nonché in prossimità di piante di Posidonia oceanica”.

“TAP, quindi, alla luce di tali rilievi è costretta ad ammettere non solo la presenza di Posidonia, ma anche di “dense” praterie di Cymodocea nodosa e, soprattutto, che  l’exit  point  del  microtunnel  è  localizzato  in piena   prateria di Cymodocea nodosa, ma minimizza l'errore e afferma che il nuovo punto di uscita del  microtunnel determina un sicuro impatto diretto su di un’area stimata in almeno 200 mq – 400 mq di quella prateria, ma elimina gli effetti indiretti”.

“Il MATTMA, dinanzi a  queste surreali determinazioni, anziché  procedere ad  una  nuova verifica  di assoggettabilità a via del nuovo progetto “ottimizzato”, stante l’ accertato mutamento del quadro fattuale, preferisce appiattirsi sulle affermazioni presentate da Tap e autorizzare il compimento di ulteriori azioni di saccheggio del fondale marino, valorizzando, in modo quasi beffardo, la circostanza che Tap abbia proposto quale misura di mitigazione degli effetti indiretti (si badi non quelli diretti) – la realizzazione di un palancolato, una recinzione infissa nel suolo sottomarino, occupato dalla Cymodocea nodosa, di palancole di 28 metri di altezza, di cui ben 21 interrati”.

Ed è alla luce di tutto questo, che Potì chiede un incontro al ministero.

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