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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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"Assurdo il presupposto delle microzone 1 e 2, sugli estimi si torni in aula"

Il consigliere dell'Udc, Luigi Melica, ha ricostruito la procedura, dal 1998, che ha portato alla discussa revisione della classe di appartenenza degli immobili. Che nel 90 per cento dei casi ha significato un aumento della rendita e dunque delle imposte

LECCE – Per l’Udc il nodo cruciale dall’affaire “estimi catastali”, la cui revisione ha portato alla presentazione di oltre seimila ricorsi presso la Commissione tributaria provinciale, sta tutto nella definizione delle microzone 1 e 2. Luigi Melica, rappresentante centrista in consiglio comunale, ha illustrato il resoconto dell’attività di ricerca condotta a Palazzo Carafa con il quale ha cercato di mettere alcuni punti fermi in una vicenda che interessa oltre il 90 per cento del patrimonio immobiliare di Lecce. Con lui il responsabile cittadino del partito, Carmelo Isola.

Per definizione le microzone dovrebbero essere  porzioni di territorio con caratteristiche omogenee, quanto, ad esempio, a dotazioni di servizi e infrastrutture. Ma l’ampiezza delle stesse, per come configurata nel 1999, sarebbe di per sé un controsenso includendo “pezzi” di città visibilmente difformi per quanto attiene al contesto socio-economico e anche alle caratteristiche storico ed ambientali che senza dubbio contribuiscono a determinare il valore di mercato che è poi il parametro sul quale si determinano alcune imposte. A questa premessa va aggiunta la constatazione di un’evoluzione del contesto urbano che è stata particolarmente avvertita in alcune aree del centro storico, grazie ai programmi di riqualificazione portati a termine successivamente all’individuazione delle microzone.

Queste considerazioni, secondo Melica, avrebbero dovuto indurre l’amministrazione a non richiedere all’Agenzia del territorio un aggiornamento della classe di appartenenza degli immobili senza procedere all’attualizzazione delle microzone. Il consigliere dell’Udc ha sollevato anche dei dubbi rispetto all’iter seguito a seguito del Dpr 138 del 1998 “Regolamento per la divisione delle zone censuarie e delle tariffe d’estimo in esecuzione alla legge 662 del 1996”. Comune di Lecce e Agenzia del territorio avrebbero proceduto di pari passo nella definizione delle 17 microzone e sarebbe stata l’Agenzia, in via di surroga nei confronti dell’amministrazione, ad approvarle definitivamente il 25 giugno del 1999. Una convinzione sulla stretta collaborazione tre i due enti che contrasta con il rimpallo di responsabilità cui si è assistito anche mercoledì, nell’udienza davanti alla prima sezione del Tar di Lecce, dove pendono una serie di ricorsi.

L’assurdità del presupposto delle microzone, per Melica, è poi alla base delle due delibere del 2010 con cui la giunta ha conferito mandato all’Agenzia di procedere, determinando, alle fine dei conti, un aumento della rendita catastale degli immobili di circa il 20 per cento. Il consigliere di minoranza ha detto di considerare il sindaco, Paolo Perrone, esente da responsabilità per quanto concerne le vicende del 1999 e vittima di una scarsa assistenza da parte degli uffici comunali per ciò che riguarda l’ultimo classamento, perché i tecnici di Palazzo Carafa avrebbero dovuto informarlo delle anomalie rappresentate dalle due principali microzone.

La soluzione a questo “pasticcio” consisterebbe nel riportare la discussione in consiglio comunale e nel ritiro delle delibere del 2010, facendo così venir meno il presupposto amministrativo del nuovo classamento. Ipotesi, quest’ultima, che era stata oggetto di una mozione presentata da Lecce Bene Comune nel consiglio comunale di ottobre scorso, quando scoppiò la grana degli estimi, ma che la maggioranza non volle sostenere. 

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