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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

Metalmeccanici sull’orlo di una crisi di nervi. Politici in ritardo, esplode la rabbia operaia

L'assemblea pubblica di Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil interrotta a più riprese dal malumore degli operai che lamentavano l'assenza della politica e l'inutilità dell'incontro. Arrivano i parlamentari in fretta e furia per sedare gli animi e fare il punto delle vertenze

LECCE – Sull’industria metalmeccanica si gioca il futuro del territorio. E su questa premessa gli operai insieme ai sindacati di categoria Fim Cisl, Uilm Uil e Fiom Cgil hanno indetto un’assemblea pubblica, questa mattina presso la sede della Provincia di Lecce in via Salomi, cui era invitata l’intera deputazione salentina oltre che la cittadinanza. Per molte ore, però, i segretari dei tre sindacati confederali e relative categorie, i delegati ed il presidente di Confindustria, Angelo Costantini  hanno parlato pressoché soli. E l’incontro è proceduto a singhiozzi tra i malumori di una platea scomposta che ha interrotto le relazioni a più riprese. Fino a quando la sala si è quasi svuotata.

“E’ inutile che queste parole le veniate a dire a noi, sono fatti che conosciamo”: lo sfogo dei lavoratori è stato un crescendo e fuori dal palazzo istituzionale si è creato ben presto un capannello di protesta in cui gli sfoghi e le accuse sparate alla ceca (e rivolte all’indirizzo di tutti i politici variamente assenti) hanno avuto il sopravvento. I tentativi di solidarietà sono caduti immancabilmente nel vuoto: “Non potete capire davvero la nostra situazione. Potete solo credere di capire come si vive senza lavoro e senza dignità, e cosa significhi dover vendere le fedi nuziali e vedersi staccare la luce”. Nessuna solidarietà pelosa, dunque. Tanto meno gli operai sembravano aver voglia di sentir relazionare intorno  a fatti già noti: lo sfacelo di Omfesa, la truffa della riconversione Bat, il mercato che crolla, le buone intenzioni.

E per due ragioni: innanzitutto perché ogni vertenza sindacale assume i tratti di un dramma quando s’incrocia con il vissuto personale. Secondo, poi, perché gli anni strascorsi ad aspettare un intervento concreto hanno logorato gli ultimi brandelli di pazienza. Anche gli impegni istituzionali, che hanno trattenuto una parte dei parlamentari salentini, sono stati mal digeriti come blande scuse, “le solite giustificazioni”. Poco alla volta, però, tra aerei presi al volo e impegni interrotti, i maggiori rappresentanti del Pd sono intervenuti all’assemblea. Nell’ordine: l’assessore regionale allo Sviluppo Economico, Loredana Capone, il senatore Dario Stefano, l’onorevole Salvatore Capone ed il sottosegretario di Stato al Lavoro, Teresa Bellanova. Dopo il chiarimento iniziale relativo al ritardo, gli interventi dei rappresentanti istituzionali sono stati tesi, inevitabilmente, a mettere i puntini sulle ‘i’ di quanto già fatto per sbloccare vertenze che sembravano impossibili.

A monte dei guai intervenuti a Trepuzzi con il crollo di Omfesa e a Lecce con la dipartita del colosso del tabacco ci sono, infatti, precise responsabilità imprenditoriali che nessuno (sbollita la rabbia) ha potuto negare. Così come intempestivo appare ormai l’intervento su eventi accaduti anni fa: parliamo, ad esempio, dell’ accordo firmato al ministero dello Sviluppo economico nel dicembre 2010 per avviare un percorso di riconversione della manifattura che si è risolto in finanziamenti elargiti ad imprese inaffidabili. Praticamente soldi statali e di proprietà della multinazionale distribuiti per ottenere, in cambio, la mera desertificazione del territorio. Le aziende coinvolte nella riconversione erano “morte sin dall’inizio”, non ha potuto fare a meno di puntualizzare il sottosegretario Bellanova che ha rivendicato la lunga solitudine che ha accompagnato le sue ripetute denunce sull’accordo “truffa”. Ma a  rimetterci davvero sono state le maestranze che hanno barattato 60 mila euro per un lavoro inesistente ed ora rivendicano l’attivazione immediata della cassa straordinaria.

 Nel caso della Omfesa, stringi stringi, l’unica speranza (a detta del sottosegretario) è nelle pressioni politiche che si intendono realmente operare su Trenitalia. Il resto si riduce “ad una vendita di chiacchiere”. La mancanza di un piano industriale nazionale, lacuna di proporzioni storiche, è stato il cuore degli interventi di Dario Stefano e Loredana Capone. Con i dovuti distinguo “di una politica regionale che tenta di mettere gli argini ai processi di delocalizzazione e cerca di attrarre gli investimenti, puntando su innovazione e ricerca”, ha spiegato la rappresentante di via Capruzzi.

Nel frattempo i sindacati hanno elaborato una piattaforma di proposte da sottoporre alle istituzioni per evitare che le accese manifestazioni polemiche potessero oscurare del tutto il senso dell’iniziativa odierna.

Alcune immagini dell'assemblea

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