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Mobilità dei docenti della scuola: due ricorsi contro "il grande esodo"

Secondo tre avvocatesse i criteri adottati producono evidenti disparità di trattamento, fino a mettere in dubbio la legittimità costituzionale

LECCE – Due ricorsi in fase di preparazione, uno per il Tar del Lazio e il secondo per il Tribunale del lavoro competente per territorio. A redigerli tre avvocatesse - Carmen Saponaro, Nunzia Ciarfera e Marina della Corte – che assistono alcuni docenti pugliesi che si reputano danneggiati dalle procedure di mobilità del personale scolastico.

La vicenda affonda le sue radici nelle novità introdotte dal governo che stravolgono il vecchio sistema fino a configurare quello che i maggiori oppositori della riforma chiamano il “grande esodo” cui sono chiamati gli insegnanti per svolgere il proprio lavoro.

In pratica è stata varata una articolata distinzione in fasi e sottofasi nell’ambito delle quali ciascun docente partecipa ai trasferimenti a seconda del canale di reclutamento (graduatoria a esaurimento o graduatoria da concorso 2012) e del periodo in cui ha ottenuto l’incarico a tempo indeterminato.

Secondo le tre avvocatesse, “i criteri adottati presentano numerosi profili di illegittimità nella misura in cui determinano evidenti disparità di trattamento tra i docenti di ruolo che presentano domanda, e che in particolare riguarda tutti i docenti assunti nella cosiddetta fase C e quelli della fase B che si definiscono ‘esiliati’ perché costretti ad accettare nomine in sedi scolastiche distanti dal proprio Comune di residenza o peggio ancora dalla propria Regione, abbandonando famiglia e affetti, ed ad affrontare peraltro notevoli costi per vivere in un’altra città. Del resto l’illegittimità perpetrata dall’ordinanza ministeriale è stata già sottolineata nei giorni scorsi dal Tribunale amministrativo del Lazio che ha sospeso l’esecuzione del provvedimento amministrativo in quanto la successione delle fasi di mobilità crea una disparità di trattamento tra docenti tale da sollevare perfino presunti dubbi di legittimità costituzionale”.

Saponaro, Ciarfera e della Corte ricordano inoltre che, “a seguito della recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, molti precari del pubblico impiego - tra cui appunto anche il personale docente e non della scuola - che hanno prestato servizio su posto libero per 36 mesi, hanno diritto ad ottenere un risarcimento dallo Stato fino a 12 mensilità”.

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