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Puglia, dieta “forzata” alla casta. Prima regione a tagliare i consiglieri

Applicata la normativa nazionale, che porterà dalla prossima legislatura, a ridurre il parlamentino da 70 a 50 elementi. Ma con l'addio ai vitalizi e le riforme sui costi, l'ente di Viale Capruzzi diventa pioniere di "sobrietà"

Bari – Da settanta a cinquanta: il consiglio regionale pugliese si “mette a dieta”, dando un taglio sostanziale ai costi della politica ed approvando all’unanimità la modifica statutaria che riduce di venti unità le presenze nell’assemblea di Viale Capruzzi. Un atto importante, ma "forzato", che di fatto recepisce la normativa nazionale sulla spending review, e al quale aggiungere la riduzione del numero di assessorati da quattordici totali a dieci, dopo mesi di discussioni e rinvii, che permetterà un risparmio di circa 30milioni di euro sulle casse pugliesi, a partire, dalla prossima legislatura.

Ed è questa, forse, a voler essere pignoli, la contraddizione emergente nella gestione dei conti della casta regionale, che avrebbe potuto approvare già prima delle elezioni del 2010 il taglio al numero dei consiglieri, prima di imbarcarsi, tra l’altro, grazie alla controversa legge elettorale messa in piedi dall’allora governatore Raffaele Fitto, in una lunga diatriba giudiziaria per l’incremento degli eletti nel parlamentino regionale, a causa della discussa interpretazione sul premio di maggioranza. Questione, fortunatamente, sanata dalla giustizia amministrativa.

Il segnale di “dimagrimento” dei costi, comunque sia, resta di indubbio valore, nonostante si applichi a coloro che verranno nel prossimo quinquennio e non abbia benefici immediati sui conti, oltre, appunto, a non potersi totalmente attribuire alla “virtù” del consiglio in carica. Ma se, messo insieme, alla fine dei vitalizi, all’addio all’assegno di fine mandato (entrambi scompariranno dal 1° gennaio) e al dimezzamento del contributo ai gruppi politici, misto alla sforbiciata alle indennità (sempre con effetto futuro) e al tetto onnicomprensivo per le retribuzioni di 13.800 euro lordi per presidenti e 11.100 euro per i consiglieri (con l’aggiunta, però, di indennità di carica), la Puglia rispetto ad altre regioni dimostra una attenzione più concreta al tema.   

L’assemblea ha anche proceduto all'istituzione del Collegio dei revisori dei conti della Regione Puglia. In base alle modifiche statutarie, il presidente della giunta potrà nominare solo due assessori esterni, tutti gli altri dovranno essere esclusivamente consiglieri regionali eletti.

Da destra a sinistra, i commenti sono abbastanza entusiastici rispetto a questo atto di riforma. In particolare, Salvatore Negro, capogruppo Udc, sottolinea il segno di “una maturità politica” che, seppur rispondendo ad un adempimento previsto dalla legge nazionale, rappresenta “un segnale di sobrietà e di attenzione importante, soprattutto in questo periodo”.

Per il centrista, tuttavia, mentre la Puglia si mostra “regione all’avanguardia” regna “grande confusione a livello nazionale sul ruolo e la composizione degli enti locali, a cominciare dalla riforma delle Province”. Per Negro, la riduzione del numero dei consiglieri nei piccoli Comuni ha comportato un “risparmio insignificante” ed “ha espulso dal controllo del governo locale la partecipazione diretta di molti”.

Nella ricerca della “virtuosità”, la Regione Puglia ha bisogno ancora di due risposte: l’approvazione della legge sulla parità di genere, clamorosamente bocciata circa una settimana fa, con voto segreto dal consiglio, cui occorre sommare (ed è l'atto d'incoerenza odierno) il siluramento della proposta popolare “Zero privilegi” del movimento Cinque stelle, firmata da ventimila cittadini ( e che la “dieta” l’avrebbe resa decisamente più netta) e la chiarezza sul futuro del governatore, Nichi Vendola, che, nonostante la pesante sconfitta alle primarie, continua a coltivare ambizioni nazionali e l’intenzione di essere coinvolto in un futuro esecutivo retto da Pierluigi Bersani, qualora dovesse quest’ultimo diventare premier.

Le elezioni anticipate in Puglia sarebbero una contraddizione rispetto agli impegni di “sobrietà” sui costi della politica regionale. Così come avere un presidente poco presente sul territorio ed interessato ad altre partite fuori dalla regione, come peraltro, evidentemente accaduto in questi anni di seconda legislatura.

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