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"Fatiscente e con un passato da dimenticare, si abbatta il Regina Pacis"

Lo Sportello dei diritti ribadisce ad arcivescovo, Comune di Melendugno e famiglia Semeraro, che ha in mente un progetto ancora fermo per costruire un resort di lusso, la necessità di demolire "l'ecomostro" di San Foca. "Rendere giustizia nei confronti di drammi e tragiche vicende umane"

SAN FOCA (Melendugno) – Lo Sportello dei diritti torna alla carica e oggi, per l’ennesima volta, chiede: si abbatta quel mostro, il “Regina Pacis”, e si cancelli per sempre il ricordo del dolore che vi ha albergato.

Vi è un progetto in atto per trasformare la struttura del lungomare di San Foca in un resort di lusso, ma tutto è ancora fermo e a questo punto il fondatore dell’associazione, Giovanni D’Agata, ribadisce la sua idea originaria, e cioè che la struttura venga demolita. 

La richiesta è rivolta direttamente all’arcivescovo di Lecce, monsignor Domenico D’Ambrosio, alla famiglia Semeraro (a Rico, uno dei figli dell’imprenditore Giovanni, è legata la società Querce che dalla Curia ha acquisito il 60 per cento della proprietà), e al sindaco di Melendugno, Marco Potì. 

“Correva l'aprile 2010 quando lo Sportello dei diritti, con una pubblica denuncia, chiedeva di ordinare la demolizione di quell'ecomostro, perché da decenni vera e propria saracinesca sul mare, ma anche per la sua storia tragica di centro di permanenza temporanea per migranti ed ormai in stato di completo abbandono e decadenza”.

Sul “Regina Pacis” si sono addensate inchieste giudiziarie ben note e che ormai appartengono al passato; il problema, oggi, resta soprattutto legato alla fatiscenza in cui l’immenso immobile versa. Un vero pugno nell'occhio, peraltro in una delle più note località turistiche estive.

La struttura, come ricorda lo stesso Sportello, chiude la visuale su uno dei punti più suggestivi della litoranea. La sua imponenza è tale che dalla strada gli automobilisti non riescono nemmeno a scorgere i lidi balneari che si trovano alle sue spalle.  

Ma le ragioni della richiesta di abbattimento risiedono anche nella necessità, secondo D’Agata, di “rendere giustizia nei confronti di drammi e tragiche vicende umane, tristezza e dolore di migliaia di vite di migranti che non per loro volontà, da lì sono passate”. 

Lo Sportello dei diritti ha già preso posizione in passato contro “un'iniziativa imprenditoriale che avrebbe voluto trasformare quel lager in rovina, in albergo di lusso a 5 stelle, con 214 posti letto in cinquanta camere, residenze turistiche, piscina e seminterrato". 

E questo "perché ritenevamo che la scelta rappresentasse un'offesa che umiliava una memoria storica quasi a voler dimenticare con un colpo di cemento i più i gravi errori del passato, come quello di aver consentito l’esistenza e la permanenza sul proprio territorio di una sorta di campo di concentramento per migranti, colpevoli, solo di essere in uno stato di clandestinità”.

Il tempo, intanto, scorre, e “al di là degli annunci, delle promesse d'investimenti, delle proposte, quel mostro di cemento è ancora lì, in una condizione di completo e totale abbandono”. “Troppe ragioni, tra cui un passato nefasto, ci spingono a ribadire oggi l'accorato appello” a Curia, amministrazione comunale e impresa, “affinché - conclude l'associazione -, diano corso a questo giusto proposito”. 

Nelle foto di repertorio di LeccePrima, ecco come si presentava il Regina Pacis all'inizio della scorsa estate. Nulla oggi sembra cambiato.

Il Regina Pacis: un ecomostro

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