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Ruby, duro commento di Fitto: "Sentenza pazzesca da plotone di esecuzione"

L'Ex Ministro agli Affari regionali si aggiunge alla sequela di dichiarazioni, interne al Pdl, che attaccano l'esito del processo sul caso Ruby, che ha visto Berlusconi condannato a 7 anni e all'interdizione dai pubblici uffici

Roma - Sette anni di reclusione dopo sette ore di camera di Consiglio. Un anno in più di quanto chiesto dalla Procura di Milano nella sentenza sul caso Ruby, che ha visto condannato l'ex premier Berlusconi per i reati di concussione e prostituzione minorile. A questo responso si aggiunge l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Game over penserebbe qualcuno.

Ma questa è l'Italia, ossia "il Paese che amo", quello che ha stigmatizzato a parole i comportamenti dell'uomo e poi lo ha spesso portato al governo. Lo stesso Paese, dove la giustizia è buona quando assolve e politicizzata quando condanna. E il tenore dei commenti successivi alla sentenza, che proviene dalla politica, accennano al "golpe", a "plotoni di esecuzione", a "pazzia". Il rispetto delle istituzioni passerebbe anche dall'ossequio che si deve alle sentenze, anche quando non piacciono.

La "guerra dei vent'anni", invece, quella portata in tv con uno speciale ad hoc, non è la storia del martirio di un uomo solo contro il mondo, ma quello del tentativo costante di delegittimare un potere dello Stato, come quello giudiziario. E lo dimostra il fatto che, quando Silvio Berlusconi. È stato assolto, nessuno si è scandalizzato o ha parlato di golpe.

Non è esente la rappresentanza pugliese dal tam tam mediatico. Raffaele Fitto, ex Ministro degli Affari regionali, parla di "Sentenza pazzesca già scritta da prima che iniziasse il processo da un vero e proprio plotone di esecuzione che è andato addirittura oltre le richieste dell’accusa, peraltro rappresentata oggi in aula per l’occasione dal Capo della Procura in persona".

"Il presunto concusso - prosegue -, che non si ritiene tale, sarebbe stato addirittura costretto e la presunta sfruttata, che nega di essere tale, non è mai stata neanche ascoltata". Parole di fuoco, che si aggiungono all'idea di un "disegno di eliminazione giudiziaria del presidente Berlusconi dallo scenario politico" che "oggi diviene chiarissimo": "Ma non riuscirà neanche questo - afferma convinto - a chi non è capace di batterlo nelle urne. Noi tutti e la maggioranza dei cittadini italiani ci batteremo per impedirlo e difenderemo il suo diritto ad essere eletto, a rappresentare i suoi ed i nostri elettori e a non essere perseguitato nelle aule che dovrebbero essere di giustizia”.

C'è chi, invece, grida alla "fine della pacificazione tra destra e sinistra" sancita nel governo Letta, paventando che gli accordi di Palazzo si siano giocati sul filo sottile delle vicende giudiziarie. Un altro paradosso di un Paese, che è andato al voto per ritrovarsi in piena Restaurazione. Verrebbe da chiedersi cosa davvero cambi con una sentenza di questo tipo, se il meccanismo è sempre quello in cui l'opinione scalfisce i fatti.

Per quanti credono che il Cavaliere sia una vittima della giustizia, questa sentenza non sarà altro che un'ulteriore conferma della propria tesi. Per chi, invece, lo riteneva colpevole, finalmente giustizia è fatta. Quello che dovrebbe restare sono i dati, i fatti di una sentenza. Ma qui conta più la tifoseria e valgono le opinioni che si hanno sulla sentenza. Quindi, al netto, cambia davvero poco. O meglio, si allunga solo l'elenco delle contraddizioni di una nazione, dove, tra l'altro, i più imbarazzati sono coloro che dovevano essere alternativi al Cavaliere ed, invece, sono seduti allo stesso tavolo di governo.

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