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Una città in preda a sterili scontri ideologici fra problemi irrisolti

"Strumentalizzazione". La foto postata dal sindaco non è piaciuta al sociologo De Nardis e a Terra Rossa. Ma il timore è che, fra denunce e muri contro muri, si ci perda nel fumo di contese prive di concretezza

LECCE – Fabio De Nardis, docente di sociologia politica dell’Università del Salento, ha scritto oggi a diverse redazioni. La sua è una disamina che non va per il sottile. In quell’'mmagine del sindaco Paolo Perrone in posa davanti a un atto vandalico a mezzo bomboletta spray, intravede “un’operazione mediatica chiaramente strumentale”. Ovvero, “in maniera del tutto sconnessa il sindaco e la sua corte chiedono a tutti di indignarsi contro quest’atto vandalico almeno quanto ci si è indignati per lo sgombero del Terra Rossa”.

Per il docente, non c’è un senso compiuto in quel gesto. Piuttosto, sarebbe il sintomo di un momento di difficoltà. Tanto che al sindaco e ai “suoi seguaci” imputa di aver “fin dall’inizio gestito in maniera molto goffa la partita del Terra Rossa, un’esperienza che gode di grande sostegno sociale”. E aggiunge: “Ora sfrutta l’idiozia di qualcuno che imbratta una parete del centro storico lasciando intendere che dietro ci sia il Terra Rossa o chi lo sostiene. Ebbene – prosegue -, queste piccole tattiche comunicative funzionano con la gentucola e non con i cittadini dotati di senso”.

De Nardis infila poi il coltello nella piaga con un riferimento chiaro. “Solo per questo tentativo ci sarebbero i margini di una querela, ma questi metodi sbrigativi li lasciamo alla Giunta comunale”. Il rapporto (anche se non detto, facilmente intuibile) è con la recente denuncia a carico del giornalista Danilo Lupo per il suo ormai noto attacco frontale, proprio in seguito allo sgombero dell’asilo occupato dal Terra Rossa.

Come dire: ci sarebbero persino gli estremi per un occhio per occhio, anche se per il sociologo, in fin dei conti, “il conflitto politico è un’altra cosa e lo si gioca con gli strumenti della politica. E comunque si sappia con forza - chiarisce -: io mi indigno contro chi imbratta i beni pubblici archeologici, è una cosa che considero idiota e senza senso”. “Allo stesso modo – continua - mi indigno contro le amministrazioni comunali che i beni pubblici li abbandonano al degrado sociale convinti che il consenso dei propri cittadini si conquisti con altri strumenti”.

A stretto giro, anche una replica al primo cittadino dello stesso collettivo. “Come mai il sindaco in questo suo sfogo chiama in causa il Terra Rossa, cerca velatamente di accusarci dell’atto? Rispondiamo subito che non rientra nel nostro modo di concepire la lotta, rovinare un bene culturale, perché noi riteniamo l'arte un pilastro fondamentale della nostra cultura, un valore da difendere e per il quale batterci”.

“Inoltre – aggiunge il collettivo -, mentre la scritta in questione è 'un pugno nell’occhio della città', perché non lo è parimenti un asilo nido sito in periferia, abbandonato al degrado totale, luogo di sfruttamento della prostituzione e di consumo di sostanze stupefacenti? Gli abitanti di quel quartiere e di tutte le periferie leccesi non hanno lo stesso “diritto al bello” dei cittadini che vivono nel centro e dei turisti che visitano questa stupenda città vetrina?”

*** 

Cosa sta succedendo a Lecce? Niente di nuovo. Purtroppo. La sensazione è che ci sia in atto una sterile contesa basata su ideologismi contrapposti, con toni da battaglia e nessuna forma di dibattito reale. Ci sono ragioni da una parte e dall’altra, ma ci si sta infilando in un imbuto dal quale è difficile intravedere una via d’uscita. E per via d’uscita, intendiamo un miglioramento oggettivo di una città in cui, vivibilità e relativa calma, sono più il frutto delle sue stesse esigue dimensioni che di una politica virtuosa.

Perché Lecce annaspa, tenendo conto delle dovute proporzioni, in problemi che si avvicinano di più a quelli di una metropoli, specie quando si parli di sporcizia e traffico. Insomma, non crediamo sia impossibile risolvere certi guai in un comune di poco meno di 100mila abitanti. Basterebbe lo sforzo di far seguire ai proclami qualche serio controllo. Eppure, sono questioni annose, al tal punto che vien la nausea solo a pensarci.

Facciamo un passo indietro. Ci sono considerazioni senz’altro giuste in ciò che sostiene De Nardis, specie quando afferma che “il conflitto politico è un’altra cosa e lo si gioca con gli strumenti della politica”. Per esempio, la querela ai danni del giornalista Danilo Lupo è stata eccessiva, un autogol in piena regola.

Intendiamoci. A voler essere pignoli e pedanti, potremmo dire che nel suo famoso post su Facebook potrebbe aver ecceduto in certe forme. Ma Danilo Lupo non è nato ieri. Sa bene che usare l’indicativo presente può avere l’equivalente di un'affermazione, come ritenere certificate questioni che per ora sono solo ipotetiche. L’uso smodato del condizionale, per quanto abbrutisca uno scritto (è cacofonica quella sequela di –ebbe di cui son pieni soprattutto i pezzi di giudiziaria), serve proprio a lasciare in un limbo di sospensione il giudizio finale, che spetta ai tribunali.

La verità, però, è che per dar fondo a una feroce critica rispetto a una decisione che non ha apprezzato, Danilo Lupo ha usato un linguaggio iperbolico. Non tutti sono affascinati dalle penne argute, ed è un peccato. A una penna arguta dovrebbe risponderne un'altra alla pari, senza ricorrere per forza a un giudice.

Ecco perché ha ragione chi sostiene che sarebbe stato meglio replicare a tono, magari con altrettanta durezza. L’invito a dar fondo a una replica, piuttosto che ad agire in via giudiziaria, era stato esteso, fra gli altri, dal consigliere regionale del Pd, Sergio Blasi. Forse, si sarebbe aperto un dibattito su ciò che va a rilento a Lecce, a partire proprio da quella “riqualificazione urbana” citata nella chiusura dell’analisi di De Nardis. Invece, subito muro contro muro. Ed è ovvio che così nascano conflitti con pistole spianate che finiscono per degenerare in uno stallo alla messicana. 

***

Resta fermo un principio, e a questo punto prendiamo in prestito le parole espresse nei giorni scorsi da Erio Congedo, consigliere regionale di CoR (erano proprio in replica a Sergio Blasi, ma il concetto si può estendere in senso generale): “Il rispetto delle regole dovrebbe essere al primo posto, anche quando si tende a riconoscere le ragioni di un’associazione socio-culturale, o di un gruppo qualsiasi di cittadini”. “L’occupazione abusiva di un immobile – aveva detto ancora - non può passare come un fatto normale, da sottacere perché magari fa comodo a qualcuno”.

Siamo perfettamente d’accordo. Sottoscriviamo quelle parole. Non si può mai avallare l’occupazione abusiva di un immobile, sebbene sul punto il Terra Rossa appaia sarcastico. Tanto che oggi finisca per domandarsi: “Per azione di ‘ripristino della legalità’, come il sindaco definisce lo sgombero dell’asilo occupato, s'intende restituire la struttura al degrado nel quale versava? A voi la risposta”.

Ora, al di là dei punti di vista che potranno essere variegati, viene anche e soprattutto spontaneo chiedersi, spostando l'attenzione altrove, se il rispetto delle regole abbia un valore universale in questa città. Perché ancora stiamo aspettando, per esempio, una vera offensiva contro chi la deturpa e la sporca, non rispettando la raccolta differenziata, non versando le tasse (possiamo attendere che davvero tutti si autodenuncino?), gettando rifiuti lungo le vie e nelle campagne.

Ci sono stati appostamenti? Le zone più colpite sono oggetto di segnalazione continua sui giornali e negli stessi uffici comunali e della polizia locale. Il problema è talmente avvertito, che i cittadini inondando le caselle di posta elettronica con immagini e nomi di vie. E ancora, si aggiunge quel fenomeno del volantinaggio scriteriato (nonostante un’ordinanza molto precisa) che continua a ingolfare le strade, da anni. Non c’è stata alcuna presa di posizione dopo un nostro recente articolo. Eppure, la soglia di tolleranza è stata ampiamente oltrepassata.

Vogliamo andare avanti? Il traffico è incontrollato e caotico, sul codice della strada si sputa ogni giorno, con lo street control si sta cercando di punire in un quadrilatero di vie il primo sprovveduto di turno di passaggio, dopo anni d’inerzia.

Infine, il rispetto delle regole (quantomeno sotto un aspetto morale) dovrebbe passare anche dal rispetto dei cittadini, con un loro coinvolgimento diretto, di fronte a scelte che cambiano radicalmente e, forse per sempre, l’assetto di una città ereditata dal passato e che diverrà poi dei nostri figli e nipoti.

Esempio massimo di un modus agendi che si spera non debba mai più ripetersi, quel filobus calato dall’alto, che s’è trascinato dietro pesanti strascichi giudiziari ed ha avuto, come unico effetto visibile, l’intrappolamento della capitale del barocco sotto una fitta trama di pali e funi d’acciaio. Errori e orrori da non ripetere mai più.

Forse, allora, sarebbe anche il momento di aggirare scontri ideologici che sanno di stantio e che finiscono solo per logorare i contendenti, senza approdare a nulla, per rimboccarsi le maniche e chiedersi cosa, veramente, si possa e si debba fare tutti nel concreto. Partendo, perché no, anche da una discussione seria su spazi aggregativi e recupero di angoli di città abandonati a un miserabile destino.

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