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Sabato, 20 Aprile 2024
Politica

Il vaso di Pandora: l'edilizia popolare spettro delle campagne elettorali

La questione della gestione degli alloggi popolari ha animato lo scontro politico dell'ultimo decennio. Nel 2012 presentati due esposti, poi le prime iscrizioni nel registro degli indagati fino all'ordinanza del gip

LECCE – La lunga attesa per chiudere il cerchio sull'inchiesta relativa alla gestione delle case popolari a Lecce non è ancora finita e la sensazione è che, più che un punto di arrivo, si tratti del rovesciamento del vaso di Pandora. Con sviluppi sempre possibili fino alla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini.

Il periodo oggetto di inchiesta copre il decennio tra il 2006 e il 2015. Il punto di partenza si colloca sostanzialmente a cavallo del passaggio di consegne tra Adriana Poli Bortone e Paolo Perrone, in una assoluta continuità politico amministrativa che viene sancita dalla netta vittoria elettorale del 2007 e confermata dal trionfo nella tornata del 2012. Il centrodestra leccese è un fiume in piena e tra i protagonisti dell’ascesa c’è Roberto Marti, assessore nelle giunte comunali dal 2004 al 2010 e poi eletto parlamentare: oggi milita nelle fila della Lega, in Senato. Nei suo confronti un avviso di garanzia redatto secondo la procedura prevista in base all’articolo 68 della Costituzione.

Questi sono però anche gli anni in cui l’affaire case popolari si affaccia in maniera ciclica nel dibattito politico e si intreccia con la questione spinosa della pubblicazione della graduatoria definitiva dei richiedenti che si sblocca finalmente a ottobre del 2013 (la precedente risaliva addirittura al 1999). Il contesto è quello di una domanda che eccede di gran lunga la disponibilità di alloggi. 

Il tema, che aveva attraversato a furia di indiscrezioni e voci la campagna elettorale del 2007, esplode politicamente in quella per il rinnovo del consiglio comunale nel 2012: il 28 aprile l’opposizione bussa alle porte della magistratura presentando in procura della Repubblica un esposto di 28 pagine e 20 allegati a firma dell’allora segretario cittadino del Pd, Fabrizio Marra, del consigliere comunale Antonio Rotundo e della deputata Teresa Bellanova: in quelle righe la segnalazione di passaggi di denaro sospetti tra inquilini, di occupazioni abusive, di denunce precedentemente presentate in questura e prefettura.

A ottobre di quell’anno interviene la Federazione della Sinistra (Comunisti Italiani con Daniele Ianne e Rifondazione Comunista con Roberta Forte) che formalizza la denuncia di una coppia residente in un alloggio popolare e attesa di sfratto: i due avevano raccontato a una tv locale di aver “venduto” il proprio voto. Questo esposto viene poco dopo corroborato da un’integrazione redatta sulla base di alcuni commenti lasciati da parte di lettori di Lecceprima in calce all’articolo relativo al primo esposto.

La procura della Repubblica, le cue antenne erano operativa da tempo, si muove con le prime acquisizioni documentali del febbraio 2013; nel luglio successivo l’iscrizione nel registro degli indagati di tre dipendenti dell’ex Istituto autonomo case popolari: Raffaele Guido, Pietro Romito, Anna Grazia Santoro. L’attività investigativa prosegue e si articola, aumenta il numero degli indagati. Tra questi compaiono alcuni nomi eccellenti del panorama politico locale: nel 2015 tocca agli allora assessori Attilio Monosi e Luca Pasqualini, al consigliere comunale e vice presidente dell’assise Antonio Torricelli, al dirigente Lillino Gorgoni.

Nel febbraio del 2017 la comunicazione a 46 indagati di una richiesta di proroga delle indagini: in questa fase emergono i nomi degli ex sindaci Paolo Perrone e Adriana Poli Bortone, di Roberto Marti, e quelli di due altri assessori della seconda giunta Perrone, Nunzia Brandi e Damiano D’Autilia. Nel maggio, un mese prima delle ultime elezioni – quelle vinte al ballottaggio da Carlo Salvemini – una nuova richiesta di proroga da parte dei titolari dell’inchiesta e infine, a dicembre, la procura mette sul tavolo le sue carte. Dopo nove mesi la guardia di finanza esegue l’ordinanza firmata dal gip Giovanni Gallo.

Quanto accaduto oggi segna un passaggio fondamentale nella storia della città, indipendentemente dalle eventuali responsabilità penali che spetta agli organi competenti accertare. Intanto si deve registrare una immediata conseguenza pratica: i consiglieri eletti nell’attuale assise di Palazzo Carafa e oggetto di provvedimenti restrittivi della libertà personale e dell’interdizione dai pubblici uffici lasceranno il loro posto ai primi candidati non eletti. Si tratta di Giordana Guerrieri al posto di Luca Pasqualini, Carmen Tessitore per Attilio Monosi, Paola Leucci subentra in luogo di Antonio Torricelli.

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