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Giovedì, 25 Aprile 2024
Salute

Tutti pazzi per il coronavirus: “Pronto, 118, mi prestate una mascherina?”

Tante le telefonate. Troppe. Alcune al limite della follia. Tra il serio e il faceto, una raccolta che racconta della psicosi

LECCE - Vade retro, Covid.  “Ma se apro le finestre per arieggiare, mi entra in casa il coronavirus?”. No, non è una malotula cu le zampe. E’ un virus. Anzi, spalancatele le finestre e arieggiate. Aria, aria, perché semmai è vero il contrario, è un’ottima pratica.

Altro non s’è detto, ridetto, stradetto che di seguire precise trafile, non assalire i numeri d’emergenza e assillare gli operatori rischiando di spedirli in psichiatria con richieste d’ogni tipo, a volte strampalate. Perché, no, se avete parlato al telefono con un cinese, il virus non passerà attraverso il microfono. Ammesso che il poveraccio ne sia affetto.

Dalle Faq del ministero della Salute (qui il link per accedere), un perfetta sintesi di come ci si dovrebbe comportare: se si sospetta un contagio, “rimani in casa, non recarti al pronto soccorso ma chiama al telefono il medico di famiglia o il pediatra. Oppure chiama il numero verde regionale (qui l'articolo in merito).  Utilizza i numeri di emergenza 112/118 soltanto se strettamente necessario”.

Soltanto se strettamente necessario. Perché sono i numeri per le cosiddette emergenze-urgenze e in coda a chi telefona per due colpi di tosse temendo di essere additato come untore, quando magari gli è andato solo il boccone di traverso, ci può essere qualcuno al tappeto per un incidente grave o per un infarto in corso. Ma se è vero che chi ha orecchie per intendere, intenda, è altrettanto vero che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Così, in troppi non stanno a pensarci più di tanto, vince il secondo proverbio e, abusando della pazienza altrui, compongono l’unico numero che gli arrechi conforto. Il 118, panacea di tutti i mali, virali e non.

Il cortocircuito del sovraccarico informativo

Questo, forse, è anche l’effetto di un cortocircuito dovuto a un sovraccarico di informazioni che rischia di generare l’effetto opposto a quello ricercato, alimentando la psicosi, invece di disperderla, confondendo le idee invece di chiarirle, pure nelle zone come il Salento, che non sono né rosse, né gialle. Di giallorosso, qui, al momento c’è solo la casacca della squadra di calcio, e di virale, i gol che subisce in ogni gara. Ma questa è un'altra storia. 

Una cosa è certa. Dalla mattina a notte fonda, specie in televisione, strabordano notizie e ragguagli. Ore e ore di trasmissioni che lo zapping non lenisce certo: da un canale all’altro, si salta dal parere di un virologo a quello di un infettivologo, dai dati aggiornati in Cina a quelli in Italia con la fredda conta di vivi e morti, dalle baruffe politiche sul tema (con ampio sperpero di pareri sballati e diffusione di panico), ai collegamenti davanti agli ospedali, passando dagli immancabili falsi e dai complottismi che circolano sul Web.

Come vivere nel prologo de L’ombra dello scorpione di Stephen King, in attesa che la superinfluenza stermini l’umanità, tranne i pochi che, Dio solo sa perché, ne sono immuni. Cosa che non avverrà, ovviamente, nel mondo reale. Ma nel mare magnum che annacqua le idee, anche chi di solito è dotato di un minimo di raziocinio rischia di andare in tilt e porre domande alle quali è difficile trovare una risposta adeguata, senza che l'operatore si faccia pure cogliere dalla tentazione di mandare l’interlocutore a quel paese. E a Lecce, il 118 ne ha già ricevute tante, nei giorni scorsi, di strane telefonate.

“Ho una raccomandata da Codogno, che faccio?”

Ecco un piccolo estratto che definisce anche i contorni delle psicologie umane. C’è, dunque, quello che ha ricevuto un pacco dalla Cina con Amazon e che, sull’onda del si dice che, dopo che qualcuno l’ha informato che il virus resisterebbe fino a nove giorni (ma le informazioni al momento in possesso dell’Oms parlano di poche ore), chiede cosa debba fare, visto che ormai l’ha aperto, e c’è il diffidente che avverte l'impellente esigenza di avvisare il 118 che cinque mesi prima si è recato in un negozio cinese e, non avendo ritrovato cinque mesi dopo la stessa commessa, è convinto che sia contaminata, “ma non ce lo stanno dicendo”. Delatore!

“Ho ricevuto una raccomandata da Codogno”, chiede poi qualcun altro. “La posso aprire? Sta ancora nella buca”. E probabilmente lì è rimasta, qualunque sia stata la rassicurazione fornita. Già le raccomandate mandano i più nel panico indipendentemente dalla località d’inoltro, se poi arrivano dalla zona rossa…

La paura degli spazi affollati si fa largo anche laddove casi accertati non ve ne siano. “Buonasera siccome ho la febbre e la tosse, volevo sapere se mi devo preoccupare”. Domanda, di rito, per un minimo di riscontro: viaggi all’estero, tipo in Cina, o di recente nel nord Italia, specie nelle zone del contagio? “No, no, non mi sposto dal mio paese da anni”. Contatti con persone contagiate? “E che ne so? Al Bingo, al Bingo, c’è tanta gente!”

Non manca poi chi pensa che la centrale operativa funga da deposito da cui attingere a proprio piacimento materiale sanitario. Così, nei giorni scorsi, qualcuno ha telefonato, per porre una cortese richiesta: “Scusi 118 (sic), non riesco a trovare mascherine: potete prestarmene qualcuna?”. E vabbè, ma che dire di chi ha inteso avvisare che la figlia è tornata da Madrid via Roma e che “sicuramente l’aereo è passato sopra le zone infestate”? Insomma: “Vorrei sapere se devo preoccuparmi”. E meno male che è il Covid-19 e non l’aviaria.  

Il tampone, il tampone a tutti i costi

Ma il tampone, il tampone a tutti i costi è spesso il ritornello. “Scusi – ha chiesto qualche giorno addietro una donna, anche un po’ alterata, a un operatore - le sembra normale che una mia amica ieri sera sia andata in guardia medica e non le abbiano fatto il tampone?” Domanda: “Ma la signora è stata fuori Lecce negli ultimi quindici giorni?” Risposta: “No”. Domanda: “Ha febbre?” Risposta: “Beh… non lo so”.

E se non è il tampone, è la fantomatica puntura a essere pretesa. “Scusi – ha chiesto un’altra donna -, mi potete mandare qualcuno per fare la puntura anticoronavirus alla mamma?” “Che puntura?”, ha domandato sconcertato l’operatore. “Se non lo sapete voi?!”, ha replicato ancor più sconcerta la figlia premurosa. Ma all’apice c’è forse una questione posta non ai sanitari, ma nientemeno che a un’agenzia funebre: “Ma se uno muore, dopo, muore anche il virus?” Chissà. A scanso d’equivoci, seppelliamo entrambi.

A proposito di numeri d’emergenza. Molti, anche in provincia di Lecce, specie vedendo le televisioni nazionali, hanno iniziato a comporre il 112. Sarebbe il cosiddetto numero di emergenza europeo, che però, in Italia, è attivo a macchia di leopardo. Ergo, in Puglia, al 112 risponderà invariabilmente un carabiniere che, invece di raccogliere la chiamata per una rapina in corso, si troverà qualcuno a chiedergli cosa fare per le placche alla gola, dovendo così perdere tempo a smistare l'interrogativo al 118, che a sua volta sarà costretto a rispondere a questioni piuttosto banali. Solo il 24 febbraio scorso, è successo una trentina di volte. Per fortuna, però, c'è anche l'altra faccia della medaglia, i tanti che l'hanno presa con filosofia, come attesta questo video (qui le interviste dentro Lecce).  

Ma ora, seriamente: se non avete febbre alta e severe difficoltà respiratorie, inutile telefonare e rischiare di mettere in crisi un sistema che già sta affogando, visto che di mezzo c’è anche la “normale” influenza di stagione. E seguite scrupolosamente tutte le indicazioni, come quella di detergere bene le mani. Ecco, forse una cosa buona, ‘sto coronavirus, l’ha portata. In tanti, finalmente, hanno iniziato a lavarsi.

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