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Giovedì, 28 Marzo 2024
Scuola

"Scelte coraggiose per i ricercatori": gli aspiranti rettori si mettono di traverso al precariato

Dibattito su diritti, contratti e tutele con i quattro candidati e i sindacalisti di Flc Cgil: tutti favorevoli a trovare una strada per le stabilizzazioni

LECCE - Sotto-finanziamenti, precariato e diritti traditi: i quattro aspiranti rettori dell'Università del Salento, candidati alle elezioni di luglio, sono intervenuti sui temi che attanagliano l'ateneo nel corso dell'assemblea dei ricercatori organizzata da Flc Cgil.

All'incontro, inserito nella campagna nazionale “Perché noi no? Stesso lavoro, stessi diritti!”, hanno partecipato Tito Russo, Flc Cgil nazionale, Pamela Angiuli, segretaria Flc Cgil Puglia, Giuseppe Taccarelli, segretario generale Flc Cgil Lecce, Matteo Maria Maglio, coordinatore associazione dottorandi italiani Lecce,  Luigi Cormio, avvocato giuslavorista, Guglielmo Forges Davanzati, docente di Economia Politica insieme ai candidati Michele Campiti, Luigi De Bellis, Giuseppe Grassi, Fabio Pollice.

La premessa non è rosea: il precariato, infatti, è divenuto un problema strutturale come dimostrano i dati relativi ad Unisalento che ad oggi impiega 579 lavoratori a tempo determinato e 264 precari.

In buona sostanza, anche a Lecce la maggior parte di chi fa ricerca e didattica è precario, tira avanti con un basso salario e non gode di tutele. Lo hanno ribadito in assemblea gli esponenti di Flc Cgil che hanno colto l'occasione per discutere di un disegno di legge che mira a mettere ordine nella giungla dei contratti dei ricercatori.

Fondamentale, secondo il sindacato, è la riforma del preruolo: per garantire un reclutamento ordinato e stabile occorre infatti creare un'unica figura a tempo determinato che sostituisca tutte le altre figure previste dalla legge 240 del 2010. Tale preruolo, puntualizzano i segretari Cgil, deve ridurre la durata dei contratti post dottorato, fino a dimezzarla.

Fondamentale, sempre secondo Cgil, è sciogliere il nodo dei finanziamenti: al sistema universitario dovrebbe essere quindi restituito quel miliardo e mezzo di euro sottratto con i tagli dei governi dell'ultimo decennio.

La proposta di legge prevede poi che i ricercatori a tempo determinato di tipo a possano convertire la loro posizione in tipo b, attraverso una procedura riservata. Il sindacato immagina di poter reclutare e quindi immettere negli atenei anche gli attuali assegnisti di ricerca che hanno almeno 3 anni di ricerca alle spalle, sempre per mezzo di procedure riservate. Flc Cgil chiede poi una proroga straordinaria di almeno 4 anni per tutte le abilitazioni ottenute nel periodo 2012-2018.

Nel corso dell'assemblea è stato affrontato anche il tema dal punto di vista vertenziale e giurisprudenziale sulla recente ordinanza del Tar Lazio, che rimette alla Corte di giustizia europea la possibilità di stabilizzare i ricercatori a tempo determinato di tipo A.

Il professor Davanzati ha inquadrato invece la questione dal punto di vista più generale, risalendo fino alla politica di moderazione dei salari che, a suo dire, avrebbero adottato le imprese italiane (specialmente al Sud). Stando alla ricostruzione del docente, le imprese cercano di tenersi a galla attraverso l'export ed avrebbero quindi rinunciato ad assumere laureati perché non hanno bisogno di lavoratori specializzati.

L'Italia non investe, quindi, in ricerca e sviluppo e ciò determina il de-finanziamento dell'università pubblica, in una sorta di gioco al ribasso senza fine.

Cosa può fare, dunque, UniSalento sul fronte della stabilizzazione dei precari e sul reclutamento dei ricercatori, considerati i vincoli di bilancio dell'ateneo? Alla domanda hanno risposto i candidati alla guida di UniSalento.

Michele Campiti, docente di analisi matematica, ritiene fondamentale accorciare i tempi di accesso alla professione che già non sono inferiori ai 12 anni. “L'ateneo salentino conta 3mila e 500 Rtda e 2mila e 800 Rtdb: è necessario assumere altri ricercatori perché le figure in servizio non sono sufficienti e per garantire il ricambio”, ha spiegato lui. Il candidato ha anche proposto di intavolare una discussione a livello regionale per ottenere una programmazione migliore mentre il ruolo unico risolverebbe, a suo dire, molti problemi di competizione interna.

Per il professor Luigi De Bellis, già direttore del Disteba, l'università non può rincorrere i bisogni di Confindustria né cambiare così rapidamente per stare al passo con le esigenze del mercato. La soluzione quindi qual è? “Lavorare tutti meglio per offrire servizi migliori agli studenti e attrarre, di conseguenza, maggiori finanziamenti. Bisogna migliorare l'offerta formativa e fare scelte coraggiose, chiudendo anche quei corsi di laurea che non contano molti iscritti. Io immagino di chiuderne immediatamente uno al Disteba”.

Il terzo candidato, Giuseppe Grassi, docente di Elettrotecnica ha spiegato che in ateneo esiste una situazione complicata: “Ci sono figure diverse che si occupano delle medesima cosa; il numero dei ricercatori di tipo b è poi molto inferiore rispetto alle nostre necessità”. Il docente propone quindi di muoversi su due fronti. Il primo locale: “Se il quadro legislativo rimane questo, non possiamo far altro che utilizzare gli assegni di ricerca tentando di attrarre, contemporaneamente, fonti di finanziamento esterne. Il discorso può essere affrontato in modo più incisivo a livello regionale”.

Il secondo piano è quello nazionale: “Dobbiamo batterci tutti insieme sui tavoli nazionali per ottenere finanziamenti e rivedere questo sistema dei punti organico che è folle e ingiusto perché penalizza gli atenei del Sud”.

Il direttore del dipartimento di Storia, società e studi sull'uomo, Fabio Pollice ha ravvisato un errore di fondo: “L'Università non deve rispondere al mercato, ma orientarlo, dare al mercato un indirizzo e questo perché rischia di non poter competere nella formazione di figure professionali che hanno una rapida obsolescenza. Il precariato è stata la risposta sbagliata all'esigenza di offrire risposte nel breve periodo. Dobbiamo lavorare tutti insieme per chiedere, a livello regionale, una politica di finanziamento più efficace. Finora non siamo stati evidentemente in grado di curare e rappresentare come si deve gli interessi di UniSalento che non è un'azienda qualunque”.

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