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Giovedì, 18 Aprile 2024
Scuola

"Una governance allargata per UniSalento": l'idea di Pollice, candidato a rettore

"L'università, di cui gli studenti sono la parte essenziale, dev'essere un faro per il territorio": il docente descrive la sua visione di UniSalento in un'intervista

LECCE – Rapporto con il territorio, welfare studentesco, didattica, edilizia, svolta ecosostenibile, precariato e sotto organico: Fabio Pollice, professore ordinario di Geografia economico-polica, approfondisce i temi cruciali dell'ateneo salentino.

Il docente, insieme ai professori Luigi De Bellis, Giuseppe Grassi e Michele Campiti, si presenterà alle elezioni dell'8 luglio per il rinnovo della carica di rettore dell’Università del Salento.

Di seguito riportiamo il testo integrale dell'intervista rilasciata a Lecceprima.it

A suo avviso, è necessario rinsaldare il rapporto tra ateneo salentino e territorio? E, se sì, come?

“Da geografo, la mia risposta non può che essere positiva. Nel mio progetto, io vedo la nostra Università quale faro culturale, chiamato a svolgere una funzione di orientamento e di integrazione degli attori che operano sul territorio e della comunità locale nel suo complesso. In altri termini, l’Università deve farsi latrice di un progetto di coesione e convergenza non solo all’interno del territorio, ma anche all’esterno di esso, proiettandolo entro reti di livello internazionale.  

Un progetto di sviluppo basato su innovazione e creatività che permetta al territorio di attrarre risorse e talenti anche da altri contesti, oltre che valorizzare il potenziale endogeno. Per questo motivo, mi piace pensare alla nostra Università anche come gateway tecnologico, un elemento di raccordo tra territori, in grado di promuovere il trasferimento e lo scambio della conoscenza: immagino agli effetti propulsivi che ciò potrà avere sul processo d’internazionalizzazione di tutto il territorio salentino, soprattutto laddove orientato a valorizzare la nostra posizione strategica entro la macro-regione adriatico-ionica e nel più vasto bacino del Mediterraneo”.

I ragazzi reclamano un miglior welfare studentesco (servizi, alloggi, borse studio, trasporti): come migliorare la loro qualità della vita universitaria?

“Ho sempre considerato le studentesse e gli studenti parte integrante della comunità universitaria; una componente preziosa che, anche attraverso le associazioni presenti nel nostro ateneo, ha dimostrato una notevole proattività. Per questo motivo, se sarò rettore, tutti gli interventi che verranno attuati in questo campo non potranno prescindere dal coinvolgimento attivo della componente studentesca nelle fasi di progettazione e di implementazione.

Il welfare studentesco è una questione primaria, non solo perché migliora l’esperienza universitaria della studentessa e dello studente, ma anche perché è un fattore attrattivo: segreterie e servizi efficienti, accesso alle borse di studio, mense in grado di rispondere a specifiche esigenze alimentari, assistenza medica e psicologica - solo per fare alcuni esempi - orientano la scelta dell’ateneo in cui intraprendere gli studi universitari al pari della qualità della didattica e della qualità della vita in città.

Inoltre, le studentesse e gli studenti rappresentano una componente fondamentale della comunità locale, capace di animare e qualificare il tessuto sociale e culturale: anni fa, sfogliando all’estero una guida Lonely Planet, mi colpì leggere che l’attrattività di Lecce era un evidente riflesso della capacità degli studenti universitari di dare impulso e vitalità al territorio. Un aneddoto, questo, che però è esemplificativo di quanto le studentesse e gli studenti rappresentino una risorsa territoriale inestimabile per lo sviluppo del territorio, anche attraverso la domanda culturale che esprimono. La realizzazione di interventi a favore del welfare studentesco, perciò, deve essere sviluppata in maniera sinergica col territorio: oltre al miglioramento della rete di trasporto pubblico, penso soprattutto alla possibilità di sopperire alla carenza di posti alloggio attraverso la realizzazione di uno studentato diffuso, nonché attraverso la stipula di convenzioni tra Università, Comune e privati per l’istituzione di canoni d’affitto calmierati”.

UniSalento deve affrontare il nodo della didattica, talvolta messa all'indice per la scarsa qualità. Crede sia necessario rivedere l'offerta formativa? Quali sarebbero i corsi di laurea da potenziare e quali quelli da rimodulare o sopprimere?

“L’offerta formativa va sostenuta da azioni concrete dirette a migliorarne la qualità. C’è un’immagine che descrive perfettamente il mio pensiero: è quella dell’albero formativo con le triennali radicate nel territorio e capaci di rispondere alla domanda formativa proveniente dal contesto territoriale e le magistrali, invece, innestate sul tronco della ricerca e proiettate verso il cielo a intercettare la domanda proveniente dal mercato globale.

Ciò soprattutto in ragione del rapido evolversi degli scenari occupazionali e del ruolo precipuo dell’Università che - preciso - non è solo quello di formare l’offerta di lavoro, ma anche quello di orientare l’evoluzione della domanda di lavoro. Pertanto i nuovi corsi di laurea dovranno necessariamente partire da un’attenta e approfondita riflessione sulle figure professionali da formare. È proprio in questo senso che penso all’Università come ad un faro culturale.

Analoga proiezione dovranno avere i dottorati, i percorsi di alta formazione e i master di II livello che devono assumere un profilo internazionale in modo da attrarre una domanda di pari ampiezza geografica. Per fare questo occorre una verifica puntuale della sostenibilità dell’intera offerta formativa che non significa, però, chiusura di corsi di laurea, voglio precisarlo. Significa, invece, valutazione approfondita della capacità del nostro ateneo di mantenere nel medio e lungo periodo la propria offerta”.

Sul fronte dell'edilizia vi sono diverse criticità da affrontare, sia negli edifici del polo urbano che in quelli del perimetro extraurbano. Quali sono le priorità di intervento?

“L’attrattività di un ateneo risulta strettamente correlata alla presenza di strutture e infrastrutture in grado di favorire l’eccellenza scientifica, una didattica di livello elevato, la divulgazione dei saperi nella società, lo sviluppo e il sostegno del territorio. Per questo le linee di intervento riguardanti il patrimonio edilizio universitario saranno indirizzate prioritariamente al soddisfacimento delle esigenze di nuovi spazi per le attività didattiche (aule, laboratori didattici, biblioteche), per le attività di ricerca (laboratori di ricerca) e per i servizi (amministrazione centrale, amministrazioni dei dipartimenti, di centri interdipartimentali, centri di ricerca, etc.).

Punto, inoltre, alla valorizzazione del patrimonio immobiliare esistente, al completamento delle opere incompiute e alla creazione di un sistema informativo che dia riscontro dello stato delle strutture e della loro funzionalità. Tre sono gli obiettivi che ritengo fondamentali per la crescita della performance di ateneo: l’attrattività, la sicurezza e la sostenibilità attuati attraverso scelte architettoniche eco-compatibili, accessibili, volte all’integrazione fra paesaggio e costruito, al risparmio energetico e all’impiego di fonti rinnovabili, oltre che alla mobilità sostenibile, alla riduzione e riciclo dei rifiuti e agli interventi di manutenzione e monitoraggio”.

Quali iniziative si possono adottare per promuovere una svolta eco-sostenibile dell'ateneo?

“Il nostro ateneo deve fare della sostenibilità un obiettivo strategico, un imperativo etico capace di orientare l’agire individuale e collettivo, di divenire una nota distintiva dell’ateneo in modo da contribuire a definirne l’immagine. Quello della sostenibilità è un obiettivo da perseguirsi attraverso un percorso che, nel giro di pochi anni, porterà l’ateneo a essere il primo in Italia con certificazione ambientale Emas – il sistema comunitario di ecogestione e audit che certifica l’adozione da parte dell’organizzazione di una strategia di riduzione del relativo impatto ambientale. Si contribuirà, in questo modo, anche a diffondere in ambito territoriale i principi della sostenibilità, spingendo gli attori territoriali a fare altrettanto, al fine di preservare il territorio e fare della sostenibilità una bandiera dell’intera comunità salentina.

Un ateneo sostenibile non è solo un’istituzione che rispetta l’ecosistema riducendo la propria impronta ecologica (sostenibilità ambientale), ma è anche un’istituzione che promuove le pari opportunità, l’accesso allo studio, il rispetto della diversità, l’equità sostanziale (sostenibilità sociale). Un’istituzione che capitalizza la cultura locale, che rispetta le diversità culturali, evitando che si pieghino alle logiche omologanti della globalizzazione (sostenibilità culturale). Un’istituzione che assicuri eguale rappresentanza a tutte le forze che la compongono attraverso un modello di governance allargata”.

Come affrontare la piaga del precariato lavorativo e il problema della scarsità di docenti in UniSalento?

“La complessa questione del precariato va letta come punto di partenza per una riflessione collettiva che deve coinvolgere tutto l’ateneo e impegnare tutte le risorse umane che vi operano. Fino ad oggi, ciò che spesso è mancato, è stata una programmazione coerente e trasparente, che tenesse conto di una pluralità di fattori e non solo delle esigenze didattiche, peraltro dettate da scelte non sempre condivise o condivisibili, nel rispetto delle persone, delle loro giuste aspirazioni e nell’ottica di creare un clima di solidarietà fondato sulla collaborazione e sul rispetto reciproco. Un clima indispensabile, a mio avviso, per ricostruire una comunità scientifica che è l’unico modo per tornare a fare dell’Università un faro culturale e un centro di produzione della conoscenza.

Per riportare a livelli fisiologici il precariato occorre sostenere finanziariamente il turnover - e qui è essenziale la pressione che la Crui riuscirà ad esercitare sul governo – ma occorre anche realizzare una politica di reclutamento più trasparente, così che ogni precario abbia la possibilità di sapere quali sono le reali opportunità di stabilizzazione.

Il sistema di reclutamento deve assicurare l’adeguamento qualitativo, quantitativo e tipologico (Ssd) del corpo docente all’attuazione delle linee strategiche in termini di obiettivi didattici (configurazione prospettica dell’offerta formativa) e di ricerca (linee di ricerca). Se i CdL, soprattutto nella componente magistrale, rispecchiassero le linee di ricerca – come dovrebbe naturalmente accadere – la politica di reclutamento mostrerebbe un’implicita duplice coerenza. Avremo, quindi, che le richieste di posti di ricercatore a tempo determinato di tipo b) dovrebbero, dunque, soddisfare il livello di copertura del carico didattico e determinare un miglioramento tendenziale dei risultati della ricerca dell’area disciplinare.

Vorrei però concludere facendo riferimento a tutti quei colleghi che hanno ottenuto l’abilitazione alla fascia superiore e che attendono da anni che quel risultato si traduca in una progressione di carriera. Lavorerò con tutto il mio impegno a tutti i livelli istituzionali perché si dia una concreta risposta alle loro giuste aspettative. Troppo infatti sommamente ingiusto che un’abilitazione si traduca nel giro di un paio di anni in una progressione di carriera in larga parte degli atenei del centro-nord, mentre per molti dei nostri abilitati agli attuali ritmi concorsuali questa prospettiva potrebbe richiedere ben più di un decennio”.

Questa intervista è la prima di un confronto che Lecceprima.it vuole avere con tutti e quattro i candidati alla carica di rettore. Pubblicheremo il testo secondo l'ordine delle risposte che ci arriveranno.

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