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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Rischio idrogeologico: pochi Comuni delocalizzano le abitazioni

L'indagine di Legambiente dimostra che c'è molto da fare in tema di prevenzione. Pochi municipi informano i cittadini ed organizzano esercitazioni di Protezione civile

LECCE – Legambiente ha diffuso dati poco incoraggianti rispetto alle iniziative dei Comuni italiani per la mitigazione del rischio idrogeologico. Complessivamente il Paese si dimostra incurante dei rischi legati all’eccessivo consumo di suolo pubblico mentre i cambiamenti climatici stanno amplificando i gravi effetti delle frane e delle alluvioni.

I danni causati dal maltempo ammontano, nel triennio 2013-2016, a 7,6 miliardi di euro. Le sole inondazioni hanno provocato nella Penisola la morte di 145 persone e l’evacuazione di oltre 40 mila.

A parlare chiaro sono i dati di Ecosistema rischio 2017, l’indagine di Legambiente sui comuni ad elevata pericolosità idrogeologica. In Puglia sono solo 41 le amministrazioni comunali che hanno risposto al questionario di Ecosistema Rischio, circa il 18 percento dei comuni a rischio della regione, tra i quali molti salentini: Alessano, Andrano, Aradeo, Campi Salentina, Cutrofiano, Diso, Lecce, Leverano, Lizzanello, Melendugno, Melpignano, Salice Salentino, San Pietro in Lama, Sanarica, Taurisano, Veglie.

Lecce è la provincia che ha risposto in maniera maggiore (17 comuni), seguita da Bari (12 comuni), con un notevole distacco dalle altre province.

“Anche in questa edizione - dichiara Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia - emerge la scarsa propensione dei municipi pugliesi a rispondere al questionario e sono ancora molti i comuni che hanno abitazioni e fabbricati industriali in aree a rischio, ma pochissimi quelli che hanno intrapreso azioni di delocalizzazione per tutelare il territorio e ridurre i pericoli a cui sono esposti i cittadini e le attività produttive”.

Dal dossier emerge che quasi tutti i comuni intervistati si sono dotati di un piano d’emergenza e lo hanno aggiornato, ma pochissimi organizzano attività d’informazione rivolte ai cittadini ed esercitazioni di protezione civile, che invece sono utili strumenti nell’affrontare l’emergenza garantendo la salvaguardia delle persone.

Tra i comuni intervistati, solo il 4,9 percento ha intrapreso azioni di delocalizzazione di abitazioni dalle aree esposte a maggiore pericolo, e in nessun caso si è provveduto a delocalizzare insediamenti o fabbricati industriali.

Quasi la metà dei comuni ha dichiarato di svolgere regolarmente un’attività di manutenzione ordinaria delle opere di difesa idraulica. Il 75,6 percento ha recepito nel piano urbanistico le perimetrazioni contenute nel Piano per l’assetto idrogeologico al fine di stabilire i vincoli all’edificazione delle zone a rischio.

Migliore è la situazione per quanto riguarda l’organizzazione del sistema locale: l’82,9 percento dei comuni si è dotato di un piano d’emergenza, mentre pochi sono ancora i comuni che organizzano le attività informative e le esercitazioni. Pochi, inoltre, i comuni che hanno predisposto sistemi di monitoraggio e allerta.

“Le amministrazioni comunali – conclude Tarantini – hanno un ruolo strategico e determinante nelle attività legate alla gestione del territorio, quali la pianificazione urbanistica, gli interventi di delocalizzazione di abitazioni e di altri fabbricati dalle aree a rischio, l’adeguamento alle norme di salvaguardia dettate dalla pianificazione di bacino e la corretta manutenzione del territorio. Tutte attività che, se adeguatamente pianificate e supportate, porterebbero a una riduzione reale del rischio idrogeologico”.

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