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Sabato, 20 Aprile 2024
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Tap, la Consulta motiva: "La Regione avrebbe dovuto impugnare l'atto"

I giudici illustrano l'inammissibilità del ricorso. E la senatrice Donno di M5s chiede le dimissioni di Emiliano per il ritardo

ROMA – “Non è in discussione, in astratto, l’ammissibilità di ricorsi per conflitto di attribuzione aventi ad oggetto condotte omissive, laddove esse siano realmente idonee a produrre un’immediata violazione o menomazione di attribuzioni costituzionali […]” tuttavia, nel caso in questione, il conflitto può ritenersi “[…] inammissibile perché difetta dei necessari requisiti di attualità e originarietà, mirando in sostanza, come correttamente eccepito dall’Avvocatura generale dello Stato, a superare la mancata impugnazione del provvedimento di autorizzazione (adottato in data 20 maggio 2015) alla realizzazione del gasdotto TAP, unico atto potenzialmente lesivo delle attribuzioni regionali”.

La parole sono quelle dei giudici della Corte costituzionale ed rappresentano, probabilmente, uno dei passaggi chiave nella sentenza sul conflitto in questione, ossia quello di attribuzioni, richiamato dalla Regione Puglia verso il comportamento del ministro dello Sviluppo economico, ritenuto omissivo rispetto alla richiesta di riesaminare tutti gli atti del procedimento di autorizzazione del gasdotto Tap. Il 10 ottobre la Consulta si è espressa a sfavore della Regione. Il 27 ha poi motivato la sentenza. E, volendo sintetizzare tutto quel passaggio, si può dire che uno dei problemi rimarcati sia stato il ritardo con cui si sarebbe mosso il governo pugliese.

Il fatto lascia sconcertata la senatrice del Movimento 5 stelle, Daniela Donno, tanto da chiedere a gran voce le dimissioni di Michele Emiliano.  “Se si avevano dubbi circa l’assoluta incoerenza della linea politica e delle azioni di Emiliano, la pubblicazione delle motivazioni della Consulta su Tap spazzano via ogni incertezza. Da lui anni e anni di ipocrisie e false promesse che, purtroppo, stanno portando la Puglia verso un epilogo annunciato: quello di un disastro ambientale che sconteranno i cittadini”.

unnamed-31-4“Nel frattempo – aggiunge -, imperversano le attività di capitozzatura degli ulivi nel cantiere Tap, in un'atmosfera surreale, dove vige solo la regola del più forte. Emiliano si dimetta, prima di fare altri danni”, chiede, ritenendo che la pronuncia azzeri la credibilità dell’attuale governo regionale. “La Corte costituzionale, infatti, non solo bolla come inammissibile il conflitto ‘perché difetta dei necessari requisiti di attualità e originarietà’” - chiosa - , ma bacchetta la Regione Puglia che ‘avrebbe dovuto impugnare l’atto di autorizzazione alla costruzione del gasdotto TAP’ adottato il 20 maggio del 2015. Invece, come al solito, è stata a guardare, nell'assoluto immobilismo”.

Fra gli altri passaggi che si possono leggere nella sentenza dei giudici (presidente Paolo Grossi, redattore Nicolò Zanon, cancelliere Roberto Milana), la precisazione sul fatto “che la sentenza n. 110 del 2016 di questa Corte è male invocata dalla Regione ricorrente”. Era proprio uno dei punti su cui batteva la Regione, ma i giudici spiegano perché sarebbe mal invocata. “Dichiarando non fondata una questione proposta in via principale da alcune Regioni, tale sentenza ha chiarito, in via d’interpretazione, che anche ai gasdotti di approvvigionamento di gas dall’estero, in quanto infrastrutture lineari energetiche, si applica l’art. 52-quinquies, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), il quale prevede che l’atto conclusivo del procedimento di autorizzazione alla costruzione di ogni infrastruttura lineare energetica sia adottato d’intesa con le Regioni interessate”.

La sentenza non ha modificato in alcun modo il quadro normativo entro il quale è stato adottato, in data 20 maggio 2015, il provvedimento di autorizzazione alla realizzazione del gasdotto TAP. Per tale ragione, da essa non poteva conseguire, come invece asserito dalla ricorrente, alcun obbligo in capo al Ministero dello sviluppo economico di adottare «atti necessari ad ottemperare a quanto statuito dalla sentenza»”, illustra la Consulta.

“D’altra parte, l’interpretazione assunta in tale pronuncia con riferimento alla necessità dell’intesa non ha riguardato in alcun modo la scelta delle procedure necessarie in caso di mancata definizione della stessa, a seconda che sia determinata da un dissenso espresso oppure da una mera inerzia regionale – scrivono ancora i giudici -; mentre il ricorso per conflitto della Regione sembra proprio lamentare, in definitiva, che la lesione della propria sfera di attribuzioni costituzionali sia dipesa dalla violazione della corretta procedura da applicare in caso di mancato raggiungimento dell’intesa; profilo, quest’ultimo, che nel caso di specie ha costituito oggetto del giudizio amministrativo concluso dalla sentenza del Consiglio di Stato del 27 marzo 2017, n. 1392”.

Quindi, il passaggio sull’ammissibilità di ricorsi per conflitto di attribuzione su condotte omissive, per la quale, si spiega, che “tale idoneità lesiva è tuttavia assente laddove l’inerzia dell’amministrazione a fronte di un’istanza ad essa rivolta possa essere interpretata solo come una mancata risposta ad una sollecitazione non vincolante e non come un comportamento omissivo concludente volto a negare attribuzioni costituzionali (sentenza n. 276 del 2007)”. Ovvero, “ciò che è accaduto nel caso di specie, in cui il silenzio sulle istanze regionali non è significativo, non potendosi attribuire ad esso idoneità lesiva”.

emiliano5-2-2-2Il provvedimento di autorizzazione alla realizzazione del gasdotto risale, come detto, al 20 maggio 2015. La Regione Puglia ha sostenuto di non aver potuto impugnare il provvedimento in modo tempestivo, “poiché la consapevolezza della lesione delle proprie prerogative sarebbe intervenuta solo a seguito della ricordata sentenza n. 110 del 2016 di questa Corte (depositata il 20 maggio 2016), nonché a fronte del silenzio del Ministero dello sviluppo economico rispetto alle due diffide e, in particolare, a seguito della scadenza del termine per provvedere indicato nella seconda di queste. Dal silenzio del Ministero la Regione avrebbe dedotto in via «definitiva e inequivoca» la volontà dello Stato di negare l’adozione degli atti sollecitati, ritenuti necessari ad ottemperare alla sentenza n. 110 del 2016”.

Conclusione: “Si è già chiarito che il richiamo a quest’ultima è inconferente. Ma anche a voler concedere che l’interesse a ricorrere sia sorto in capo alla Regione solo a seguito del deposito della sentenza più volte citata, cionondimeno la Regione avrebbe dovuto impugnare l’atto di autorizzazione alla costruzione del gasdotto TAP”.

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