Covid-19: Nardò (e non solo) i lavoratori non sono protetti
Nel difficile momento che il nostro paese sta attraversando, la nostra comunità cittadina non è da meno. I provvedimenti adottati a livello nazionale per prevenire e limitare il contagio da covid-19 vengono rispettati ovunque, anche a Nardò, e le varie amministrazioni comunali stanno vigilando sul rispetto delle regole stabilite. Tutti stiamo facendo la nostra parte prima di tutto restando a casa, ma ovviamente medici, infermieri, soccorritori ed operatori sanitari stanno combattendo una guerra di trincea resistendo eroicamente in tutta Italia, da Milano a Lecce. Eppure non bisogna dimenticare nemmeno altre categorie che in questo momento sono indispensabili: i farmacisti, i medici di base, le commesse e gli impiegati dei supermercati ancora aperti, gli operai della manutenzione negli ospedali, gli operatori del settore della distribuzione e quelli della nettezza urbana, i volontari (pensiamo al prezioso servizio per i più bisognosi che la Caritas sta portando avanti anche nell’emergenza). Eppure c’è ancora qualcuno che manca all’appello. Mi riferisco alle migliaia di operai ed operaie che i tutta Italia, anche in piena emergenza, anche lavorando in settori al momento non essenziali, continuano ogni giorno a lavorare in fabbrica per mantenere in piedi un’economia ormai letteralmente ferma.
Anche a Nardò le fabbriche che continuano la produzione sono numerose e pienamente operative grazie al lavoro di centinaia di lavoratori (per la stragrande maggioranza donne e madri!) che trascorrono otto o più ore al giorno non in quarantena preventiva con la loro famiglia come tutti gli altri, ma in “laboratorio” con altre decine di colleghe e colleghi. Moltissimi di questi lavoratori sono di Nardò, ma una buona parte proviene anche dai paesi limitrofi (da Copertino a Gallipoli), sono nostri amici e parenti. Francamente ho trovato molto ingiusta e pericolosa la scelta del governo di proseguire la produzione nelle attività non essenziali, soprattutto in mancanza di una qualunque forma di controllo delle misure di sicurezza imposte dai vari decreti e dall’accordo sindacale nazionale di pochi giorni fa. L’osservanza delle regole è demandata all’azienda e alla sensibilità del singolo, e non c’è dunque alcuna garanzia a riguardo.
Mi risulta che nelle aziende della zona la distanza di sicurezza non sia garantita in alcun modo (in alcuni casi era rispettata anche prima dell’emergenza con postazioni di lavoro sufficientemente grandi, in molti altri ancora oggi non lo è) e soprattutto non vengono fornite le mascherine chirurgiche necessarie a proteggere i lavoratori da possibili contagi. In molti hanno inizialmente sottovalutato quest’epidemia, ma alcuni continuano a farlo ancora oggi! Le operaie di molte aziende tessili della zona hanno realizzato delle mascherine con materiali tessili facilmente reperibili ma non adatti alla realizzazione di dispositivi di protezione, prima di tutto perché non impermeabili. Queste mascherine non hanno alcun effetto sui droplet, le goccioline di saliva che vengono emesse con la respirazione, la vocalizzazione, i colpi di tosse, gli starnuti. Al contrario, forniscono un’idea di falsa protezione e per questo usarle può essere ancora più pericoloso del non farlo perché proteggono, al più, dalla polvere. Inoltre non sono monouso, vengono utilizzate per l’intera durata della giornata di lavoro senza ricambio e dovrebbero quindi essere sterilizzate prima di ogni nuovo utilizzo. Ma in quanti lo sanno? In quanti lo fanno davvero? Mi risulta che alcuni datori di lavoro abbiano fornito mascherine chirurgiche (sterili, monouso e garantite da standard internazionali ed europei) solo a quei lavoratori che ne erano sprovvisti, cioè che non erano forniti della “mascherina” di cui sopra. È di ieri la notizia che nel focolaio di Vo’ Euganeo tra il 50 ed il 75% dei contagi è causato da soggetti asintomatici (allego articolo di Repubblica in calce), vale a dire da persone apparentemente in normali condizioni di salute che semplicemente chiacchierando o venendo a contatto con soggetti sani, hanno trasmesso il virus.
Non mi esprimerò sulla supposta necessità degli imprenditori (locali e non) di proseguire la produzione anche in questo momento in cui tutto il paese è fermo, e so bene che reperire le mascherine è praticamente impossibile da diverse settimane e che, qualora accadesse, la precedenza dovrebbe essere data necessariamente agli operatori sanitari ed ai medici. Ma allora, se non possono essere garantite le dovute misure di sicurezza, sulle quali nessuna autorità cittadina vigila, che la produzione venga interrotta anche nelle fabbriche che pur non essendo essenziali continuano a lavorare anche in piena pandemia. Al momento in cui scrivo risultano accertati 383 casi di positività al covid-19 in Puglia, di cui 65 in provincia di Lecce e 3 proprio a Nardò.
Abbiamo visto con quale velocità la malattia si trasmetta, per giunta con periodi di incubazione di diversi giorni (il che aumenta notevolmente le possibilità di contagio), e quali siano i suoi effetti su chi ne è colpito, sul sistema sanitario, sull’economia e sull’intera comunità. Siamo sicuri che sia una buona idea, per loro e per noi, che diverse decine di persone condividano lo stesso ambiente per otto o più ore al giorno ogni giorno? Io credo che sarebbe rischioso anche nel caso in cui tutti fossero forniti dei DPI necessari e la distanza di sicurezza fosse garantita, ma come ho detto ho già detto così non è, e non dovrebbe essere difficile verificare altrettanto a chiunque volesse farlo visto il numero di persone impiegate nel settore solo a Nardò. Se le misure di sicurezza non possono essere garantite né verificate dalle autorità (nello specifico da quelle comunali) allora è giusto, ma soprattutto necessario per la salute di tutti, sospendere qualunque attività produttiva non essenziale.
---------------- Articolo di Repubblica.it sui contagi asintomatici a Vo’ Euganeo: https://www.repubblica.it/salute/ medicina-e-ricerca/2020/03/16/news/coronavirus_studio_il_50- 75_dei_casi_a_vo_sono_asintomatici_e_molto_contagiosi-251474302/?ref=RHPPTP-BH- I251454518-C12-P10-S2.4-T1