In Europa chi mai ci ascolterà?
L'emergenza causata dai flussi migratori che fanno giungere migliaia e migliaia di disperati sulle nostre coste, raccolti in mare da navi militari e civili, ormai non riveste più alcun carattere di eccezionalità; ci troviamo ad affrontare un serissimo problema oserei dire quotidiano, con tutte le gravi implicazioni sociali, politiche, umanitarie ed economiche che lo contraddistinguono.
Tutti, tranne a quanto sembra coloro i quali improvvidamente ci governano, capiscono che non siamo nelle condizioni di affrontare da soli questa situazione esplosiva. Un milione di profughi sarebbero pronti ad imbarcarsi alla volta dellÍ'Italia. Soluzioni non è che poi ne esistan tante: o si fa in modo che i barconi dei trafficanti non possano salpare, oppure questa massa di disperati andrebbe distribuita pro quota tra tutti i paesi della UE.
La prima ipotesi appare di difficile realizzazione, perché si preferisce nascondersi dietro la foglia di fico della violazione della sovranità libica, attaccando i barconi sulle spiagge. Come se in Libia esistesse uno stato sovrano e non due differenti enclaves (una delle quali con sede a Tobruk riconosciuta internazionalmente) che controllano male e pochissimo il territorio, dominio di una pletora di tribà in perenne sanguinoso conflitto.
Come se non bastasse, nella parte centrale dell'ex colonia italiana si sono insediate bande armate dell´Islamic State. Tale situazione determina ovviamente un vuoto di effettivo univoco potere e quindi di legalità. Ma i soloni a Roma ed alle Nazioni Unite si trincerano dietro un rispetto formale della sovranità che non si capisce più da chi venga esercitata. Forse dai trafficanti di carne umana, a giudicare dai risultati dei loro raid. Un uso mirato della forza permetterebbe di infliggere loro uno stop rapido e definitivo. Ma bisogna decidere, ed il coraggio per farlo non lo troveremo nel governicchio italico né al Palazzo di Vetro.
Dovremmo quindi pensare alla seconda opzione. Fermo restando che i naufraghi vanno soccorsi in mare, sempre e comunque. A parte ogni sentimento pur doveroso di umana compassione e di carità, a parte considerazioni di natura etica e morale, ce lo impone per legge la Convenzione Internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare, ratificata dall´Italia.
Il problema si pone subito dopo lo sbarco di questi poveretti. Commettendo un gravissimo errore, Letta ed Alfano sottoscrissero il famigerato aggiornamento del Patto di Dublino, meglio noto come Dublino 3, che vieta ai profughi la libera circolazione nei paesi europei, obbligandoli a fermarsi in quello di primo approdo. Un patto scellerato, che va assolutamente cassato e rinegoziato. Ma per farlo, il governichio che ci ritroviamo dovrebbe godere di autorevolezza, dovrebbe sapersi imporre non per egoismo ma per senso di equità e giustizia, dovrebbe smascherare duramente l'enorme ingiustificato egoismo dei paesi del Nord Europa che pilatescamente si lavano le mani.
L'Italia avrebbe strumenti di pressione effettiva, se soltanto volesse e sapesse utilizzarli. Il diritto internazionale prevede la possibilità di denunciare un accordo od un patto sottoscritto, un Paese ha la possibilità di recedere a fronte di una situazione di estrema emergenza che ne metta in pericolo stabilità sociale, sicurezza delle sue frontiere. Non dimentichiamoci che siamo tra i maggiori foraggiatori di questa Unione Europea, versiamo ogni anno a Bruxelles molto più denaro di quanto ne riceviamo.
Per conto dei satrapi delle Nazioni Unite abbiamo contingenti di truppe dispiegati in varie parti del mondo, soltanto in Afghanistan abbiam sacrificato inutilmente, a mio avviso, la vita di decine di nostri soldati. Eppure due fucilieri di marina languono da tre anni ostaggi della (sic!) giustizia indiana, senza ancora aver avuto contestata una qualsivoglia imputazione. Potremmo e dovremmo quindi esigere il rispetto e la considerazione che ci sono dovuti a livello internazionale, ma per farlo avremmo bisogno di esser ritenuti autorevoli. Ahimà, non lo siamo affatto.
Antonio Ancora