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Lecce, il terzo posto rispecchia i valori: Benevento e Foggia sono più forti

A tre turni dalla fine, i giallorossi devono rialzarsi per conquistare la migliore posizione in chiave play-off. Partendo da un esame di coscienza generale

LECCE – Fermare lo psicodramma collettivo, prima che sia troppo tardi. E’ questo, oggi, il primo obiettivo in casa Lecce, scossa alle fondamenta dopo il misero bottino di due punti nelle ultime tre uscite.

Dal possibile aggancio al treno della promozione diretta a scapito del Benevento alla speranza di restare agganciati al treno play-off, il passo è stato breve. L’obiettivo più realistico è dunque quello di difendere il terzo posto, perché Casertana e Cosenza non lasciano dormire sonni tranquilli: sono in corsa e danno l’impressione di non voler risparmiare alcuna energia.

I recenti deludenti risultati hanno  lasciato nell’ambiente giallorosso uno strascico pesante anche a livello psicologico: molte convinzioni sul valore tecnico della squadra nel suo complesso stanno vacillando, così come quelle sulla tenuta atletica. Però mancano ancora tre partite e il traguardo dei play off non è lontano. La quarta nel girone A ha 56 punti, il Pordenone, mentre quella del girone B, l’Ancona, ne ha 50.

Con quattro punti di vantaggio sul Cosenza, quinto, il Lecce, che deve ancora affrontare Paganese e Lupa Castelli Romani in casa e Benevento in trasferta, può stare relativamente tranquillo di aver centrato l’obiettivo minimo. Importante però sarebbe classificarsi almeno come migliore terza per poter disputare il quarto di finale, in gara secca, davanti al proprio pubblico.

Oggi Papini e compagni si ritrovano per il primo allenamento settimanale. Si parte da subito con le porte chiuse e c’è da immaginare che il clima a Martignano non sarà dei migliori. Mister Braglia è uno che non le manda a dire, ma le dichiarazioni e le scelte delle ultime settimane – per l’esempio l’esclusione di Curiale – fanno pensare ad un preoccupante irrigidimento di alcuni equilibri nello spogliatoio.

“Faccio fatica in questo momento a trovare gente che mi dia una mano”, così ha detto a Messina. Prima ancora, e cioè dopo la gara con l’Akragas, aveva parlato di difficoltà a comprendere cosa stesse accadendo alla squadra. Un uomo esperto di calcio come lo è lui – che se potesse non parlerebbe nemmeno al di fuori dello spogliatoio - è difficile che si faccia sfuggire parole a caso. A meno che non abbia perso l’orientamento. Ci sono verità inarrivabili nel chiuso di quattro mura e non saranno le speculazioni giornalistiche a migliorare la situazione. Restano sul tappeto un paio di constatazioni difficilmente confutabili: la prima riguarda il Benevento e Foggia che giocano meglio del Lecce, corrono di più e segnano con discreta facilità. Sostanzialmente meritano di stare al vertice. Nel calcio, si sa, se è importante non prendere reti, lo è ancor di più saperle fare.

La seconda è che il Lecce può ancora fare per intero la sua parte, a condizione che tutti, a partire da Braglia, facciano un esame di coscienza: ci sono stati degli errori nell’ultimo mese. Quello che era il punto di forza di una ricorsa che pareva destinata al successo – un gruppo coeso di 14-15 elementi in grado di aiutarsi nelle difficoltà, al di là dei limiti tecnici e tattici -, appare ora una compagine che si tiene insieme per il rotto della cuffia.

La difesa scricchiola in maniera imbarazzante – Cosenza e Abruzzese hanno dismesso i panni dei marcatori attenti e arcigni per lasciare spazio ad amnesie anche gravi -, il centrocampo corre ma con poco costrutto sia in fase di interdizione che di costruzione e l’attacco troppo spesso latita dal tabellino. Per fare uno Iemmello (Foggia, 20 goal) non basta tutto il reparto offensivo del Lecce (Moscardelli 9 goal, Curiale 4 goal, Caturano 3 goal).

La fase negativa rischia di compromettere l’intera stagione, ma i giallorossi sono ancora padroni del loro destino. Tocca a loro, qui e adesso, dimostrare di essere all’altezza di una piazza che ha esibito quest’anno numeri da far invidia a quasi tutta la serie B. Dopo tre anni di delusioni, l’ultima cosa che serve sono le frasi di circostanza alle quali poi nessuno crede più.

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