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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Il cuore del Lecce batte sempre forte: 110 anni e non sentirli

Nel 1908 nasceva lo Sporting Club in via Brunetti. Da allora un secolo di gioie, sofferenze, lacrime e tanti chilometri per lo Stivale

LECCE - Sono passati 110 anni da quando un pallone di calcio rotolò per la prima volta a Lecce, con i crismi dell’ufficialità, su un pezzo di terra. Nel marzo del 1908, infatti, un gruppo di studenti fondò lo Sporting Club che poi si sciolse nel 1923.

L’Us Lecce nacque solo nel 1927, ricevendo l’eredità di due sodalizi preesistenti, Fbc Juventus e Gladiator, ma quella data, il 1908, è rimasta nello stemma del club come fondativa di una tradizione che ha trascinato dietro di sé intere generazioni e che, soprattutto dopo la prima promozione in serie A nel 1985, è diventata fortemente identitaria non solo per la città ma per una intera provincia, perché il calcio è stato il primo simbolo di riscatto collettivo di una terra marginale e abituata a essere chiusa in se stessa in un Mezzogiorno arretrato e complicato.

A distanza di così tanto tempo, con il calcio divenuto un business prima ancora che un fatto sportivo, con l’anima venduta al denaro e il corpo esibito nella vetrina globale dei social, il Lecce è una di quelle squadre che può vantare radici solide nel cuore della sua gente, al di là della categoria. Lo dimostrano i suoi tanti abbonati, da fare invidia anche a compagini della massima serie, lo dimostrano i tifosi della Curva Nord che oggi hanno incoraggiato la squadra mentre prepara la delicata trasferta di Cosenza, e che in serata hanno riempito l’anfiteatro romano in piazza Sant’Oronzo come si fa nelle migliori occasioni per ricordarsi e ricordare ai distratti che il calcio è un elemento di aggregazione e di eguaglianza. Non ci sono differenze di ceto e nemmeno culturali: sciarpa al collo e via, magari per una di quelle trasferte che per andare e tornare devi ipotecare un giorno intero di viaggio.

Il video della giornata: dallo stadio alla piazza

Il Lecce appartiene a una cordata di imprenditori locali che hanno preso in mano le redini qualche anno addietro, in una fase molto difficile, ma è un bene immateriale nel cuore di tutti i suoi tifosi: quelli di ieri, dei campi polverosi, ma anche dei palcoscenici lussuosi; quelli di oggi, condannati al limbo della serie C; quelli di domani, che ancora non sanno che un giorno avranno in eredità una maglia, una bandiera, un cappello o un cuscino appartenuto al padre e prima ancora al nonno.

Ma il Lecce è soprattutto di coloro che se ne sono andati prima del tempo: è di Michele Lorusso e Ciro Pezzella, le bandiere intramontabili rimaste vittima di un incidente stradale nel 1983, del magazziniere Antonio De Giorgi, folgorato da un fulmine durante un allenamento nel 2007, dei purtroppo tanti tifosi che sono volati via, all'improvviso: il Lecce è di Raffaele, di Fabio, di Ivan, di Mimmo, di Vincenzo, di tutti i nonni che ci hanno lasciato e che ci hanno portato per mano al Via del Mare quando ancora non c’era l’anello superiore. Il Lecce è in tutti gli autogrill di Italia, sui traghetti dello Stretto, sui voli per la Sardegna. Il Lecce è in Svizzera, Belgio, Germania, è ovunque ci sia un salentino, è tra i militari sparsi nelle missioni di pace nel mondo, è nelle università di mezza Italia e nelle fabbriche del Nord.

Intervista video al vice presidente Liguori

E allora è soprattutto per la gente comune che capitan Lepore e compagni devono fare in modo che questo sia un anno da ricordare, con la promozione tanto attesa in serie B dopo quella retrocessione d’ufficio che è stata comunque il giusto prezzo da pagare ad un mondo ipocrita, forte coi deboli e debole coi forti. Se quel mondo ha ancora un che di autentico, deve dire grazie proprio a squadre come il Lecce.

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