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Giovedì, 28 Marzo 2024
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La festa in piazza e il paradosso della legge del Ventennio: dilaga lo sgomento

Sui social network si moltiplicano esponenzialmente le condivisioni delle foto della celebrazione della salvezza del Lecce del 2011, per la quale sono stati rinviati a giudizio 39 tifosi in ossequio a una norma del 1931, in piena epoca fascista

LECCE – La decisione di rinviare a giudizio 39 tifosi del Lecce per manifestazione non autorizzata, con utilizzo di fumogeni e materiale esplodente nell’Anfiteatro Romano, ha scatenato un’ondata di reazioni e di commenti che esulano dal contesto “curvaiolo”  e che meritano qualche considerazione e margine.

I fatti sono noti: il Lecce il 15 maggio del 2011 vince a Bari il famigerato derby – quello della presunta combine che un anno dopo è costato al club giallorosso disonore e assegnazione d’ufficio all’allora Prima divisione – e nel capoluogo salentino, come di consueto, si scatenano i festeggiamenti. Salvezza in casa degli odiati cugini biancorossi, sai che goduria!

In particolare, un gruppo di tifosi, circa 150, si ritrova sotto la Curva Nord del Via del Mare, non avendo seguito la squadra in trasferta per il noto rifiuto di sottoscrivere la tessera del tifoso. E’ una posizione, questa, che ancora oggi contraddistingue gli ultras leccesi, e non molti altri, in Italia nei confronti di una normativa antiviolenza considerata vessatoria e che ha attirato sulla curva leccese non poche antipatie.

Al triplice fischio finale un corteo muove verso il centro della città, per convergere, in piazza Sant’Oronzo, dove nel giro di pochi minuti diventa bolgia, moltitudine come già altre volte in passato.

La notizia del rinvio a giudizio per i 39 che erano indagati, considerati promotori della manifestazione non autorizzata – raduno allo stadio, corteo e festa in piazza  - ha innescato la diffusione sui social di una foto fatta con un drone nel quale si vede tutta l’area dell’Anfiteatro Romano, comprese le vie adiacenti, ricolma di persone. A migliaia.  E a centinaia la stanno condividendo aggiungendo frasi come “C’ero anche io” oppure “Io ero il quarantesimo”.

In effetti mancavano davvero in pochi in quel catino straboccante di felicità, tutti o quasi. Grandi e piccini, tifosi accaniti e semplici simpatizzanti desiderosi di vivere il folklore di una festa, magari anche turisti giapponesi.

La contestazione, tecnicamente, si basa sull’applicazione pedissequa dell’articolo 18 del Testo unico di pubblica sicurezza del 1931, una di quelle eredità del Ventennio fascista che inspiegabilmente sono rimaste in vigore: la norma fu pensata per scoraggiare qualsiasi forma di espressione del dissenso, nell'ambito di un'azione orchestrata politicamente nel chiaro intento di ridurre le opposizioni al silenzio. 

Un obbrobrio insensato che genera situazioni kafkiane e che peraltro appare soggetto alla massima discrezionalità perché in alcune situazioni, come le manifestazioni non autorizzate dei lavoratori e talvolta anche degli studenti, si chiude giustamente un occhio, nonostante paralisi del traffico e disagi vari.

Allora la cosa più sensata, in questa storia, appare la prescrizione che si abbatterà sul processo a maggio, esattamente a cinque anni dall’episodio incriminato.

Sulla vicenda, nelle sue varie tappe, si sono espressi anche alcuni esponenti politici, soprattutto coloro che per storia personale hanno vissuto e vivono lo stadio con assiduità. Tra questi l’assessore del Comune di Lecce, Alessandro Delli Noci, che sul proprio profilo Facebook ha così commentato la notizia del rinvio a giudizio, al rientro da un viaggio all’estero: “Peraltro, non si riesce a comprendere come avrebbero potuto i tifosi chiedere preventivamente l’autorizzazione allo svolgimento di una manifestazione senza sapere quale esito avrebbe avuto la gara. Insomma, questa vicenda è a dir poco singolare e necessita di un ripensamento. Così facendo, infatti, si finisce per colpire al cuore i tifosi e un’intera città che da sempre vive di slanci e di passioni per la squadra giallorossa. Sapere oggi che 39 persone vanno a processo per i festeggiamenti è inverosimile. Quel giorno a festeggiare nell'Anfiteatro Romano c'ero anche io”.

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