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Martedì, 16 Aprile 2024
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Addio Raffaele Anguilla: cuore e classe sui polverosi campi degli anni '40

S'è spento, a 98 anni, un mito del calcio leccese. Centravanti di grande eleganza, a cavallo della Seconda guerra mondiale, non andò all'Inter di Meazza solo per un problema burocratico. Negli anni successivi fu anche vicesindaco

LECCE – Si dice che le vecchie bandiere siano immortali. Raffaele Anguilla era forse un gradino più in su, solo fino a ieri un monumento vivente delle origini del football, nella mente dei giovani tifosi visto in una romantica sfumatura in bianco e nero, avvolto da un alone fiabesco, un affresco estatico che si formava davanti ai racconti dei nonni, mentre narravano di antiche battaglie sul polveroso manto del “Carlo Pranzo”.

Anguilla se n’è andato dopo quasi un secolo di vita, in punta di piedi, lui che con i piedi aveva attirato persino le attenzioni di un’Inter che aveva all’epoca in un “certo” Giuseppe Meazza il suo diamante. Il provino andò bene e se non passò in nerazzurro fu solo per un problema burocratico: non riuscì a svincolarsi. Un aneddoto che raccontò egli stesso, tradendo un pizzico di sincera emozione, ai giornalisti Enzo Bianco e Antonio Corcella, autori, a ridosso della prima, storica, promozione in serie A targata 1985, del volume “Lecce ottant’anni d’Amore”.

Il volto di Anguilla è riapparso immenso e stilizzato nel 2008, anno del centenario, fra manifesti e cartoline commemorative, in mezzo ad un’altra manciata di ex calciatori, tecnici, dirigenti che hanno scritto la storia locale sul campo, e non in senso metaforico. Era facile però imbattersi in lui ancora di recente, mentre passeggiava per le vie di Lecce, sempre sorridente, lucido, arguto, in una forma smagliante.

Esiste una pagina su Wikpedia, dedicata a lui. Ricorda a tutti che per la città, Raffaele Anguilla, è stato anche di più, un uomo impegnato. “Laureato in scienze politiche, ha ricoperto anche numerosi ruoli politici e istituzionali. E’ stato, infatti, dirigente per la cooperazione nell'ispettorato della riforma fondiaria e membro della commissione di vigilanza della prefettura sulle cooperative oltre che responsabile per lo sport nel provveditorato agli studi di Lecce”. E poi, un personaggio che ha dedicato parte della sua avventura in questo mondo alla politica attiva. Nel consiglio comunale leccese è stato eletto in quattro legislature, ricoprendo anche incarichi quali quello di assessore alle finanze e vicesindaco.

Per tutti, però, resterà per sempre quel centravanti di bassa statura, esile e sfuggente, interprete elegante di un calcio, a cavallo del secondo conflitto mondiale, tutto cuore e cervello, ben lontano dalle attuali esibizioni muscolari che troppo spesso sopperiscono all’assenza di carattere.

Classe 1915, iniziò appena quindicenne nel Lecce, sotto l’ala di un maestro del calibro di Ferench Plemich, ungherese. E all’epoca, i magiari dettavano legge nel mondo del calcio. Proprio in quegli schemi innovativi, Anguilla trovò la sua massima fama. Tornato dal fronte, fece parte dello “squadrone”, come viene ricordato, della stagione 1945-46, che riportò la città in serie B dopo un’epoca di declino, dominando quasi incontrastato ogni avversario, spesso costretto a vere batoste: doppio 6-2 al Molfetta, 6-0 al Foggia, 6-1 al Barletta, 5-0 in casa e 5-1 in trasferta con l’Altamura, persino un perentorio 10-0 sulla malcapitata Liberty. La squadra fu portata in trionfo lungo le vie di Lecce dopo la vittoria decisiva, in casa dell’Arsenal Taranto, per 1-0. La stagione successiva, fu lo stesso Anguilla a sedere in panchina, da allenatore. La formazione raggiunse un onorevole quarto posto.

Oltre alla casacca giallorossa e al famoso provino a Milano, Anguilla vestì anche le maglie di Brindisi, Bari e Spal. Sull’esperienza ferrarese ricordò, con orgoglio, nel già citato libro, anche un articolo de “La Gazzetta dello Sport”, in cui fu definito “un centravanti di classe” da uno dei più autorevoli cronisti dell’epoca. Ha fatto parte anche di varie rappresentative regionali e non partecipò ad una convocazione della nazionale azzurra di serie B solo a causa di un’indisposizione. Nel marzo del 2007 è stato insignito della stella al merito sportivo del Coni. Lascia la moglie Silvana e i figli Giulio e Giuseppe, entrambi medici. E lascia, alla città, il ricordo indelebile di un uomo che ha dedicato la vita allo sport, ai suoi principi più intimi e veri, oggi quasi dimenticati, in tempi d’isteria, denaro facile, vergognose magagne. Le esequie si terranno domani mattina alle 10 presso la chiesa di Santa Lucia, a Lecce. 

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