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Ma la vita va avanti, e il campionato pure

E' difficile parlare di calcio in queste tristi ore. Ma intanto il treno della B continua a correre veloce. Domani la ripresa, bisogna pensare alle prossime scadenze. I problemi, quelli di sempre

Non vola sicuramente al campionato il pensiero del Lecce. Lo sgomento per la tragica fatalità che ha strappato la vita all'aiuto magazziniere Antonio De Giorgi grava come una pesante cappa sullo stato d'animo della squadra, stretta attorno alla famiglia per un amaro estremo saluto, in una chiesa gremita, quando tutto il resto della B già scaldava i tacchetti per l'agone. I messaggi di cordoglio, sentiti, veri, commossi, sono rimbalzati in questi giorni sui forum on-line degli sportivi leccesi, https://www.wlecce.it e https://www.leccecalcio.net. Attestati di vicinanza sono giunti dalle tifoserie di tutta Italia, comprese quelle divise dai salentini da rivalità storiche. Tanti, tantissimi anche quelli dei "cugini" baresi. Sotterrata l'ascia di guerra, lo sport si è riunito nel lutto, quello spirito competitivo troppo spesso nutrito d'ira e parossismi è stato riposto in un angolo per lasciare il campo alla riflessione ed ad un dolore tanto composto, quanto carico di significati. Il primo sabato di novembre calcistico a Lecce è iniziato in un silenzio assordate, mentre sui binari del campionato correva veloce il resto del convoglio della B. Si salta a piè pari l'impegno di Cesena e si guarda avanti, in attesa di conoscere la data del recupero.

Già, uno sguardo avanti. C'è il Modena, come prossimo avversario, e c'è quel gap che si allarga rispetto al resto delle formazioni di testa. Lo stop amplifica ancora di più lo strappo fra le cifre del Lecce e quelle di chi lo precede. E' un'illusione ottica, certo, perché il recupero di Cesena-Lecce rimarginerà la ferita, a patto che i giallorossi siano in grado di fare propria una gara sulla carta decisamente alla portata. Sulla carta, appunto. Perché quei tre punti che dividono oggi i salentini dal Bologna, che diventano un fossato rispetto ai 27 di Chievo e Brescia, un abisso se confrontati ai 28 del Pisa ed ai 29 dell'Albinoleffe, rimandano con la mente al rovinoso finale della sfida con il Grosseto. Un dominio incondizionato, anche se con valori reali che sono emersi alla distanza, specie nella ripresa, che però non ha portato frutti. E non tanto per lo scivolone di Fabiano completato da quello di Schiavi, quanto per via di quell'endemico, un po' fastidioso vizio di non riuscire a chiudere i giochi in tempo utile per evitare i rischi dell'assedio finale, quando saltano gli schemi e la foga della contesa può trasformare anche i piedi più piallati dell'ultima riserva del pianeta in prodigiose macchine da gol.

Altrove, invece, sembra tutto un inno allo sfondamento senza pietà delle reti avversarie. La 13esima giornata ci regala un Albinoleffe formato panzer d'assalto capace di trapassare la Triestina con cinque affondi, un Chievo rullo compressore che passa per quattro volte sul Messina, ma anche un Bologna cinico quanto basta proprio a Modena ed un Pisa in versione "Brazil" (3 a 1 in casa del Vicenza). Solo il Brescia resta a secco, ma guadagna comunque un punto a Bari, in una gara tutt'altro che semplice, e resta sempre la squadra da battere. Eppure, a ben guardare il potenziale offensivo del Lecce, formazione che si concede il lusso di un Valdes in panchina, è a dir poco invidiabile. Cosa manchi ai giallorossi per trovare quell'abbondanza che i tifosi auspicano, è oggetto di discussioni animate nei salotti televisivi, come nei bar. Ed è inutile negarlo: non tira una gran bell'aria. Con il Grosseto gli attaccanti, a turno, hanno fallito l'opportunità di dilagare in più occasioni, ma - e questo soprattutto in altri frangenti -, s'è vista finora la mancanza proprio di quelle caratteristiche che lo scorso anno diedero una svolta ad una stagione altrimenti del tutto fallimentare: la spinta sulle fasce e le geometrie centrali.

Zanchetta è l'ombra di se stesso, molto diverso dall'ispiratore della manovra che i più si aspettano, oltre che dal leader carismatico che una squadra di successo necessita. Piacerebbe vederlo urlare e strappare i capelli ai compagni nei momenti di difficoltà, e non tirare i remi in barca per poi recitare un parziale "mea culpa" a giochi fatti (vedi Lecce-Spezia). Allo stesso tempo, Angelo dimostra eccellenti doti di corridore, ma eccessive difficoltà nel saltare l'uomo e servire preziosi assist. E qualcuno piange l'acerbo, ma spesso più efficace suo connazionale Tesser, lasciato andare ad inizio stagione. Tanto più che sulla destra le alternative reali non esistono, a meno di non voler reinventare nel ruolo l'eclettico Ariatti. Papadopulo punta allora, e molto, sul rapido recupero di Giuliatto almeno per la fascia sinistra. Non un caso che dal suo piede sia partito il traversone che ha generato il vantaggio con il Grosseto. Ma questo non è sufficiente a garantire una tenuta perfetta. Il Lecce appare oggi una compagine dal potenziale esplosivo, ma monco in alcuni suoi reparti vitali. Ma c'è anche un'altra cosa, che forse manca: il sostegno caloroso ed esplosivo del pubblico. Una Nord volontariamente spogliata di colori prova comunque a dare la spinta, ma il resto dello stadio mantiene spesso una forma di distacco diffidente ben lontano dai fasti di un tempo.

Segno dei tempi, anche qui il calcio puzza di bruciato, e non perché via siano stati scandali, ma perché l'onda lunga del marcio ha investito tutto e tutti. Ora è arrivata anche questa brutta storia, con tutto il suo triste sapore della disgrazia illogica, per la quale non esistono parole. E' senz'altro difficile tornare a parlare di palloni che rotolano e schemi tattici. La vita però avanti, il campionato pure. Dare una risposta sul campo e sugli spalti, vera, può essere un modo per schiarire quella patina di opacità indefinibile che è piombata sul "Via del Mare".

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