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Il Lecce ritrova la tempra e smentisce le prime Cassandre della stagione

Percepita quasi come l’ultima spiaggia, la gara di Torino ha restituito il senso della ragionevolezza: i giallorossi sono vivi, giocano anche bene e sanno vincere

LECCE – Dallo sconforto abbinato a una sorta di prematura rassegnazione all’entusiasmo irrazionale il passo è breve. Le “discese ardite e le risalite” cui i tifosi del Lecce sono abituati sono riaffiorate in questo scorcio iniziale di campionato: dopo le due sconfitte con Inter ed Hellas Verona, soprattutto dopo quest’ultima, nell’immaginario giallorosso si stava delineando una retrocessione in periodo natalizio e una fine parecchio anticipata della luna di miele con mister Liverani, per qualcuno già seduto su una panchina incandescente. Con l’exploit allo Stadio Olimpico Grande Torino, invece, l’euforia è schizzata fuori dalle orbite e quelli che erano considerati giocatori lenti, mediocri, inadatti al grande palcoscenico, sono improvvisamente diventati supereroi.

Nel volgere di due settimane, questo è chiaro, non ci possono essere trasformazioni repentine: chi non era un brocco ieri, non è certo diventato un campione oggi. La vittoria – ripetiamo, meritata – del Lecce contro i granata è figlia del primo vero periodo di allenamento al completo di tutto l’organico, eccezion fatta per gli infortunati di lungo corso e per Giannelli Imbula che ha bisogno di un po’ di tempo per rimettersi in sesto. La condizione fisica è complessivamente progredita: il Lecce ha corso e lo ha fatto anche bene, recuperando molte seconde palle e lottando con piglio. Sono migliorate le trame di gioco, più fluide, più partecipate in maniera corale. Più di ogni altra cosa però, è sembrata determinante la determinazione mostrata da Lucioni e compagni: se contro l’Inter i giallorossi si erano concessi il lusso di essere belli, almeno per venti minuti, senza preoccuparsi più di tanto del risultato, con gli scaligeri avevano fallito proprio l’approccio alla gara, sentendo probabilmente la pressione di un ambiente giustamente infuocato dopo il lungo purgatorio degli anni scorsi.

Dallo Stadio Olimpico Grande Torino - foto Chilla

Richiamati sul piano dell’orgoglio e della disciplina tattica dal loro allenatore, i calciatori salentini sono scesi in campo senza sudditanza e non hanno mai perso quella concentrazione che ha consentito di cavarsela anche nei momenti più difficili del match. Il Toro, pur non brillante, ha battagliato e spinto, a tratti pure con veemenza, ma il Lecce non si è mai disunito e, mantenendo le giuste distanze tra i reparti, ha sempre di più messo alle strette gli avversari puntando sulla qualità del palleggio, una vera e propria ossessione per il suo allenatore. C’è di più: il lungo spezzone di gara – quasi 40 minuti – disputato da Babacar ha confermato la speranza covata al suo arrivo nel Salento: quella di avere, grazie a lui, maggiore fisicità quando è necessario risalire il campo e una costante capacità di attaccare la profondità quando nel momento in cui la squadra si distende in avanti. Con il senegalese pienamente calato nel ruolo, la varietà di soluzioni offensive a disposizione di Liverani potrà davvero diventare interessante.

Servirà comunque del tempo prima di un giudizio verosimile: quelle sette, otto giornate che il tecnico ha indicato come scadenza del periodo di incubazione non sono indicate come alla ricerca di un alibi preventivo, ma rappresentano il tempo necessario per conoscere bene le qualità, fisiche e tecniche, dei singoli e per mettere insieme un dispositivo efficiente, dove tutti gli ingranaggi siano al posto giusto in un complesso ampiamente rinnovato. Pazienza ed equilibrio dunque, come Liverani ha sempre detto dal primo giorno di insediamento sulla panchina del Lecce.

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