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Razzia di cetrioli di mare dai fondali protetti. Sequestrati sette pescherecci

Indagate nove persone, il reato contestato è di inquinamento ambientale. Le oloturie sono molto ricercate sui mercati asiatici

GALLIPOLI – La guardia di finanza e la capitaneria di porto di Gallipoli hanno effettuato in queste ore il sequestro, su disposizione del procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, di sette pescherecci.

Oltre a questi, sono finiti sotto sequestro i locali utilizzati per lo stoccaggio e la lavorazione di organismi marini, questi ultimi riconducibili alla "Pizzamarina Srls", società con sede legale a Gallipoli. Al centro della vicenda ci sono, appunto quelle che nel dialetto salentino vengono anche chiamate pizze marine, le quali altre non sarebbero che le oloturie.  

Nove le persone accusate di inquinamento ambientale: sono ritenute responsabili, dunque, di aver fatto razzia di oloturie – conosciute anche come cetrioli di mare – dai fondali delle aree marine protette e sottoposte a vincolo della costa ionica della provincia di Lecce. Ulteriori verifiche sono state condotte presso cooperative di pescatori attive, oltre che a Gallipoli, a Vernole, Melendugno, Lecce e Castro ma anche in aziende con sede nelle province di Brindisi e Taranto.

Sotto inchiesta sono finiti Daniele Quintana, 35enne di Gallipoli, legale rappresentante della "Pizzamarina Srls"; Alessandro Frabetti, 57enne di Nardò; Damiano Barba, 46enne di Gallipoli; Cosimo Carroccia, 49enne di Gallipoli; Pietro Carroccia, 52enne di Gallipoli; Salvatore D'Aprile, 48enne di Nardò; Gigino Giovanni Stapane, 48enne di Nardò; Gabriele Faenza, 32enne di Gallipoli; Luigi Fiore, 40enne di Gallipoli.

Frabetti, Barba, D'Aprile, Stapane e Fiore sono associati alla cooperativa "Il Delfino" di Vernole. Cosimo Carroccia a "Il Faro", la stessa alla quale era associato in passato anche Faenza. Pietro Carroccia, ha una ditta individuale.   

Dalle indagini – partite da un sequestro di un grosso quantitativo da parte della guardia costiera risalente al dicembre scorso e delegate anche alle "fiamme gialle" - è emerso che i cetrioli venivano venduti a società greche che a loro volta facevano affari sui mercati asiatici dove le oloturie sono ricercate non solo a scopo alimentare ma anche per essere impiegate nel settore cosmetico. 

L'attività investigativa non è certo chiusa perché appare credibile l’ipotesi di un business economico illecito condotto su scala internazionale. Sempre più frequenti sono infatti gli interventi e i sequestri sul territorio pugliese, e non solo, che hanno dimostrato come il percorso verso i mercati asiatici passi essenzialmente dal porto di Bari.

Di certo c’è che l’attività predatoria dell’uomo mette in serio pericolo l’ecosistema marino e da questa premessa parte la contestazione di inquinamento ambientale che rappresenta una novità in relazione alla specie oggetto delle indagini: le oloturie, infatti, sono organismi che “ripuliscono” il fondale dai sedimenti in cui sono presenti batteri e altri patogeni. In questo senso uno studio scientifico del Cnr è stato acquisito dagli inquirenti.

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