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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Shopping in centro con il vizio del furto. Nei guai due sorelle, una è avvocato

Le due donne, 40enni, avevano adottato una tecnica piuttosto abile, basata sul mettere disordine nei negozi, provando un capo dopo l'altro, per poi farne "sparire" qualcuno. L'aspetto che ha colpito la polizia è stata l'assenza di una vera necessità: non si tratta di persone indigenti

NARDO’ – E’ vero, c’è la crisi. Morde e fa paura. Ma è difficile credere che sia stata davvero l’indigenza a muovere due donne, sorelle, una delle quali esercita nientemeno che la professione di avvocato, ad infilarsi in un tunnel di guai per rubare capi firmati. Specie se si consideri che, quando la polizia ha scoperto gli abili trucchi da imbonitrici adottati per raggirare un paio di commercianti, bussando alle porte di casa delle due donne, non ha potuto fare a meno di notare che, mentre erano in giro a fare “shopping”, secondo un’accezione un po’ personale del termine, la colf era tranquillamente al lavoro in una delle loro abitazioni.

Insomma, difficile credere che, chi sia in grado di mantenere una collaboratrice domestica, non abbia poi i soldi per vestire se stesso e i figli. Già, i figli. Loro malgrado, c’entrano, in questa storia, perché per negozi le donne andavano con bimbi in tenera età al seguito. Davvero una vicenda curiosa e, nello stesso tempo, sconfortante. A denunciare a piede libero Z.M. 43enne, e Z.I. 40enne, per furto di capi d’abbigliamento, sono stati gli agenti di polizia del commissariato di Nardò.

Originarie di un paese vicino a Nardò, le due si sarebbero presentate in un negozio del centro neretino per acquistare felpe. Con loro, i due bimbi. Dopo averne visionate varie, la scelta sarebbe ricaduta su alcuni capi. E qui si sarebbe innescato il diabolico espediente, basato – si potrebbe ironicamente dire – sul cosiddetto principio d’entropia. Infatti, mentre una avrebbe intrattenuto il titolare con varie richieste e informazioni su altri abiti, l’altra li avrebbe provati, prendendoli personalmente dagli scaffali.

Qui il bello. Tutta l’operazione della prova sarebbe durata un po’ di tempo, nel corso del quale si sarebbe generato un certo disordine, a causa dei vari capi provati e non rimessi a posto. Insomma, trascorsi una ventina di minuti, non avendo trovato di gradimento alcun capo, “arrivederci e grazie lo stesso”. Poi, via dalla porta.

Riponendo la merce a posto, però, il commerciante si sarebbe accorto che, sebbene nel camerino di prova non vi fossero capi, su di uno stand due grucce si presentavano mirabilmente vuote. Il momento della rivelazione. Materializzatasi l’idea di aver subito un raggiro bello e buono, con sparizione di due felpe, ha composto il 113.

Dopo veloci accertamenti e grazie anche ad acquisizioni testimoniali, gli agenti del commissariato di Nardò sono riusciti a ricostruire preziosi particolari. Scoprendo con quale utilitaria le due sorelle si fossero allontanate e, quindi, anche l’identità. Gli agenti si sono fiondati verso le abitazioni delle due donne, attendendo il rientro, e non usando una pattuglia di servizio, che avrebbe destato sospetti, ma un’anonima auto “civetta”. Ragion per cui, la sorpresa delle sorelle è stata grande quando, persone in borghese si sono qualificate come agenti ed hanno iniziato a porre domande scomode. Le due donne, inizialmente, avrebbero negato tutto, per poi contraddirsi e, infine, arrivare a una confessione.

L’aspetto ancor più singolare, però, è che, durante la perquisizione, non solo sono state ritrovate le due felpe, per un valore totale di 240 euro, con i talloncini del prezzo ancora intatti, ma è spuntato fuori anche un altro capo, questa volta da bambino, da 60 euro, anche questo con il talloncino del prezzo di una nota marca d’abbigliamento per bimbi.

Insomma, il giorno prima di rubare le due felpe, le donne avrebbero fatto “visita” presso un altro negozio, in questo caso specializzato in abbigliamento per l’infanzia, adottando la stessa tecnica del “disordine”. Ed era riuscita talmente bene che, che la proprietaria non si era accorta di nulla. Solo dopo che la polizia l’ha messa in guardia dal fatto che potesse essere stata derubata, facendo un riscontro con il codice a barre del talloncino, la commerciante s’è accorta che la felpa risultava telematicamente nel negozio, ma in realtà si trovava presso l’abitazione delle due abili signore.

Acquisite le denunce di furto dei titolari degli esercizi commerciali e ricostruiti i fatti, le due sorelle sono state deferite per furto aggravato e continuato in concorso tra loro. Sono scampate all’arresto perché incensurate. La merce è stata restituita alle vittime dei furti. E per fortuna, si può dire, il vizio è stato stroncato al secondo "colpo" accertato. Altrimenti, si può pensare che nell'euforia generata dalla presunzione di non essere mai scoperte, avrebbero potuto agire ancora.

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