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Giovedì, 28 Marzo 2024
Nardò Nardò / Piazza Pio XI

Migranti, lavoratori senza diritti: Cgil ripercorre la sua lotta a Nardò

Un convegno organizzato dal sindacato, fa il punto della situazione sui risultati ottenuti nella tendopoli di Nardò, e quanto resta da fare. Per la Flai Cgil, "il reato di caporalato deve essere esteso alle imprese"

NARDO' - Se Nardò, con la sua tendopoli stagionale, è la nave scuola per sperimentare un nuovo modo di intedere la vita e il lavoro dei migranti, da qui è partita la Cgil per aderire alla giornata nazionale di mobilitazione contro il razzismo e i diritti di immigrati, rifugiati e sfollati.

Piazza Pio XI ospita, oggi, un'intesa giornata di dibattito, spettacoli e musica organizzata dal sindacato che ha aperto i lavori con un convegno tematico in cui erano presenti i principali esponenti di Cgil e Flai Cgil, insieme a Nunzia Baglivo di Emergency Puglia ed Yvan Sagnet, il bracciante capofila della rivolta delle angurie, ora delegato sindacale.
 
La prospettiva del discorso è talmente ampia da abbracciare periodi storici lontanissimi, fenomeni criminali, sensibilità umane e diritti fondamentali. Senza dimenticare il mondo delle imprese che "mantiene un atteggiamento di deresponsabilizzazione e negazione della piaga del caporalato, - spiega il segretario nazionale Pietro Soldini – a metà strada tra la connivenza e il proprio comodo". Il reclutamento di manodopera a basso costo nelle aziende agricole e nelle campagne (ma la recente cronaca, ci insegna, anche nei campi fotovoltaici) avviene troppo spesso ai margini della legalità: ma se gli intermediari illeciti del lavoro, da agosto sono perseguibili penalmente – "grazie all'intenso pressing del sindacato", rivendicano tutti – le aziende continuano a farla franca.
 
"Si lavora nella direzione di prevenzione del fenomeno, attraverso un percorso alternativo che metta in campo sinergie e collaborazioni tra enti, istituzioni, sindacato e filiera produttiva. – aggiunge il segretario – A livello legislativo, manca però, ancora, un' efficace tutela delle vittime". Chi si espone rischia il posto di lavoro, quella misera paga e quindi il rimpatrio, mentre "una denuncia dovrebbe essere la premessa per ottenere un permesso di soggiorno temporaneo".
 
Il dibattito è stata l'occasione per ricorrere a ritroso, le tappe della lotta bracciantile che in Puglia, al prezzo del sangue e della vita, ha permesso l'emancipazione delle famiglie dei contadini. Ma nell'Italia del nuovo millennio, ora che i braccianti italiani sono diventati i nuovi schiavi stranieri, "gli immigrati rimangono il capro espiatorio di situazioni complesse, ancora vittime dell'odio razzista e dell'imbecillità umana, privi dei più elementari diritti come quello alla cittadinanza, ancora negato ai figli nati in Italia", sottolinea il segretario nazionale Flai Cgil, Gino Rotella.
 
Persino la convenzione varata nel '90 dall'Onu sui diritti dei migranti, vent'anni dopo non è stata ratificata da nessuno Stato membro, "neppure dall'Italia che l'aveva proposta", denuncia Soldini. Tutto, comunque, è davvero cominciato a Nardò. Quella mattina all'alba del 30 luglio, con una rivolta dei braccianti delle angurie prossima alla degenerazione in violenza, ricorda Antonio Gagliardi, segretario Flai Cgil Lecce. La protesta incanalata e guidata dal sindacato, ha raggiunto risultati quasi insperati. Ma insufficienti. Bisogna lavorare sull'accoglienza e rendere le liste di prenotazione un'opportunità per le imprese. Il reato di caporalato deve investire le aziende. E il lavoro nero, quello che si confonde con la schiavitù, dovrebbe diventare un ricordo del passato. Così anche Nardò, l'anguriopoli del Salento, diverrebbe quel progetto pilota di legalità sul lavoro e umanità che ambisce a diventare.

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