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Antica forma di leucemia “studiata” su scheletro del parco archeologico di Vaste

L’Università del Salento al lavoro per approfondire la scoperta di una delle più antiche evidenze di leucemia in Italia sui resti ossei ritrovati nel complesso paleocristiano di Fondo Giuliano nella frazione di Poggiardo

VASTE (Poggiardo) - Dalle indagini analitiche sui ritrovamenti ossei nel sito archeologico di Vaste di Poggiardo emerge una delle più antiche evidenze di leucemia in Italia. Gli esami su uno scheletro di un uomo adulto, ritrovato nel complesso paleocristiano di Fondo Giuliano nel territorio di Vaste, confermano questo dato che ha ovviamente generato l’attenzione e l’approfondimento di studiosi e ricercatori sul campo. Numerose piccolissime aree di lesione diffuse su vertebre, coste, cinto scapolare e ossa lunghe compatibili con una forma di leucemia: sono questi i riscontri rivenienti dallo scheletro di un individuo maschio adulto di 40-50 anni ritrovato nell’area archeologica di Poggiardo.

Una scoperta che rientra nel contesto delle ricerche archeologiche dirette dal professor Giovanni Mastronuzzi, del dipartimento di Beni culturali dell’Università del Salento, su concessione del ministero, e che attesta una delle più antiche evidenze di leucemia in Italia. L’importanza del dato appurato ha meritato anche l’attenzione della rivista scientifica “The Lancet-Oncology”, che nel fascicolo di dicembre ha pubblicato la presentazione di tale scoperta.

Fin dal 1991 il laboratorio di Archeologia classica dell’Università del Salento sta conducendo delle ricerche archeologiche nell’ambito del complesso paleocristiano di Fondo Giuliano, a Vaste. Gli scavi hanno riportato già alla luce una chiesa edificata nella seconda metà del IV secolo e un cimitero di un migliaio di tombe. Le ricerche sono state avviate dal professor Francesco D’Andria e sono ora dirette, appunto, dal professor Mastronuzzi.

L’ultimo studio antropologico è stato condotto dalla dottoressa Giorgia Tulumello, che vi ha lavorato nell’ambito del percorso di dottorato di ricerca in Scienze del patrimonio culturale. Nei prossimi mesi, all’interno di un volume monografico dedicato al complesso paleocristiano di Vaste e curato sempre dal professor Giovanni Mastronuzzi e da Valeria Melissano, la dottoressa Giorgia Tulumello continuerà le analisi sui resti antropologici, approfondendo problematiche relative all’alimentazione in collaborazione con l’Università di York.

“Le collaborazioni avviate nel corso della ricerca hanno consentito di impostare il lavoro in una prospettiva interdisciplinare, per affrontare in maniera sistematica i numerosi quesiti che pone lo studio di una popolazione antica”, spiega il professor Mastronuzzi, “del resto il sito di Vaste offre un contesto straordinario, quasi unico al mondo, per la consistenza numerica delle attestazioni, per lo stato di conservazione dei resti e per le modalità rigorose con cui si è svolto lo scavo archeologico. In generale, le osservazioni sull’assetto del cimitero, sui resti scheletrici e sui manufatti che accompagnavano la deposizione dei defunti restituiscono l’immagine di una popolazione longeva e in buono stato di salute”.

L’ulteriore collaborazione con la divisione di Paleopatologia dell’Università di Pisa (referenti la professoressa Valentina Giuffra e la dottoressa Simona Minozzi) ha consentito di sviluppare anche una linea di indagine connessa alla salute della popolazione di Vaste e al riconoscimento di malattie che lasciano tracce sull’apparato scheletrico. La scoperta in questione è stata possibile con il supporto della dottoressa Giulia Riccomi. La possibile diagnosi di leucemia, sebbene difficile nei resti scheletrici, è stata supportata dall’analisi istologica condotta dalle dottoresse Marisa Falduto e Ivana Verboso dell’ospedale Papardo di Messina-dipartimento di oncoematologia, e da quella al microscopio elettronico a scansione condotta dalle professoresse Alessandra Genga e Tiziana Siciliano dell’ateneo salentino.

La rilevanza scientifica dei dati di Vaste emerge nel contributo alla mappatura geografica e storica delle attestazioni di neoplasie nelle popolazioni antiche. “Altrettanto importante” conclude Mastronuzzi, “è il modo stesso con cui è stato svolto lo studio, dimostrando come un lavoro congiunto e coordinato di enti di ricerca conduca a risultati di grande valore”.

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