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Baby dosi di cocaina a 12 anni, è allarme sociale. Leone: "Intervenire subito"

Droga, alcol, gioco d'azzardo. Il direttore sanitario della Comunità Emmanuel spiega che gli adolescenti sono i più esposti: "Serve la prevenzione in famiglia e a scuola"

LECCE – Sono 123 le persone che combattono con le dipendenze ad un livello talmente grave da essere sottoposte ad un trattamento residenziale. Alcol, droghe, gioco d'azzardo. Minori, adulti problematici, padri di famiglia. Il quadro dei ricoveri, fornito dalla Comunità Emmanuel di Lecce che si occupa di ogni forma di fragilità, spaventa.

Il 20 percento di chi telefona all'associazione, che ha una sede lungo la strada Lecce – Novoli, e sceglie di farsi assistere da una equipe di medici, psicologi e professionisti, vive attaccato alla bottiglia.

Due volte alla settimana, in sede, si organizzano gruppi di ascolto e aiuto per i giocatori d'azzardo che arrivano in comunità troppo spesso a cose fatte. Quando le famiglie, ormai ridotte sul lastrico e piegate da un profondo senso di vergogna sociale, chiedono aiuto. È la disperazione a spingerle. E per loro si organizzano delle riunioni mensili ad hoc. Lo scopo è quello di fornire supporto psicologico e strumenti utili a uscire, tutti insieme, dal lungo tunnel.

“Spesso vedo figli distrutti accompagnare i padri da noi – spiega lo psicoterapeuta Vincenzo Leone – ma nel caso delle dipendenze da sostanze stupefacenti la situazione si ribalta completamente: in questo caso sono i famigliari ad accompagnare i figli. Alcuni molto giovani, nel cuore dell'adolescenza, alle prese con disordini di memoria, problemi psicologici, disturbi dell'attenzione e tutto il campionario conseguente che comprende anche episodi psicotici”.

Leone è anche il direttore sanitario di una delle sei aree di intervento in cui si struttura la Comunità Emmanuel di Lecce: quella delle dipendenze. Racconta di quando ha iniziato, nel lontano 1983 e l'uso di sostanze era limitato ad un piccolo segmento della popolazione: “I tossici erano pochi e visibili, li incontravi alle 14.00 in alcune piazze di spaccio o in certi bar. Erano conosciuti e intorno a loro c'era un alto livello di attenzione e preoccupazione sociale”.

Cosa è successo nel giro di 30 anni? “Oggi le persone che usano droghe sono ovunque e sono invisibili, il fenomeno è aumentato esponenzialmente e non crea più tutto quel clamore. Si respira un clima di rassegnazione e di maggiore tolleranza”.

Soprattutto è drasticamente calata l'età media dei consumatori. Ed è questo a fare più terrore: “In comunità abbiamo ragazzi di appena 16 anni che fanno uso abituale di cannabis e vengono portati dai loro genitori allarmati dal comportamento dei figli. Nei casi meno gravi seguiamo a distanza questi adolescenti, creiamo una relazione costante con loro informandoci sulle attività che svolgono, dallo sport alla vita sociale: diventiamo allenatori della loro vita. Ai genitori spieghiamo invece come intervenire, quando è il caso di drammatizzare e quando no. E soprattutto offriamo loro gli strumenti, anche pedagogici, per comprendere la delicata fase dell'adolescenza. E quindi i loro figli”.

Ma nel campionario di situazioni, si contano casi anche ben più gravi: “Nell'anamnesi dei pazienti riscontriamo che il consumo di cocaina e altre sostanze pesanti inizia addirittura a 12 anni. Il nuovo target degli spacciatori è quello dei ragazzini delle scuole medie: a loro propinano le cosiddette baby dosi di cocaina, con un dosaggio pari a un quarto di grammo, in modo da fidelizzarli. Si costruiscono, in questo modo, una platea di adulti definitivamente dipendenti. Il dramma è che l'uso di sostanze stupefacenti, come anche dell'alcol, in tenera età, ha effetti ancora più gravi. Il cervello di un giovane sotto i 20 anni, è in formazione e l'adolescente è estremamente vulnerabile. Lo sanno bene gli spacciatori, che puntano proprio su di loro”.

Analogo discorso vale per l'eroina o per il crack: “Abbiamo incontrato persone che erano addirittura convinte che inalare o fumare queste sostanze fosse meno pericoloso che iniettarle. In altre parole, non si definivano dipendenti perché non si bucavano”.

L'altra piaga sociale, mai debellata, è quella dell'abuso di sostanze alcoliche: “Anche in questo caso c'è chi inizia a bere prestissimo e chiede aiuto quando ha già sviluppato gravi disturbi al fegato. Se venissero da noi prima, riusciremmo a limitare i danni. La tempistica è fondamentale perché il percorso di cura abbia successo. Poi ci sono i ventenni cui è stata ritirata la patente o che hanno provocato incidenti stradali e così si rendono conto che qualcosa non va. Per questo ritengo che i controlli stradali siano fondamentali e rappresentino un aiuto prezioso per salvare vite umane”.

Nel vasto settore delle dipendenze, come si diceva, rientrano anche i giocatori compulsivi o le nuove forme di attaccamento malato alla tecnologia. I meccanismi della dipendenza, comunque, rimangono i medesimi e le aree celebrali coinvolte sono le stesse.

Come si vince, quindi, la partita? “Un ruolo cruciale si gioca sul versante della prevenzione – chiarisce lo psicoterapeuta – e bisogna puntare specialmente sui giovani che rappresentano l'80 percento dei consumatori di droghe. L'alta diffusione delle sostanze dipende da due fattori: una bassa percezione del rischio e l'alta tolleranza sociale. Bisogna intervenire su queste due direttrici”.

Ma non solo, avverte lui. “Noi lavoriamo sui sintomi, sulle crisi d'astinenza e poi sul vissuto, potenzialmente traumatico della persona. Il percorso continua con una presa di coscienza di sé per aumentare la consapevolezza personale, imparare a gestire le emozioni e instaurare relazioni sane. Ai ragazzi bisogna spiegare che possiedono già tutti gli strumenti per stare bene con sé stessi e che la dopamina si può produrre naturalmente, in modo sano, dedicandosi ad attività normali che non assolutizzano il piacere. E poi ci sono gli insegnanti, con cui collaboriamo, generalmente avidi di informazioni, che vogliono conoscere i meccanismi della dipendenza”.

Cosa possono fare, a questo punto, le famiglie? “Ai genitori consiglierei di rispettare sempre i cicli del sonno dei bambini e di mantenerli costanti, abolendo telefonini e tablet prima di andare a dormire. È necessario rispettare le regole e offrire le ricompense solo a risultato ottenuto. Fondamentale è poi costruire e mantenere la relazione con i figli e, nel caso si notassero segnali preoccupanti, chiedere immediatamente aiuto”.

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