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Casalabate e non solo / Trepuzzi

Cementificazione selvaggia, poi condoni e concessioni: i nodi al pettine

L'alto litorale adriatico è stato vessato per decenni, con la complicità delle istituzioni, da costruzioni a ridosso del mare che, adesso, presenta il conto imponendo investimenti pubblici molto onerosi

CASALABATE (Trepuzzi/Squinzano) - L’intervento di demolizione avviato oggi su area demaniale nella marina di Casalabate, nel territorio di Trepuzzi, è di grande rilevanza sotto diversi aspetti. Il primo è quello fattuale: si tratta intanto di buttare giù 17 manufatti in cemento, per un totale di circa 12mila metri di cubatura, con una spesa di 2,5 milioni di euro del Pnrr.

Il secondo ha a che fare con la localizzazione dell’intervento: non sfugge, infatti, la circostanza che le ruspe siano entrate in azione in una zona del Salento, il litorale settentrionale adriatico (al confine con la provincia di Brindisi), tra le più martoriate dalla cementificazione della costa (insieme a parte della riviera ionica). La prassi ultradecennale di edificare seconde case, ma anche altri tipi di insediamenti, praticamente a ridosso del mare ha trasformato il paesaggio costiero in maniera radicale. Sarebbe più corretto dire che lo ha violentato con abitazioni sulla spiaggia, in aree umide e su terreni in genere non troppo stabili.

Il discorso vale anche per le costruzioni che rientrano in un quadro di regolarità formale, che può essere sopraggiunta grazie ai condoni che si sono succeduti nel tempo – nel 1985, nel 1994 e nel 2003 - in ragione della priorità accordata dai vari governi al consenso politico ed elettorale rispetto alle esigenze di tutela ambientale e di sicurezza sul piano idrogeologico. La questione è estremamente stratificata e, nello specifico di Casalabate, anche clamorosa: basti pensare che per la sola parte di competenza del Comune di Trepuzzi le istanze di sanatoria ancora pendenti sono 1.900 circa.

Sul punto il sindaco, Giuseppe Taurino, ha commentato: “I condoni fatti nel tempo hanno regolarizzato una serie di abitazioni. Il tema è molto complesso dal punto di vista giuridico e tecnico e la riqualificazione della nostra marina passa anche dall’individuazione da una parte di quelle aree dove è possibile la concessione edilizia in sanatoria e, dall’altra, di quelle ad altro rischio idrogeologico per le quali abbiamo presentato progetti per altri 25 milioni di euro che sono nella graduatoria del Contratto istituzionale di sviluppo, nell’auspicio di un rapido scorrimento”.

Il terzo aspetto da tenere in considerazione riguarda il modo di intendere le concessioni demaniali, radicato nel Novecento, le cui conseguenze iniziano a essere sotto gli occhi di tutti in questi ultimi anni in cui la natura inizia a presentare un conto piuttosto salato: aver consentito (o tollerato) la costruzione di strutture in cemento, dunque inamovibili, ha impedito una gestione dinamica del patrimonio costiero, coerente con le trasformazioni indotte dall’erosione e quindi capace di rispondere con adattamenti progressivi alle mutate condizioni.

Questo andazzo è stato favorito senza dubbio dalla delega a soggetti privati, a fronte di canoni molto bassi, di buona parte del litorale (spesso la più bella) tramite concessioni a lunghissima scadenza, poi prorogate in automatico al punto tale da rimuovere la consapevolezza che si trattasse pur sempre di aree del demanio, cioè pubbliche. Logiche di altri tempi, evidentemente, derivanti dalla falsa credenza che la costa rimanesse sempre uguale a sé stessa e che lo Stato non avesse la forza per occuparsene né la convenienza a farlo.

La demolizione avviata oggi è quindi utile anche per ricordare come sia necessario - e non solo auspicabile - un tempo nuovo per ripristinare un contesto di fruibilità sostenibile del litorale: le onde del mare che oramai si infrangono sulla base in cemento delle cabine sono un monito che nessuna battaglia di retroguardia e nessuna propaganda potranno smentire.

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