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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Chiosco "Il Molo": riformata la sentenza del Tar, passo verso la demolizione

Il Consiglio di Stato ha riconosciuto le ragioni del Comune di Lecce: legittimo il diniego alla richiesta di proroga. La struttura, nei pressi del faro di San Cataldo, è anche sotto sequestro penale

LECCE - Legittimo l'operato dell'amministrazione comunale che nel 2018 ha opposto il diniego alla richiesta di proroga di permesso a costruire avanzato dalla società titolare del chiosco "Il Molo" che si trova a San Cataldo, nei pressi del faro, in zona classificata come "territori costieri" dal Piano paesaggistico territoriale della Regione e ritenuta dal Piano regionale delle coste, per quanto riguarda l'erosione, a elevata criticità, sensibilità media.

La Sezione Quarta del Consiglio di Stato ha riformato la sentenza espressa dal Tar Puglia, sede di Lecce, nel dicembre di quello stesso anno, a firma del presidente, Antonio Pasca e, di conseguenza, ha respinto il ricorso proposto nel primo grado di giudizio condannando la parte soccombente - rappresentanta dagli avvocati Angelo Vantaggiato e Danilo Lorenzo - alle spese del doppio grado di giudizio.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, l'amministrazione comunale, le cui ragioni sono state esposte da Laura Astuto ed Elisabetta Ciulla, ha agito nel pieno esercizio dei suoi poteri per i seguenti motivi: intanto perché il primo permesso a costruire era stato concesso nel maggio del 2017 già con natura temporanea, fino al maggio dell'anno successivo. La provvisorietà del titolo era stata motivata con la necessità del monitoraggio dell'erosione costiera, della vigilanza sull'assetto del territorio e sul paesaggio, in coerenza con l'indirizzo del Piano comunale delle Coste di cui allora si stava discutendo (è stato poi approvato nei mesi scorsi). 

Sotto questo aspetto, il Tar aveva, invece sostenuto che non si potesse opporre un diniego dal momento che il Pcc non era stato ancora approvato, ma anche che l'amministrazione si fosse avventurata in una sfera di competenza non sua in riferimento all'impatto paesaggistico del chiosco (40 metri quadrati di prefabbricato con 110 metri quadrati di pedana annessa). Il Consiglio di Stato ha spiegato che la mancata adozione del Pcc è irrilevante, dal momento che fino alla sua adozione valgono le previsioni del Piano regionale (2002) che vieta il rilascio di nuove concessioni in zone dove l'erosione è particolarmente presente, fino a quando non sia stata accertata la cessazione del fenomeno. 

Inoltre, hanno aggiunto i giudici, il Comune è legittimato a fare, coerentemente con il parere reso dalla Soprintendenza, le sue autonome valutazioni dal punto di vista ambientale e paesaggistico tanto più che la demolizione intanto sopravvenuta del vicino Lido Salapia, di proprietà della stesso Comune, ha rafforzato la "necessità di assicurare la tutela del territorio e delle quinte di vista sull'intorno paesaggistico di riferimento, considerato che il chiosco in questione assumeva di conseguenza un maggiore impatto visivo rispetto alla situazione preesistente". Tra l'altro, si legge in sentenza, se è decorso il termine per l'espressione del parere vincolante da parte della Soprintendenza, il parere, comunque emanato successivamente, perde il carattere di vincolatività e "deve essere autonomamente e motivatamente valutato dall'amministrazione deputata all'adozione dell'atto autorizzatorio finale (da ultimo Consiglio di Stato, febbraio 2021)".

Va ricordato, infine, che il chiosco è stato oggetto di sequestro penale e che colui che di fatto è ritenuto essere l'amministratore, l'ex assessore Luca Pasqualini, è stato rinviato a giudizio insieme ad altre otto persone. Le accuse, a vario titolo, sono distruzione o deturpamento di bellezze naturali, abuso d'ufficio, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, corruzione e tentata truffa. 

Soddisfazione in merito alla sentenza è stata espressa dall'assessora alle Politiche Urbanistiche, Rita Miglietta: "Il Consiglio di Stato ha rilevato come l’Amministrazione agiva, già con la demolizione del Salapia, a favore della tutela del paesaggio e della percezione del mare, e che la stessa ha piena titolarità nella valutazione degli impatti negativi sulla costa. Ringrazio la nostra avvocatura per questo ulteriore buon esito dell’appello. Quel tratto di spiaggia non può essere dato in concessione per la sua rilevanza ai fini della salvaguardia delle spiagge libere prossime agli spazi pubblici urbanizzati. Ora ci prodigheremo per chiedere il dissequestro del chiosco e procedere con l’ordinanza di demolizione. La dotazione di servizi turistici e ricreativi delle spiagge deve infatti avvenire nel rispetto delle condizioni di sostenibilità ambientale e pari opportunità".

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