Concessioni demaniali, accolti tutti i ricorsi del Comune di Lecce
La Sezione Settima del Consiglio di Stato, ribaltando le decisioni del Tar Puglia, ha ribadito i principi già sanciti in Adunanza plenaria e respinto anche i motivi presentati in via incidentale: alle gare pubbliche non ci si può sottrarre
LECCE – Con la pubblicazione di una sentenza dopo l’altra i giudici della Sezione Settima del Consiglio di Stato hanno accolto i ricorsi del Comune di Lecce (rappresentato dagli avvocati Silvestro Lazzari e Laura Astuto) in tema di concessioni demaniali: è pienamente legittimo il diniego opposto dall’amministrazione di Palazzo Carafa ai 13 titolari di concessione che avevano chiesto la proroga automatica al 2033 sulla scorta della normativa italiana (legge 145 del 2018) più recente.
Il pronunciamento, reso noto nella mattinata di oggi, è diretta conseguenza di quello dell’Adunanza Plenaria del 9 novembre scorso, intervenuto per dirimere, con carattere di norma di chiusura, un contenzioso annoso tra i fautori della supremazia delle norme comunitarie e della necessità di indire delle gare a evidenza pubblica e coloro che, al contrario, fanno affidamento sulla consuetudine italiana di procedere di proroga in proroga appellandosi ora alla mancanza di una normativa chiara, ora alla tutela delle attività imprenditoriali consolidatesi nei decenni sui litorali italiani. Quest’ultimi hanno trovato nel tribunale leccese un baluardo, a dire il vero abbastanza isolato nel panorama nazionale.
Ci sono, tuttavia, anche degli elementi di novità che vanno oltre i richiami agli esiti di novembre, che furono sostanzialmente due: non sono compatibili con il diritto europeo le proroghe automatiche, il primo; la direttiva Bolkestein (sui servizi nel mercato comune) è direttamente applicabile nell'ordinamento interno, per cui anche un pubblico funzionario deve automaticamente disapplicare norme che vanno in senso contrario ai contenuti della stessa.
Non sfugge, infatti, che le ultime sentenze arrivano pochi giorni dopo la sottoposizione alla Corte di Giustizia Europea, da parte della sede di Lecce del Tar Puglia, di una serie di quesiti finalizzati a stabilire in primo luogo se la direttiva Bolkestein sia valida e vincolante e se, in caso affermativo, sia sufficientemente dettagliata da ritenersi direttamente esecutiva per l’ordinamento italiano. L’ipotesi di una sospensione del contenzioso in essere, dunque, in attesa delle risposte da Lussemburgo, è caduta con la pubblicazione delle sentenze.
Indennizzi per compensare investimenti
Dal punto di vista tecnico vi è poi un capitolo inedito: sono stati respinti, infatti, anche tutti i motivi aggiuntivi introdotti incidentalmente, cioè dopo il verdetto del Tar Puglia, dai legali degli attuali concessionari. Il primo riguarda uno stabilimento di San Cataldo il cui titolare aveva impostato la richiesta di proroga al 2033 non come conseguenza della legge del 2018, (alla quale invece il Comune di Lecce aveva opposto una proroga tecnica triennale, chiedendo ai titolari di stabilimenti di aderire alla proposta) ma come presupposto necessario per l’ammortamento di investimenti fatti di recente.
I giudici della Sezione Settima (il cui presidente è Roberto Giovagnoli che era stato il relatore nel consesso dell’Adunanza Plenaria) hanno chiarito che “le indiscutibili esigenze di assicurare al concessionario il ritorno degli investimenti sostenuti, e di tutelare così il suo affidamento, sono destinate a trovare un equilibrato componimento con gli imperativi derivanti dal diritto sovranazionale attraverso la previsione dell’indennizzo a suo favore in caso di mancata aggiudicazione della nuova concessione all’esito della selezione concorsuale”.
Nessuna moratoria per pandemia
Altri due motivi si riferiscono alle argomentazioni sostenute dai legali di un concessionario di Torre Chianca e della Federazione Imprese Demaniali, cioè la legittimità della proroga in ragione di una moratoria dovuta al periodo di emergenza sanitaria e la necessità di una valutazione, caso per caso, dell’interesse transfrontaliero (in pratica di operatori anche di altri Paesi) e della reale scarsità della risorsa naturale da assegnare in concessione (che nel caso del litorale leccese non ricorrerebbe).
Per la prima questione i giudici del Consiglio di Stato hanno ribadito, in scia all’Adunanza Plenaria, che la moratoria emergenziale presenta “profili di incompatibilità comunitaria del tutto analoghi” a quelli della proroga secondo la legge 145 del 2018 per l’assenza di qualsiasi “ragionevole connessione tra la proroga delle concessioni e le conseguenze economiche derivanti dalla pandemia, presentandosi semmai essa come disfunzionale rispetto all’obiettivo dichiarato e di fatto diretta a garantire posizioni acquisite nel tempo”. In merito al secondo punto è stato chiarito che i presupposti dell’interesse transfrontaliero e della scarsità della risorsa sono da collegare al patrimonio costiero nazionale nella sua interezza.
Acquisite agli atti di questa lunga vicenda anche le ultime sentenza, qual è dunque la situazione? Le attuali concessioni sono tutte in scadenza alla fine del 2023, quindi per questa estate e anche per la prossima non sono previste le “catastrofi” paventate dalle associazioni di categoria. A quella data bisognerebbe arrivare pronti con i bandi e con tutte le previsioni collegate, anche perché il Consiglio di Stato ha già sgombrato il campo dall’ipotesi di ulteriori rinvii generalizzati.
È d’altra parte tangibile una forte e persistente pressione che ha finalità dilatorie, di mantenimento il più a lungo possibile dello status quo. Nella stessa maggioranza di governo - e non è un mistero - ci sono orientamenti diversi, essendo comunque tutte le forze politiche rappresentate nell’esecutivo Draghi storicamente sensibili alle istanze degli operatori balneari, alcuni dei quali sono essi stessi parlamentari. Non è dunque scontato il raggiungimento di una sintesi politica che sia coerente con il dettato dei giudici amministrativi.
Il sindaco: “Battaglia nell’interesse pubblico”
Dopo la pubblicazione di 11 delle 13 sentenze attese (le ultime due arriveranno domattina), il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini ha commentato: “Giunge al termine una vicenda che ci ha visti impegnati in questi anni a ribadire la piena legittimità dell’operato del Comune di Lecce a fronte della illegittimità del sistema delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali. Una battaglia di principio condotta non contro i balneari ma per l’affermazione dell’interesse pubblico che sempre guida il nostro operato. Ringrazio gli avvocati Lazzari e Astuto che hanno rappresentato in maniera impeccabile il Comune in questa vicenda”.
Il primo cittadino ha quindi spiegato le basi delle sue convinzioni in materia: “I titoli concessori devono avere una scadenza perché le spiagge non sono proprietà privata e inamovibile, ma un bene comune scarso, che ha un valore importante per la comunità e che deve essere concesso attraverso procedure di evidenza aperte a tutti, anche ai numerosi outsider che vogliono misurarsi con il fare impresa balneare, sportiva, culturale o attività sociali destinate ai cittadini fragili sul demanio marittimo. E che fino ad oggi hanno visto le loro legittime aspettative negate dalla chiusura immotivata di un settore economico che invece può dare tanto allo sviluppo del Paese. Resta aperto il tema nazionale dell’equilibrio che occorre garantire tra spiaggia pubblica e spiaggia in concessione lungo tutto il litorale. Serve una legge sul demanio marittimo che garantisca la tutela ambientale, la cura e l’accessibilità delle spiagge per tutti, insieme alla valorizzazione delle potenzialità economiche di crescita che essere possono generare”.