rotate-mobile
Attualità

Da un paese all'altro, le galassie e il virus: la resilienza di un'astrofisica

Viviana Acquaviva, leccese, vive e insegna a New York. Da poco è a Barcellona, in anno sabbatico. Il metodo rigoroso della scienza come bussola, ma anche la consapevolezza di non sapere né come né quando finirà

LECCE - La mia storia di coronavirus è un grosso calderone dove convivono tanti sentimenti, un po' come nel film "Inside Out". La preoccupazione e il senso di allerta, alimentati a fuoco prima lento e poi alto dalle notizie dall’Italia, dalla Svizzera, dalla Spagna, dagli Stati Uniti, e dall'Egitto, i nostri luoghi del cuore, sparsi su tre continenti.

Lo stupore nel constatare la resilienza mia e altrui, un superpotere che tendiamo a dimenticare quando non ci serve, che ci consente di adattarci con grazia a situazioni che solo poche settimane prima sembravano impensabili. La tristezza di non sapere quando riabbracceremo i familiari, specialmente perchè questo doveva essere un anno speciale da dedicare a loro, con tante occasioni in più per passare del tempo insieme.

Il senso di solidarietà che fa capolino nella vita di tutti i giorni e nel lutto collettivo, che ci ricorda come questo virus sia impietoso e democratico al tempo stesso, e ci rende più disponibili a una conversazione con i nostri dirimpettai di balcone, il droghiere, il pescivendolo. La rabbia per le occasioni perse, le belle giornate sprecate, i parchi giochi deserti, le birrette non bevute, le piazze vuote, gli abbracci mancati, i viaggi non fatti, le scadenze di lavoro non rispettate.

La vergogna per questi pensieri egoisti e la gratitudine per il non essere soli, per i mezzi di comunicazione digitale, e per il privilegio di non aver perso il lavoro. La serenità che deriva da una vita più semplice, dove ci sono solo poche scelte da fare, dove ci si sente di più una famiglia e scompaiono le discussioni su come impiegare il tempo, come spendere i soldi, e a chi tocca portare fuori la spazzatura (io! vado ioooo!).

Il senso di straniamento nell'essere in un paese straniero, con poca dimestichezza con le fonti di informazione, il sistema sanitario, la classe politica, e nessuna rete di supporto. Lo scoramento nel non sapere come e quando andrà a finire. Troppi sentimenti, troppo contrastanti, per una persona sola, e per di più mamma, che, si sa, non aiuta a essere senza pensieri. E così trovo invece conforto nella mia identità di scienziata, nel mio amore per i dati, nel farli parlare, nel disegnarli per farmi raccontare una storia, anche se, come in questo caso, a volte la fine non si può scrivere.

ParcGuell-2Di solito mi occupo di predictive modeling - uso le esperienze raccontate dai dati passati per prevedere qualcosa -. Che so, come le galassie costruiscono le loro popolazioni stellari: domande profonde, certo, ma con poca rilevanza concreta. Questa volta di predizioni proprio non so farne, mi accontento di dipanare qualche matassa, cercare qualche risposta; li guardo sempre e se non mi piace quello che raccontano li tengo per me, e se mi piace invece provo a condividerlo un po': ecco, i tempi di raddoppio si allungano, le percentuali scendono, non serve più la scala logaritmica perchè la curva non è esponenziale.

Bene la Lombardia, guarda l'Emilia com'è constante questa settimana, la Toscana finalmente rallenta, bravo il Veneto con i suoi test, e ovviamente prima di tutte la Puglia, il Salento, Lecce, Soleto, Copertino, vai che non c'è stato il boom con quelli che sono scesi, attenti che oggi ci sono i risultati dei tamponi nella Rsa, correggi quel dato zero che non ha senso, fai la media su tre giorni che è più stabile. Potrei - come è ovvio a chi mi conosce - continuare per ore, rasserenandomi nel rollio degli istogrammi, delle curve cumulative, delle percentuali di tamponi positivi.

Del resto, solo alcune settimane fa, avevo deciso di intraprendere un percorso di psicoterapia per provare a gestire meglio l'ansia, un problema non invalidante, ma significativo che ho visto acuirsi negli ultimi anni. Il terapista, durante il nostro colloquio di "benvenuto", mi ha accennato che è tipico di gente che fa un lavoro come il mio - in cui possiamo illuderci di "controllare" la realtà - di reagire con ansia a circostanze dall'esito imprevedibile. Agli artisti, a quanto pare, succede poco. Mi sono sentita subito capita. E poi quando sono andata via mi ha baciato e abbracciato, come si fa in Spagna anche con gli sconosciuti. E lì ho capito che, ansia o meno, non saremmo andati da nessuna parte senza un bel decreto salva distanze.

Viviana Acquaviva, astrofisica, professore presso la City University of New York, utilizza i metodi dell’intelligenza artificiale nelle sue attività di ricerca sull’evoluzione dell’universo. Al momento è in anno sabbatico all'Università di Barcellona.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Da un paese all'altro, le galassie e il virus: la resilienza di un'astrofisica

LeccePrima è in caricamento