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Mercoledì, 17 Aprile 2024
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De Candia e Leandro, memoria a rischio: le loro opere molto copiate dai falsari

Diversi per stile di vita, ma accomunati da un genio creativo che ha destabilizzato il provincialismo dei contemporanei. La loro riscoperta è stata seguita da una proliferazione del mercato delle imitazioni

LECCE – Negli studi professionali, nei bar, nelle case al mare: le opere di Edoardo De Candia (1933-1992) “sono ovunque”. Immediatamente riconoscibili per il “segno eroico”. Nudi, paesaggi marini, finestre, i soggetti principali tratteggiati da un artista che Lorenzo Madaro, curatore e critico d’arte definisce “pop dal punto di vista ideologico”.

Insieme a Brizia Minerva, Madaro, che insegna Storia dell'Arte presso l'Accademia, ha curato “Edoardo De Candia - Amo.Odio.Oro” (luglio-settembre 2017), retrospettiva allestita con oltre cento opere presso la chiesa di San Francesco della Scarpa. Quella mostra, caratterizzata da una intensa partecipazione di pubblico, ha sancito un passaggio fondamentale nella divulgazione del suo valore artistico, ma  anche nella piena comprensione di un artista “outsider” che merita di essere ricordato ben oltre lo stereotipo dello schizofrenico-paranoide dedito all'alcol dietro il quale, a un certo punto, egli pure si fece scudo per un distacco definitivo da un ambiente provinciale che lo aveva magari segretamente blandito ma sempre pubblicamente schernito, emarginato come fosse un paria.

Realizzati su commissione per poche migliaia di lire nel suo continuo vagabondaggio a piedi nudi, oppure frutto delle sue giornate trascorse in una simbiosi totalizzante con la natura, i disegni e dipinti di De Candia sono oggi diffusamente apprezzati e ricercati, tanto da provocare una rifioritura del mercato del falso (nella foto, sotto, Senza titolo, tempera su tela, 1987, collezione Catanzariti).

Senza titolo, 1987, tempera su tela, 100x70 cm, Coll. Catanzariti, Lecce-2Il valore delle opere dell’artista, che nel 1988 Antonio Verri definì “un cavaliere senza terra”, va dai 200 fino ai 1500 euro e sempre più spesso imitazioni anche molto grossolane spuntano nei mercatini e in certe botteghe. La proliferazione di falsi è tale che, senza una inversione di marcia, si rischia di vanificare ogni tentativo di piena legittimazione di De Candia, e dunque di sincera difesa della sua memoria, attraverso la ricerca, la divulgazione, la mostre. Non solo, in questo modo si attenta anche all’identità culturale di un territorio che nel secondo Novecento ha visto in De Candia e in Ezechiele Leandro gli artisti più “estremi e più totali di tutta la Puglia”.

E non è, infatti, un caso che il mercato del falso stia rivolgendo le proprie attenzioni anche all’artista (1905-1981) di cui a San Cesario restano una casa-museo e il Santuario della pazienza, in evidenti condizioni di degrado nonostante il vincolo di recente imposto dalla Soprintendenza.

A differenza di De Candia, platealmente estremo in ogni approccio con la vita, Leandro condusse una vita disciplinata ma, come il primo, ebbe una vis creativa sbalorditiva che declinò con la pittura, la scultura e anche con la forma letteraria in modi così originali e spiazzanti per il senso comune da essere percepito con un certo sospetto. Addirittura venne promossa una raccolta di firme perché venissero distrutte le statue del suo santuario.

Le quotazioni delle opere di Leandro possono arrivare a diverse migliaia di euro e in alcuni casi fanno parte di collezioni ben oltre i confini provinciali. “Leandro unico primitivo” è l’ultima retrospettiva a lui dedicata (luglio-settembre 2016, a cura di Madaro, Minerva, Antonella di Marzo, Tina Piccolo) e anche in questo caso il successo della mostra ha contribuito alla riscoperta di una figura chiave dei processi artistici in Puglia.

L’opera di Leandro è sterminata e per questo la pur migliore sistematizzazione rispetto alla produzione di De Candia, non aiuta molto nella definizione di regole che possano arginare i falsari. Ecco perché, auspica Madaro, anche solo la creazione di un comitato o di una associazione sarebbe utile per fare ordine ai fini della tutela di un patrimonio artistico di grande valore. Del resto “gli artisti vanno difesi anche da morti”.

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