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Bergamo e Lecce, sindaci d’accordo: “Ora camminiamo sempre sulle uova”

Giorgio Gori, amministratore della città più colpita d’Italia dall'epidemia di Covid, ha partecipato alla finestra informativa di Carlo Salvemini. Sul tappeto anche il tema dell'emergenza economica e sociale

LECCE – L’apprensione per la gestione della “vita”, dopo le “morti”, resta alta in Lombardia così come nel Salento: reinventare la città e la “fase 2” i temi del confronto fra due sindaci, quello di Lecce e l'omologo di Bergamo, Carlo Salvemini e Giorgi Gori.  “Questa nuova fase non è un ritorno alla vecchia normalità, ai nostri riti. Ma l’inizio di un adeguamento faticoso alla nuova di normalità: dobbiamo essere rispettosi delle indicazioni che conosciamo e che autorizzano spostamenti da casa per diversi motivi. Non abbiamo bisogno dunque di inventarcene di nuovi per giustificare la nostra presenza in strada”.

Sono le parole di Carlo Salvemini che, per rafforzare il messaggio di allerta, in mattinata ha ospitato nella sua quotidiana finestra informativa da Palazzo Carafa Giorgio Gori, sindaco bergamasco al suo secondo mandato. Amministratore di quel luogo ormai divenuto simbolico: l’immagine di un corteo di bare sui blindati dell’Esercito, che sfila nella città silente scossa solo dalle sirene della ambulanze, resterà nell’iconografia mondiale dell’era Covid-19. Non una scelta a caso dunque, ma il racconto di un testimone dalla città più colpita dal Coronavirus: 600 i morti nella sola città di Bergamo in questi 60 giorni di incubo e dolore. L’allarme si è attenuato, per il momento, ma non è terminato.

“Bergamo ha fatto quella esperienza di morte che fortunatamente non è toccata ad altre città italiane. Non ci era mai capitato, nelle vesti di sindaci, di dover fronteggiare questa emergenza. Ho visto nella nostra chiesa 94 bare allineate a terra. I nostri ospedali non sono stati più in grado di accogliere tutti i malati nonostante gli sforzi di medici, l’aggiunta di nuovi posti letto, l’arrivo di ventilatori. La maggior parte delle persone, qui da noi, non è deceduta in ospedale, ma in casa. Questo dato porterà a dover fare riflessioni in un secondo momento sulla situazione sanitaria”.

Una caotica “fase 2”

Entrambi i primi cittadini optano per la via prudenziale in questo nuovo step, partito dallo scorso 4 maggio, che tra entusiasmi e voglia di ritorno alla routine, rischia di gettare la società allo sbaraglio. “Camminiamo sulle uova. Riapriamo, ma col fiato sospeso”: questo il concetto su cui concordano entrambi. Tutte le procedure di tracciamento dei contagi e quella rete di protezione che dovrebbe impedire la diffusione dei contagi e un ritorno a un lockdown non sono di fatto applicate. Neppure in Lombardia. Il numero dei tamponi effettuati continua a rivelarsi insufficiente. “Tra i 6mila e i 13mila. Un numero più o meno allineato a quello del Veneto, con la differenza che i veneti sono metà degli abitanti della Lombardia e i contagiati un quarto”, spiega Gori. Nel periodo più acuto dell’emergenza, il numero dei tamponi è stato inferiore: tra i 3 e i 5mila.  “Tamponi di massa”, dunque l’appello che viene lanciato da amministratori ed esperti. Se però questa soluzione non può al momento essere garantita, la via della prudenza resta la sola, concordano i primi cittadini: perché servirà a compensare le carenze strutturali italiane.

Una critica è stata mossa inoltre ai dati: cifre fragili, parziali, quelle relative a decessi e contagi. I dati diffusi rappresenterebbero soltanto la punta dell’iceberg, ma con tanto altro sommerso. “Laddove il sistema ospedaliero è andato al collasso, come da noi, in tanti non sono stati curati, né deceduti in ospedali. La lettura dell’epidemia è frammentaria”, spiega il sindaco bergamasco rimarcando la differenza con il sud dove, invece, le terapie intensive non sono state intasate. Di contro in Puglia, dove i contagi sono stati inferiori e la popolazione è ad oggi meno immune, incombe il possibile spazio di esplosione dell’epidemia. “Un terreno vergine dove il virus potrebbe arrivare. Le regioni meno colpite, sono ora quelle più esposte”, dichiarano entrambi.  “Nella sola città di Bergamo, i morti sono passati da 167 nel 2019 a 719 quest’anno. Oltre il 300 per cento. A Lecce 95 l’anno scorso,  93 nel 2020”, ha aggiunto Salvemini commentando i dati divulgati dall’Istat sulla mortalità in Italia: “Numeri che ci raccontano la tragedia che si è consumata” in 37 province del Nord più quella di Pesaro-Urbino.

Il quadro economico e l’emergenza sociale

Va da sé che la preoccupazione condivisa, a Bergamo come a Lecce, non tocca soltanto l’emergenza sanitaria, ma anche la fotografia di un’economia al collasso. Per Gori, infatti, apprensione massima per i piccoli imprenditori e commercianti, per le botteghe cittadine che abbasseranno per sempre le saracinesche.  “Siamo tra i primi ad aver chiuso, forse saremo tra gli ultimi a riaprire”. Riflettori puntati su quello che ha definito “tessuto più grigio dell’economia”.

“A Bergamo, un dossier di Confesercenti ha evidenziato come il 13 per cento dei commercianti starebbe per chiudere l’attività definitivamente. Un altro 30 per cento teme invece di non farcela. Parliamo di un danno in termini di posti di lavoro, ma anche di luci che si spengono. Ciò comporta anche meno attrattività per una città, così come minor sicurezza”, denuncia Gori. Il primo cittadino bergamasco evidenzia anche i primi segnali di indigenza in una popolazione che, mediatamente in Italia, risulta tra quelle più benestanti. Ma nuove sacche di povertà si fanno strada anche a nord. “L’80 per cento dei cittadini ai quali abbiamo consegnato i primi buoni spesa non risultano a carico dei servizi sociali. Si tratta di nuove fragilità significative”, avvisa. “Che cosa prevede il decreto per gli enti locali, per le perdite che hanno subito? Se prima erano i medici in prima linea, in questa nuova fase ci saremo noi, i sindaci d’Italia”.

Nel grande bazar dei dubbi sulla città del futuro, anche il tema della mobilità. Evitare di essere sommersi dalle auto, in assenza di mezzi pubblici, sarà l’imperativo. “Se prima potevo permettermi di scoraggiare l’uso delle vetture private, favorendo i bus urbani, come farò in futuro?”, si interroga Gori. “Di una cosa sono però convinto: puntare sulla dimensione dei quartieri, limitando gli spostamenti, per trovare nel proprio quartiere servizi comunali ( ufficio Anagrafe, sportello per le attività produttive), passando dal decentramento dei servizi sociali. Un welfare che rinasca nei quartieri oggi si rende necessario. Il tema del decentramento, che riguarderà anche la cultura: evitare spazi da 500 o mille persone, ma scegliere luoghi insoliti”.

Ma la dicotomia rischio-opportunità su cui si sta incentrando l’attuale dibattito pubblico interroga  e confligge con  il fatto che ogni Comune potrà programmare e immaginare spazi futuri solo sulla base di risorse economiche a disposizione. Questa la conclusione di Salvemini, sulla quale converge anche il collega Gori.

Cinquemila farmaci gratuiti e donazione della comunità senegalese

Tra le raccomandazioni fatte a fine videoconferenza da Salvemini, non soltanto quella del pieno rispetto di regole e distanziamento sociale, ma anche l’invito a mantenere i luoghi comuni puliti, evitando di gettare guanti e mascherine negli spazi pubblici. Non soltanto un gesto simile costringe l’amministrazione a maggiori sanificazioni, ma comporta anche sanzioni in un momento economico tutt’altro che roseo. “Ricordiamoci  che il nostro destino è legato a quello altrui”, ha ribadito il primo cittadino.

Nelle ultime ore, intanto, i controlli effettuati in città dalla polizia locale sono stati 14 nei confronti di altrettanti cittadini e 23 nelle attività commerciali. Nessuna multa elevata, né irregolarità riscontrata. La buona notizia arriva, come sempre, dal mondo della solidarietà: la comunità senegalese del capoluogo salentino ha donato una somma di 500 euro da destinare ai più bisognosi.

Una novità segnalata dal sindaco riguarda un servizio attivo da qualche ora presso il Centro operativo comunale di via Giurgiola dove sono a disposizione dei cittadini circa 5mila farmaci comuni, tra antinfiammatori e integratori. Altri medicinali sono stati intanto consegnati nelle ultime ore a 36 famiglie; sono inoltre 22 i cittadini che si sono rivolti al Coc per richiesta di altre informazioni. Cinquantotto le famiglie leccesi che hanno ricevuto i buoni spesa per il cibo, 16 quelle destinatarie di pacchi alimentari. Inoltre, in città, sono state distribuite 146 mascherine per coloro che godono delle esenzioni del ticket per reddito e patologie ma che non risultavano compresi negli elenchi a disposizione di farmacie e parafarmacie.

Infine, sono due gli arrivi coi mezzi pubblici di trasporto dal Nord verso il Salento, mentre sono stati sessantanove i passeggeri giunti ieri. Ma Salvemini rassicura ribadendo che sono state predisposte tutte le misure gà sperimentate a marzo: i viaggiatori vengono monitorati al momento della partenza e poi anche all’arrivo Ad attenderli, infatti, gli agenti di polizia locale e gli operatori del 118 muniti di termoscanner.

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