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Un passaggio determinante

Le marine leccesi al bivio: con il Pug si decide il loro destino

Intervista a Federico Zanfi, del Politecnico di Milano: dall'abusivismo, che penalizza anche il mercato immobiliare, alle potenzialità racchiuse nel patrimonio naturalistico ancora presente, passando dal tema cruciale della sicurezza dal punto di vista idrogeologico

LECCE - La discussione pubblica attorno ai nodi strategici per lo sviluppo del Piano Urbanistico Generale è arrivata alla quinta tappa: domani mattina alle 10 si terrà, presso il Teatro Koreja, l'incontro sulla fascia costiera, intitolato “Il mare di Lecce”. Il confronto sarà aperto dalla relazione tecnica di Federico Zanfi e Francesco Curci del Politecnico di Milano, componenti del gruppo di lavoro che assiste lo staff dell'amministrazione comunale - l'Ufficio di Piano - che sta lavorando al documento di pianificazione di cui la fascia costiera, che si estende per circa 22 chilometri, è una parte fondamentale. 

Professor Zanfi, negli ultimi anni ha conosciuto di prima mano il litorale leccese. Quali sono le patologie di cui soffre?

“Il litorale leccese vive in una sorta di condizione ‘sospesa’. Da un lato è evidente la crisi di un modello di sfruttamento della costa basato sulla seconda casa di proprietà, spesso abusiva, che ha notevolmente compromesso il paesaggio. Questa crisi si legge nei valori immobiliari molto bassi e nel declino e nell’abbandono di molti edifici. Dall’altro lato emergono ‘controstorie’ che lasciano intravedere una fruizione diversa del litorale, come le pratiche sportive emergenti – penso al kitesurf – e un’attenzione crescente di molti cittadini e associazioni nei confronti del capitale naturale, storico-culturale e paesaggistico che è ancora presente in questa parte di territorio leccese. È come se ci si trovasse di fronte a un bivio: con il Piano Urbanistico Generale la cittadinanza può scegliere che strada imboccare”.

Soffermiamoci sull’abusivismo: ci sono circa 2mila domande di condono pendenti, alcune delle quali relative a immobili entro i 300 metri dalla costa. Qual è il suggerimento, da tecnico specialista, per governare questa situazione?

“È il nodo tecnicamente più complesso e politicamente più delicato. La precondizione per poter dar corso a un progetto di trasformazione della costa consiste nel poter disporre di uno stato di diritto certo relativamente agli edifici: questo significa che le pratiche di condono ancora in itinere vanno chiuse, questa è una priorità che deve attrezzarsi della consapevolezza che le dinamiche costiere associate all’innalzamento del livello del mare oggi definiscono un orizzonte incerto in termini di sicurezza. Ai molti dinieghi si può offrire, come abbiamo suggerito in una ricerca di molti anni addietro – Territori dell’abusivismo. Un progetto per uscire dall’Italia dei condoni. Donzelli, 2017 – una soluzione residenziale alternativa, un accordo nuovo, basato sul riconoscimento delle responsabilità condivise tra cittadini e amministratori che sono all’origine di quel grande errore collettivo che è stato l’abusivismo edilizio nel Mezzogiorno. Sulla definizione tecnica di questo meccanismo stiamo ragionando e ragioneremo”.

Dal sondaggio attivo sul portale del Pug emerge molto nettamente la tendenza a indicare nella valorizzazione delle risorse naturali e nei collegamenti con la città gli obiettivi principali da perseguire: quali sono le strategie migliori, secondo lei, per rispondere a queste richieste?

“Questo è un punto fondamentale, che deve guidare la trasformazione e di cui l’amministrazione attuale ha già prodotto alcune anticipazioni col Piano Comunale delle Coste, con l’eliminazione di alcuni detrattori del paesaggio, e con i progetti finanziati dal Contratto Istituzionale di Sviluppo. Bisogna invertire il punto di vista: le ‘strutture’ della fascia costiera non saranno più gli insediamenti di case che, come abbiamo visto sono da riorganizzare, ma saranno i grandi corpi ambientali delle dune, delle zone umide, degli elementi d’acqua e dei boschi, che oggi costituiscono un elemento latente, una potenzialità inespressa che va resa fruibile in modo più agevole e più sostenibile anche con manufatti leggeri a servizio della balneazione e le pratiche sportive, naturalistiche e culturali. La ricomposizione di questi elementi in un unico sistema, percorribile per esempio da Casalabate alle Cesine e collegato da vie verdi con il capoluogo, è il primo passo da fare per innescare il rilancio della fascia costiera e del capitale edilizio lì localizzato”.

Avrà avuto modo di constatare che i residenti del litorale lamentano una cronica disattenzione da parte delle amministrazioni, anche riguardo le infrastrutture primarie: il litorale potrà mai essere un quartiere della città? Detto diversamente: Lecce potrà mai essere una città di mare?

“Bisogna fare distinzione poiché gli insediamenti della fascia costiera non sono omogenei. Laddove è più forte il contrasto tra edifici e vincoli di tutela ambientale, laddove sono più elevati i rischi idrogeologici e l’esposizione all’innalzamento del mare non è opportuno abitare e non è opportuno consolidare infrastrutture, cosa che invece è stata fatta a lungo, anche in tempi recenti. Laddove le condizioni abitative sono più favorevoli in termini di sicurezza e razionalità urbanistica è possibile immaginare un consolidamento e un migliore attrezzamento sia a supporto di una fruizione della costa più destagionalizzata ed estesa tutto l’anno, sia a supporto di chi sceglie di abitare – o è spinto ad abitare in questa parte di territorio comunale”.

Nell'incontro di domani sono previsti gli interventi di Anna Maria Gagliardi, architetto (con il ruolo specifico di supporto al Responsabile unico del procedimento) che esporrà i progetti finanziati dal Contratto Istituzionale di Sviluppo Brindisi-Lecce-Costa adriatica e il geologo Stefano Margiotta, che parlerà dei nodi legati alla sicurezza idrogeologica della costa.

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