“Che razza di libro!” Jason Mott e la riflessione sull’essere neri in America
“Che razza di libro!” di Jason Mott (NNEditore), romanzo vincitore del National Book Award 2021, è una profonda riflessione sull’essere neri in America
Che razza di libro! inizia come il racconto di un autore nero che si appresta ad affrontare un tour attraverso l’America per promuovere il suo primo romanzo intitolato anch’esso Che razza di libro!, e diventa ben presto una più ampia riflessione sulla violenza razziale, sulla spietatezza del mondo editoriale e dell’informazione, sugli amici immaginari, sulla malattia mentale, sull’alcolismo e sul dolore.
Lo scrittore che si chiama _____ vuole solo scrivere e invece si ritrova a Midtown Manhattan per un media training, un addestramento per allenarsi a parlare in pubblico impostole dalla sua agente Sharon. Durante la conversazione tra Sharon, Jack il media trainer e lo scrittore, la donna mostra un fotogramma sul cellulare, solo un’immagine di tristezza, indignazione e tragedia (p.95); sono i genitori dell’ennesimo ragazzino nero ucciso dalla polizia, e dall’iniziale indifferenza dello scrittore e di Jack scaturisce poi un dialogo su armi e violenza che è l’apoteosi del politically correct mentre Sharon piange. Lo scrittore esce dalla stanza e incontra “il Ragazzino” per la prima volta
«Allora cosa ne pensi?» gli chiedo.
[…] lui scrolla le spalle, stoico come Marco Aurelio sotto Xanax. «Be’ secondo me è una tragedia» comincio, pieno di sacrosanta indignazione. « È una tragedia, punto e basta. Mi ha stancato. Mi sono stancato di accendere la televisione e scoprire che è morto qualcuno.»
«Ma la gente muore continuamente, no?» chiede il Ragazzino.
«È vero» rispondo. «E non sono certo le notizie a uccidere. Voglio dire, CNN e Foz News non vanno in giro ad ammazzare la gente per strada. Però contribuiscono a quell’atmosfera di terrore che sentiamo tutti. In questo momento è la colonna sonora dell’America. […] Cerco di lanciargli un sorriso, a mo’ di consolazione per il mondo in cui si trova. «Ma è così che va. Non c’è niente di male. Ogni generazione ha la sua parte di tragedie. La differenza è che noi ne sentiamo parlare molto di più. In realtà il tasso di omicidi è il più basso dagli anni Ottanta. […]»
[…] « […] Più invecchi, più scopri che sta crollando tutto, e anzi è peggio: crolla tutto da sempre. Il passato, il presente, il futuro. Sono intercambiabili, quando si tratta di brutte notizie. Tragedia e trauma sono i fili di cui sono intessute le generazione. Cavolo, noi che siamo neri dovremmo saperlo meglio di tutti». (pp.98/99)
Questo ragazzino a cui i genitori cercano di insegnare il dono dell’invisibilità per proteggerlo dalla realtà violenta in cui vive, lo vede solo lo scrittore e non sa se è reale, se è frutto della sua malattia, cioè una fervida immaginazione, o se addirittura è lui da bambino. Da quel momento continuerà ad apparire ai suoi occhi e insieme dialogheranno in maniera profonda sulla condizione dei neri in America, sul movimento “Black lives matter”, sulla violenza razziale, sull’abuso di potere dei poliziotti bianchi sui neri.
Che razza di libro! sconvolge i normali parametri della narrazione con un io narrante che alterna, mescola e incastra il tour dello scrittore senza nome alla storia più profonda e concreta de il Ragazzino. I bulli a scuola lo chiamano Nerofumo (Soot) a causa della sua pelle molto scura (È di un nero impossibile. Come se avesse catturato il pigmento di una nazione intera. Pag 156) e non si può non creare un legame con lui; è figlio unico di due genitori amorevoli e la sua vita permeata di meraviglia fino a quando assiste a un omicidio fuori la porta di casa e la sua vita cambia, lui cambia.
Nerofumo perde l’innocenza e inizia a comprendere la paura, impara a conoscere le miserie della vita, suscitando nel lettore un senso di affezione e protezione costante.
Leggendo Che razza di libro! è impossibile non pensare a Going to a Town di Rufus Wainwright; la narrazione è percorsa dalla stessa malinconica stanchezza nei confronti dell’America, in un ipotetico viaggio verso una città indefinita - e Mott di città ne fa visitare diverse all’autore durante il tour - una città che come dice la canzone è già stata bruciata, è già caduta in disgrazia ed è piena di gente delusa.
Che razza di libro! è scritto con un linguaggio abrasivo e assertivo e spesso parla in maniera diretta con il lettore (la traduzione è di Valentina Daniele che ha curato anche una nota finale molto interessante); è un romanzo d’amore, anche se parla di un amore che comporta sofferenza, frustrazione, ma sempre pervaso da una sottile ironia.
Accanto all’immagine di copertina il logo del movimento Black Lives Matter (www.blacklivesmatter.com)
Jason Mott è uno scrittore americano, autore di romanzi e poesie. Che razza di libro! è stato selezionato in diversi premi, tra cui il Carnegie Medals for Excellence in Fiction, l’Aspen Words Literary Prize, il Joyce Carol Oates Prize. Ha vinto il Sir Walter Raleigh Prize for Fiction e il National Book Award for Fiction 2021.