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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Davide Rondoni: "Poeta è chi con la parola entra nel mistero del vivente"

Una delle voci più autorevoli del panorama culturale sarà a Galatina. "I giovani hanno una gran fame di significato, ma spesso non amano gli adulti che parlano di poesia"

LECCE - In dialogo con il poeta Davide Rondoni, una delle voci più acute e autorevoli del panorama letterario e culturale italiano contemporaneo, che sarà questa sera a Galatina (Chiesa Madonna del Carmine, ore 19) per presentare il suo ultimo libro “Cos’è la natura? Chiedetelo ai poeti” (Fazi editore).

“La poesia non è un fenomeno che puoi giudicare in maniera esteriore con un numero di copie di libri vendute o con un’analisi sociologica del pubblico. […] La poesia chiede sempre permesso all’ascoltatore, non ha l’invadenza o l’imponenza di altre forme d’arte che sono magari più catturanti, più immediatamente catturanti.”

Per Piero Bigongiari, che è stato uno dei suoi maestri, il poeta è il “momento captante, il momento tracciante di un linguaggio scatenato”. Chi è invece un poeta per Davide Rondoni? 

“Un poeta è uno che prende la parola di fronte ad altri, ha in sé una funzione pubblica e cerca di prenderla al massimo livello di intensità e di significanza. Il poeta è uno che in mezzo a tanti, diciamo così, che prendono la parola giustamente, legittimamente o meno legittimamente, usando un linguaggio standard o comunicativo per fini elementari, pratici o organizzativi, prende la parola per entrare nel mistero delle cose, nel mistero del vivente. Questo fa di una persona un poeta innanzitutto”.

In un’intervista su “L’Indice dei libri del mese” ha detto che “leggere le poesie è bello, scriverle un inferno”. Come si vive ogni volta quest’inferno?

“Si vive attraversandolo, si vive nell’unico modo in cui può vivere l’inferno sperando di non creparci dentro. Bisogna attraversarlo, non sottrarsi alle ustioni. L’inferno della scrittura poetica è abitare dei livelli del significato della parola scomodi e rischiosi, e poi c’è il fatto che ti dedichi a un’arte tanto più in Italia, se vogliamo dire così, di una difficoltà, di un’altezza suprema. Poi uno può anche giochicchiare, però se scrivi poesie in italiano e hai Dante che ti guarda, Leopardi che ti guarda, Ungaretti che ti guarda, il gioco si fa molto duro. Devi dedicare un’energia e un’attenzione assolute perché il confronto è altissimo, pericoloso”.

In un’intervista a Paolo di Paolo su “Italia Libri” del 2002 Mario Luzi, anch’egli suo maestro, diceva che “bisogna fargliela conoscere, proporgliela, fargliela leggere, ai giovani, la poesia. Bisogna creare occasioni di scoperta e di novità. Non si può dire che, soprattutto in questi ultimi anni, non lo si faccia. Ma l’esito è comunque incerto”. Per lei è ancora incerto o sente, visto che sono passati vent’anni, che sia cambiato qualcosa?

“L’esito è sempre incerto perché la poesia non è un fenomeno che puoi giudicare in maniera esteriore con un numero di copie di libri vendute o con un’analisi sociologica del pubblico; è vero che oggi, complice anche la facilità di scrittura, di condivisione dei social, di internet, eccetera, c’è più poesia in giro tra i giovani, c’è più accessibilità alla poesia tra i giovani di quanto non accadeva vent’anni fa. Nonostante questo l’esito è sempre incerto”.

“La poesia chiede non un pubblico, non un’udienza misurabile con fattori esteriori. L’esito è sempre incerto perché cosa succede a una persona che ascolta una poesia di Rilke, di Leopardi, di Pascoli o di Luzi non lo sappiamo, e non possiamo prevederlo. Ci può essere una messa in gioco della libertà per cui succede qualcosa, un ascolto profondo per cui succede qualcosa oppure può non succedere niente. La poesia chiede sempre permesso all’ascoltatore, non ha l’invadenza o l’imponenza di altre forme d’arte che sono magari più catturanti, più immediatamente catturanti. Nella poesia il lettore ne deve fare una parte”.

Qual è il denominatore comune nel rapporto dei ragazzi con la poesia che riscontra quando li incontra nelle scuole ?

“Mi colpisce il fatto che i giovani, a meno che non siano invecchiati di colpo e può succedere, hanno tutti una grande fame di significato, di senso e quindi di poesia. Poi come diceva giustamente un mio amico il problema dei giovani sono gli adulti; se questa fame si scontra con adulti morti, con adulti scettici, con adulti vuoti, o con adulti immiseriti dalle loro stanchezze… Quindi spesso non è che i giovani non amino la poesia, non amano gli adulti che parlano di poesia, non è che non amino Leopardi, non amano il professore o la professoressa che parla loro di Leopardi. E questo è un problema che si vede in maniera evidente nella scuola”.

Secondo lei esistono parole antipoetiche per eccellenza, se sì quali?

“No, non ci sono parole antipoetiche perché la poesia non è la qualità o meno di una singola parola. La poesia come tutte le arti è composizione; come ha dimostrato Dante, nella Divina Commedia c’è dalla merda a Dio, tutto può diventare materia di poesia. Non esiste un termine antipoetico di per sé. Tant’è vero che i grandi poeti sanno usare una tastiera molto ampia di terminologie componendole poeticamente. Non c’è nulla nella vita, nessun termine che non possa essere oggetto di poesia; non c’è nessuna parola che può essere esclusa a priori da una composizione poetica”.

Cito il titolo del suo ultimo lavoro: Cos’è la natura? Chiedetelo ai poeti. Lo chiedo a lei, cos’è la natura?

“La natura è un meraviglioso scandalo, un meraviglioso paradosso perché la natura è la luce che accarezza i pini che sto vedendo adesso dalla finestra, ma è anche il tumore che si è portata via la mia amica a diciassette anni. Quindi la Natura è l’ambito del paradosso vivente in cui siamo e che non dominiamo, la natura la possiamo ammirare ma non dominare. In questo paradosso l’essere fedeli veramente a una vita naturale e umana è il continuare a chiedersi il senso di tutto questo. Che un uomo viva una vita artificiale e lontana dalla sua natura, se beve il whiskey invece di tisane, o se usa scarpe di gomme invece che di caucciù, certo va bene, ma non basta!

“Un uomo si allontana dalla propria natura se non sente più il paradosso della natura e quindi il fatto che la sua propria natura è chiamata a chiedersi il senso di questa esistenza. Se non si interpreta come hanno fatto sempre i grandi poeti da Lucrezio a Leopardi, lo stesso Luzi, se non si interpreta profondamente la natura come paradosso, se non lo si abita questo paradosso con una domanda di senso, e si accetta la natura come un pacifico paesaggio, come una pacifica durata poi cosa succede? Che si cade in una serie di paradossi minori”.

“Oggi va di moda parlare della salute, della durata del pianeta come se il problema della vita umana fosse la durata mentre invece è il senso non è la durata - sennò dovremmo ammettere che la vita di un ottantenne vale più di quella di un ventenne, e invece no, c’è un problema di valore di senso che non coincide con la durata – bene, se noi abitiamo la natura non solo come durata, ma come paradosso quindi come domanda di senso, allora siamo più vicini alla nostra natura, e quindi possiamo vivere una vita più naturale”.

Quali sono i progetti in corso e quali quelli futuri?

“Uscirà un romanzo storico-biografico a febbraio/marzo prossimo con la casa editrice Aboca per la collana “Il bosco degli scrittori”, un libro che parla degli alberi dove abitavo da bambino. Poi ci sono i libri in traduzione delle mie poesie che sto preparando per gli Stati Uniti, per la Francia e per altri paesi e sto lavorando con musicisti, fotografi, video maker a vari progetti”.

Biografia di Davide Rondoni

Davide Rondoni (Forlì 1964), poeta e scrittore, ha pubblicato diversi volumi di poesia: La natura del bastardo (Mondadori 2016, Premio Frascati e Premio Napoli 2018), Il bar del tempo (Guanda 1999), Avrebbe amato chiunque (Guanda 2003), Compianto, vita (Marietti 2004), Apocalisse amore (Mondadori 2008), Le parole accese (Rizzoli 2008), 3. Tommaso, Paolo, Michelangelo (Marietti 2009), Rimbambimenti (Raffaelli 2010), Si tira avanti solo con lo schianto (WhiteFly 2013), Cinque donne e un’onda (Ianieri 2015), con i quali ha vinto alcuni tra i maggiori premi di poesia. È tradotto in vari paesi del mondo in volume e rivista.

Collabora a programmi di poesia in radio e tv (Rai, Sky, tv2000, San Marino RTV), alla scrittura di film e di mostre high-tech experience e ad alcuni quotidiani come editorialista. Ha fondato il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna e la rivista «clanDestino». Suoi recenti volumi di saggi sono: L'infinito. Lo strano bacio del poeta al mondo, sulla poesia l'Infinito di Giacomo Leopardi (Fazi 2019), Noi, il ritmo. Taccuino di un poeta per la danza (e per una danzatrice) (La nave di Teseo 2019), Il fuoco della poesia (Rizzoli 2008), Nell’arte vivendo (Marietti 2012), L’amore non è giusto (Carta Canta 2013), I termini dell’amore (con Federica D’Amato, Carta Canta 2016), Contro la letteratura (Bompiani 2016), L’allodola e il fuoco. Le 50 poesie che mi hanno acceso la vita (La Nave di Teseo 2017), Salvare la poesia della vita (Edizioni Messaggero Padova 2018), E come il vento (Fazi 2019).

Dirige la collana “I Passatori – Contrabbando di poesia” per CartaCanta e altre collane di poesia per Marietti. È autore di teatro e di traduzioni (Baudelaire, Rimbaud, Péguy, Jimenez e altri). Ha partecipato a festival internazionali di poesia in molti paesi. Di narrativa ha pubblicato: I bambini nascono come le poesie (Fabbri 2006), Hermann (Rizzoli 2010), Gesù (Piemme 2013), Se tu fossi qui (San Paolo 2015, Premio Andersen ragazzi over 15), E se brucia anche il cielo (Frassinelli 2015), Il bacio di Siviglia (nella collana “Vite esagerate” da lui ideata e diretta, San Paolo 2016) e Best della grande palude (San Paolo 2018). Ha curato numerose antologie poetiche, tiene corsi di poesia e master di traduzione e collaborato alla sceneggiatura del film Il vegetale del regista Gennaro Nunziante.

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