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Tifare per una “piccola”, per i colori della propria terra: un atto d’amore puro

Un finale di stagione mozzafiato, al limite del surreale: salvezza all'ultimo secondo, dell'ultimo minuto di recupero della penultima gara. E la festa giallorossa esplode inattesa e improvvisa per le vie di Lecce

La gioia esplode fragorosa e spontanea, liberatoria e inattesa, in un’afosa domenica di maggio e tinge all’improvviso le vie di Lecce di giallo e rosso. Un rigore parato da Falcone a una manciata di minuti dalla fine, un altro segnato da Colombo all’ultimo secondo dell’ultimo minuto di recupero della penultima gara di campionato. Con tanto di retroscena da brivido, il crollo delle rivali dirette. Una quaterna patita il giorno prima dallo Spezia, in casa, con il Torino. E poi, il gol subito oggi dal Verona fra le mura amiche con l’Empoli, quando la gara sembrava sul serio instradata sui binari di una salvifica vittoria per gli scaligeri.

Video | Esplode la festa nel Salento

Un ribaltamento di fronte che sembra partorito dalla penna di un entusiasta romanziere tentato di scioccare con emozioni forti. L’avesse scritto davvero un narratore di professione, questo finale di stagione da brivido, ambientato in Brianza, protagonista principale il Lecce con tutti i suoi alti e bassi, sarebbe forse stato rifiutato dalle case editrici. Bello, sì, ma troppo inverosimile, troppo fuori dagli schemi, ‘ste cose, dai, non succedono.

E invece.

E invece accade sul serio quello che non ti aspetti, nemmeno dopo aver appreso degli scivoloni avversari, specie se ormai la tua gara, quella con un Monza arcigno e per nulla desideroso di concessioni e regalie, sta scivolando verso uno 0 a 0 che, su, meglio di niente. Ce la giochiamo all’ultima, al Via del Mare, con il Bologna.

E invece.

E invece succede che a volte i sogni mostruosamente proibiti si avverino e il cuore si riempia di una gratificazione immensa, di uno stupore al limite dell’infantile, sensazioni che non hanno forse un unico corrispettivo nel dizionario, perché sono la somma di pensieri che si sovrappongono in un nanosecondo in un cervello che ancora stenta a mettere a fuoco quanto avvenuto. E in questi momenti, c’è solo una cosa da fare. Chi ama la sua squadra in modo viscerale, lo sa. Via la camicia della domenica, maglietta giallorossa e sciarpa da avvolgere al collo, e poi una corsa a perdifiato in centro, per un bagno di folla, un abbraccio collettivo, tra fumogeni, bandiere al vento fragore di clacson. Ed è così che in breve si sono viste fiumane di auto sui viali, aggregazioni festose fra le due piazze, Mazzini e Sant’Oronzo, e nella cerniera che le collega, via Trinchese. Il grande rito tribale del calcio.

Esplode la gioia in città

La festa è iniziata e andrà avanti tutta la notte. Il Lecce resta in serie A ed è una conquista che questa terra, con tutti i suoi alti e bassi – proprio come la squadra che l’ha rappresentata per l’intera stagione –, tutto sommato, merita. Il Salento, con tutte le contraddizioni di una periferia estrema del Sud, ha una parte di tessuto robusta e sulla quale si riescono a costruire realtà solide. La società presieduta da Saverio Sticchi Damiani è uno di questi esempi. Ha agito con oculatezza in un sistema basato sulla spregiudicatezza e con un divario sempre più ampio fra piccole e grandi piazze.

E poi, chi ama il Lecce e segue questi colori così caldi, molti affrontando anche la trasferta a Monza (già entrata negli annali del calcio locale un attimo dopo il triplice fischio) dopo aver già percorso  per un anno migliaia di chilometri, non meritava di retrocedere. E allora, non poteva che esserci una conclusione di campionato tanto mozzafiato, quanto appagante, per un’avventura così coinvolgente. Seguire una “piccola”, la squadra della terra natia, sapendo che la propria Champions League sarà per sempre la prossima salvezza conquistata con le unghie e con i denti, è un atto di amore puro che merita di essere ricambiato assaporando a volte il gusto di emozioni forti e inaspettate.

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