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“Cuori a Kabul. Poesie per l’Afghanistan”. A sostegno di Emergency

Con la prefazione di Susanna Camusso, l’antologia poetica curata da Pietro Fratta per sostenere l'associazione fondata da Gino Strada, scomparso di recente

Dal finire del 2019 il mondo del terzo millennio è entrato in una nuova sindrome, impensata dai racconti della ricercata modernità: lera dell’incertezza, innanzitutto della propria salute, della propria integrità fisica e mentale; tutte e tutti costretti a fare i conti con giornate scandite dai numeri della pandemia, i morti, i ricoveri, i pericoli, la paura. Un mondo improvvisamente svelato nell’assenza di confini: muri e fili spinati dannazione dei migranti diventavano inesistenti, permeabili al virus.

Si è reagito con i toni e le parole della guerra; di fronte alla necessità di cura, si sono pronunciate parole belliche, distanze che dovevano essere fisiche sono declamate come sociali, dispositivi sanitari descritti come munizioni.Abbiamo scoperto che non abbiamo più, nel dibattito pubblico, le parole della pace neanche di fronte a una malattia potenzialmente universale. […] Se le parole, come si dice, sono cose, allora una cosa che possiamo fare è parlare. In versi, nello specifico: ai toni monocromi della guerra si possono opporre le sfumature della poesia, un mezzo universale che permette di allargare lo sguardo e la gamma delle percezioni, e aiuta a comprendere, condividere, esprimerci come umani fra umani.

Sono queste le parole con cui Susanna Camusso apre la sua prefazione alla raccolta poetica Cuori a Kabul. Poesie per l’Afghanistan, pubblicata da Graphe.it edizioni (Collana Calligraphia • 23 nuova serie).

Un’antologia poetica dedicata al popolo afghano, a Gino Strada, il fondatore di Emergency, a Cecilia Sala, corrispondente dall’Afghanistan per Il Foglio, e alla piccola Ghazal, il cui significato in italiano è Poesia, la prima bambina nata in Italia da una cittadina afghana fuggita subito dopo l’entrata dei talebani a Kabul lo scorso agosto.

Il ricavato delle vendite del libro curato da Pietro Fratta sarà destinato a Emergency, che negli ospedali di Kabul, Lashkargah e Anabah, dal 1999 ad oggi, ha curato più di sette milioni di persone.

Cuori a Kabul è disponibile per la spedizione da oggi martedì 26 ottobre 2021, al seguente link Cuori a Kabul | Poesie per l'Afghanistan (graphe.it).

Ci si chiede spesso a cosa serva la poesia, con il progetto Cuori a Kabul. Poesie per l’Afghanistan la poesia è l’umana risposta al disagio e alla conoscenza del sé di fronte alla distruzione, alla morte.

E se La poesia non muta nulla. E se Nulla è sicuro come afferma Franco Fortini, l’importante è scrivere perché scrivendo il poeta con la sua poesia compie il vero mutamento che è dentro l’uomo, non fuori di esso.

Ventidue voci compongono l’antologia, ventidue voci che condannano l’orrore della guerra e danno voce al popolo afgano con parole crude e poetiche; sono quelle di Stefano Bidetti, Gisella Blanco, Emanuela Botti, Isabella Braggion, Fabrizio Cavallaro, Agnese Coppola, Clarissa Costanzo, Tommaso Fiscaletti, Cettina Garigali, Simona Magagnin, Chiara Lev Mazzetti, Eleonora Molisani, Monia Moroni, Claudia Muscolino, Veronica Paladini, Mirella Parisi, Selene Pascasi, Francesca Pizzo, Miriam Maria Santucci, Emma Saponaro, Giuseppe Traina, e Asia Vaudo.

Ventidue voci per raccontare il bordo del precipizio di un paese dove non ci sono più rose (Stefano Bidetti); di un paese che ha subito una guerra lunga vent’anni e iniziata meno di mese dopo l’attacco alle torri gemelle nel 2001. Una risposta immediata che avrebbe dovuto esportare la libertà come un bene di consumo, e che ha lasciato invece solo una scia di morte e distruzione, e dato il via ad un’involuzione culturale sempre più radicata a scapito della popolazione civile.
I talebani hanno infatti ingoiato e sputato la storia di uno dei paesi più moderni e modernizzati, nonché uno dei più avanzati in materia di diritti femminili dell'area dell'Asia meridionale.

Nelle poesie contenute in Cuori a Kabul. Poesie per l’Afghanistan la vita di chi vive in un territorio di guerra scorre comunque e inesorabilmente soprattutto per i bambini tra mani senza colore e piedi che non consumeranno mai suole d’utopia come recita la poesia Piccole mani di Emanuela Botti:

Quante piccole mani non hanno più colore

in questo scempio di polvere, di guerra?

Quanti piccoli piedi

non consumeranno mai suole dutopia?

Quanti sulle mine, tra le case?

Un senza tempo prematuro.

Eppure li ho visti, le mani annerite dalla guerra

li ho visti accarezzare una promessa

tra le pieghe di quel libro

un giardino nel presente degli occhi

li ho visti, con le piccole mani

accarezzare la promessa

di imparare oltre lodio.

La poetessa intravede tuttavia la possibilità di accarezzare la promessa di imparare oltre l’odio, perché è l’uomo che resiste al disumano, non la poesia, è l’uomo che porta alla luce il disagio senza nasconderlo che salva anche la poesia.

In Non è fotogenica la guerra Eleonora Molisani scatta una fotografia lirica per fissare la realtà unendo tempo, parole e immagini nel tentativo di congelare l’orrore e l’indecenza per sempre:

Non è fotogenica, la guerra

non sono fotogenici i pezzi di corpi per terra

i padri che scappano coi figli piccoli in braccio.

Non è fotogenica, la guerra

non sono fotogeniche le rovine delle case ovunque

le madri che piangono perché hanno perso la memoria del

loro vissuto.

Non è fotogenica, la guerra

non sono fotogenici i popoli che scappano dalla loro terra

gambe e braccia che su quelle zolle buttano sangue e sudore.

Non è fotogenica, la guerra

non sono fotogenici i razzi che distruggono larte millenaria

i fucili che bucano i corpi vivi palpitanti

le spade che mozzano teste

i piedi che calpestano la dignità delle persone.

Non è fotogenica, la guerra

eppure, si mette sempre in posa e sorride all’obiettivo

sul red carpet del sangue

come una star in decadenza

che non vuole nemmeno immaginare

il viale del tramonto

o almeno un po’ di decenza.

E in Se io potessi Emma Saponaro sembra operare uno slittamento; il grado di probabilità indicato nella protasi scivola dalla sua tipologia naturale di periodo ipotetico della possibilità in periodo ipotetico dell’irrealtà, perché le condizioni sembrano rendere impossibile  il desiderio di una madre di proteggere la figlia. Ma la speranza riemerge nell’invito conclusivo di questa donna che dice alla figlia di non piegarsi a nessuno, di non farsi piegare, e che possa essere proprio sua figlia a cambiare il giro di questa vita.

Se io potessi, mi ribellerei.

Solleverei il capo per guardarti, e occhi vuoti vedrei.

Combattente di un Dio truffato, conteso, abusato.

Come la terra della tua terra, arido e il tuo cuore,

povero di umanità e povero di compassione.

Se io potessi, mi libererei.

Il buio accecherei con mille stelle, e il velo arderei.

Scioglierei le labbra dal filo spinato, avvelenato.

Spezzerei le catene delle mie sorelle, danzerei con loro,

ricche di dolore eppur ricche ancor di amore.

Se io potessi, ti dimostrerei com’è la vita senza la morte.

Ti spoglierei delle grigie vesti e nefaste armi, e precetti e comandi.

Percuoterei con vigore il petto tuo finché dirai di sentire,

[patire, gioire.

E poi verrà da se. Verrà da se il profumo di mughetto, il garbo

[dellanemone,

il sapore della rugiada, la rugiada che si posa. Si posa e depura.

Verrà da se lamata sposa, con passo gentile, da un kaftano avvolta.

Non buia di nero ma con fiori di campo tinti.

Donna mai vista, ascoltata, amata.

Donna anzi percossa e sfregiata, taciuta e violata.

Se io potessi, vorrei vederti inginocchiato a lei.

Ti maledirai, i suoi piedi bacerai, li laverai con lacrime negate

[da padri e mujahidin.

Nella nausea pregna di pentimento, chiederai mille volte

[perdono, senza ottenerlo.

Vorrei vederti, sì, vederti vorrei cosi.

Se io potessi, in pace vorrei morire.

In pace: vorrei vederti felice.

Felice di amare e felice di essere amata.

Rispondi a te stessa, e a ogni desiderio tuo obbedisci.

Non fare ciò che non vuoi, fai ciò che credi sia sano.

Non piegarti a nessuno, non farti piegare.

Fallo per te e per dare giusto esempio al figlio tuo.

Inizia a cambiare il giro di questa straziata vita, lui ti seguirà.

[Liberta!

Libero di amare con il respiro incessante dell’animo limpido.

Se io potessi, vorrei darti ciò che non posso darti.

Patirai lorrore di leggi ingrate.

Subirai la violenza di una mano ostile.

La mano, tremenda, del violento assassino: è tornato il nemico!

Lo stesso odio la guiderà, in nome di un Dio che non condivide.

Cambialo tu, il giro di questa vita.

O sarà il veleno a dare sollievo

a questa sorte dorrore invasa.

Cambialo tu, il giro di questa vita, Figlia mia!

E questa figlia è Ghazal nata in Italia, ma anche Mahjubin Hakimi, la giocatrice della nazionale giovanile di pallavolo dell'Afghanistan decapitata dai talebani a Kabul agli inizi di ottobre, le sue due colleghe scappate all'estero, e tutte le altre costrette a bruciare le divise per non essere identificate e nascondersi. Figlie e figli che costruiranno il futuro afgano libero dall’orrore della guerra e dai talebani.

Un ringraziamento a Pietro Fratta per aver ideato e realizzato il progetto, a tutti i poeti e le poetesse che hanno reso questa antologia così umanamente profonda e liricamente bella, a Graphe.it per averla pubblicata, a coloro che proseguono con impegno il lavoro di Gino Strada, e a chi vorrà sostenere Emergency con l’acquisto di Cuori a Kabul. Poesie per l’Afghanistan.

Accanto alla copertina del libro l’opera intitolata “Gino” per gentile concessione dell’artista siciliano Domenico Pellegrino (Mazzarino, 1974). Pellegrino che ha fatto delle tradizioni della sua terra il leit motiv della sua ricerca artistica, ha esposto alla 58ma Biennale d’arte di Venezia e alla Biennale arcipelago Mediterraneo come unico artista italiano.

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