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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Tony Doherty e l’infanzia povera nell’Irlanda del Bloody Sunday

Il piccolo di papà. Storia di un’infanzia nell’Irlanda del Bloody Sunday (Nutrimenti) di Tony Doherty: a cinquant’anni dal tragico Bloody Sunday, un memoir sull’infanzia povera ma felice dell’autore durante i Troubles in Irlanda del Nord

L’infanzia di Tony Doherty finisce il 30 gennaio del 1972. È un bambino di nove anni e mentre gioca a biglie vicino casa apprende dall’amico Gutsy che hanno sparato a suo padre. Paddy Doherty non è rimasto semplicemente ferito, è morto a soli 31 anni per mano dell’esercito britannico durante il tristemente noto Bloody Sunday (Domenica di sangue) mentre manifestava pacificamente contro l’internamento di alcuni cittadini irlandesi sospettati di terrorismo.

Doherty non riesce a parlare dell’accaduto per almeno un quarantennio, poi scopre di poter incanalare quel dolore grazie al potere terapeutico della scrittura e così nasce Il piccolo di papà, un memoir sulla sua infanzia povera ma felice nel quartiere Brandywell a Derry tra il 1967 e il 29 gennaio del 1972.

Tony Doherty è un ragazzino cattolico che si diverte a giocare per strada con i suoi amici; con loro mangia gomme da masticare staccate dall’asfalto, suona percussioni ricavate da scatole squadrate di biscotti di latta e barattoli di fagioli Heinz, guarda il cielo per scorgere il razzo dell’allunaggio, dà la caccia ai topi con il cane dell’amico Paddy McKinney, nasconde segreti e paghette su una collinetta, s’ingozza di caramelle e bibite e gioca a calcio sognando George Best.

Sullo sfondo domina il degrado di Derry, una città ferita dalla presenza invadente dei carri armati e dei fucili dell’esercito britannico, dei lacrimogeni e dei proiettili di gomma che i bambini raccolgono per strada come piccoli trofei da portare a scuola.

Eppure l’autore è capace di trasmettere al lettore lo sguardo innocente e comunque entusiasta del sé bambino che sperimenta le cose per la prima volta, la nostalgia che prova per la sua infanzia nonostante scossa dai Troubles.

Doherty ha la capacità di creare nel lettore un rapporto empatico e con la sua famiglia d’origine e con quella allargata dell’intera comunità, con cui condivide la difficoltà di vivere un pezzo di Storia complesso e a tratti incomprensibile.

Doherty costruisce il racconto attorno alla figura del padre Paddy che ha un ruolo centrale nella sua vita: è lui a portarlo in chiesa per pregare per il suo compagno di classe Damien Harkin (a cui è dedicato il libro) investito e ucciso da un autocarro dell’esercito inglese, a insegnargli ad accendere una candela benedetta in sua memoria; a fargli il bagno, a preparagli la colazione, a portarlo in ospedale quando si ferisce e a rassicurarlo e punirlo quando sbaglia.

Tutta la narrazione è un lavoro di scavo nell’archeologia familiare e comunitaria di Derry e Doherty fa commuovere soprattutto nel capitolo finale del libro quando, subito dopo l’uccisione del padre, famiglia e vicinato si stringono attorno alla madre, a lui e ai suoi fratelli per proteggerli, consolarli. Tony è seduto sulle scale di casa in silenzio e sente sua madre dire: “Il vostro papà è morto. L’esercito gli ha sparato”. (p.208) […] I baffi neri spiccavano sul volto bianco come cera. Aveva un piccolo foro proprio in mezzo agli occhi. Io ero in piedi vicino alla sua testa. “È lì che hanno sparato a papà?”, chiesi a mia madre, quasi in un sussurro. Lei era all’altezza dei piedi di papà e teneva Glenn in braccio. “No, quello dev’essere un taglio di quando è caduto. Gli hanno sparato alle spalle… Alle spalle gli hanno sparato” […] Gli toccammo le mani a turno. Erano gelide. Aveva le dita intrecciate a un rosario dai grani neri. Le macchie giallognole di fumo erano sparite, così come il nero sotto le unghie. Gli avevano strofinato le mani. (p. 211).

 Per onorare la memoria di suo padre, fin dai primi anni ‘90, Tony Doherty ha imbarcato una lunga battaglia per far emergere la verità e ha contribuito a far aprire l’inchiesta Saville sul Bloody Sunday. E finalmente nel 2010 sui gradini dell’antico palazzo del Municipio di Derry ha potuto sentire il tribunale britannico riconoscere che i civili uccisi a sangue freddo dai militari di Sua Maestà erano innocenti, che non vi fu alcuno scontro a fuoco al quale i soldati risposero, nessuna battaglia per le strade, soltanto una vile aggressione contro cittadini inermi, e in un discorso alla Camera dei Comuni passato ormai alla storia, l’allora primo ministro britannico David Cameron, definire quanto accaduto:“ingiustificato, ingiustificabile e sbagliato” ciò che accadde quella domenica di gennaio del 1972, riconoscendo l’innocenza delle vittime e stigmatizzando l’operato dei soldati responsabili della strage.(dalla Prefazione di Riccardo Michelucci, p. 13).

E quel giorno, su quelle scale, Doherty torna il piccolo di papà che giocava a biglie nella strada davanti casa, e può finalmente fare pace con la sua storia personale e con la Storia collettiva della sua gente.

Il piccolo di papà. Storia di un’infanzia nell’Irlanda del Bloody Sunday per stessa ammissione dell’autore sull’Irish Times non è un libro sul Bloody Sunday, ma il racconto dei suoi ricordi d’infanzia, del suo vissuto fino al tragico epilogo della sua infanzia. L’uccisione del padre è un evento così deflagrante da configurarsi come un punto di non ritorno.

Doherty afferma anche di non aver riletto l’ultimo capitolo, e di non volerlo fare mai perché è un tributo a suo padre e a tutte le persone morte ammazzate o irrimediabilmente cambiate a causa dei Troubles.

Sullo sfondo della copertina del libro la foto Cobbles (2010) di Annamaria Amabile.

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