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Giovedì, 28 Marzo 2024
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"Lievita" anche il prezzo del pane. Le aziende in ginocchio: "Rincaro inevitabile"

L'aumento sarà di 60 centesimi al chilo, le imprese si stanno adeguando. Il motivo del rialzo è nell'aumento dei costi di produzione e delle materie prime. Muci di Appal: "Non graverà sulle famiglie"

LECCE – Il prezzo del pane è destinato ad aumentare di circa 60 centesimi al chilo. Alcune aziende salentine si sono adeguate al rincaro, deciso spontaneamente, alzando i prezzi negli ultimi giorni di ottobre e così si procederà, a scaglioni, fino all’inizio del nuovo anno.

Una batosta in arrivo quindi? A sentire le ditte panificatrici, non c’è da preoccuparsi.

Il consumo di quest’alimento infatti, un tempo protagonista indiscusso delle tavole italiane, è drasticamente calato. Le famiglie che prima mangiavano 400 grammi di pane a testa ogni giorno, oggi, se va bene, acquistano 5 panini. Il consumo pro capite è di 50 grammi al dì.

Conti alla mano, dunque, il rincaro sarà di 3 centesimi al giorno: meno di un caffè al mese.

“Dubito che quest’aumento potrà realmente gravare sui bilanci famigliari perché le abitudini alimentari sono decisamente cambiate: le persone acquistano cibi già pronti e anche la dieta si è alleggerita. Tutto sommato, l’aumento non sarà così determinante”, ha commentato il presidente dell’associazione provinciale panificatori artigiani leccesi, Franco Antonio Muci.

L’adeguamento, aggiunge lui, non è ingiustificato. Il prezzo del pane al chilo è stato bloccato per un decennio. Nel frattempo, però, il mondo è cambiato. E sono aumentati vertiginosamente anche i costi di produzione per le imprese.

Il risultato è che il comparto è in ginocchio e il rischio di fallimento dietro l’angolo. “Per 11 anni abbiamo sopportato costi di ogni tipo, senza scaricarli sul consumatore finale. Con senso di responsabilità, perché le famiglie erano già state colpite dalla crisi. Ora si rischia di chiudere i battenti".  Un disastro occupazionel che  il territorio non può permettersi: il Salento conta circa 500 aziende specializzate.

Tra i costi in salita, Muci elenca gli adeguamenti alle nuove norme burocratiche: dalle etichette che contengono indicazioni più precise su ingredienti e allergeni alle tabelle nutrizionali, necessarie per ciascun prodotto, fino alla fatturazione elettronica.

Un grande impatto hanno avuto anche i rincari sulle bollette per l’energia elettrica ed il gas: +7 e 8 percento solo nel 2018.

A far lievitare il prezzo finale c’è soprattutto l'aumento delle materie prime: farine e olio. “L’infezione degli ulivi, causata dalla xylella, ha fatto raddoppiare i prezzi per le aziende in 4 anni: prima un litro di olio costava appena 4 euro. È cresciuto anche il prezzo dei grani, a causa di alluvioni e siccità che hanno compromesso la produzione. Le condizioni metereologiche hanno influenzato l’andamento dei mercati internazionali e di riflesso anche quelli nazionali e locali”, prosegue Muci.

Dulcis in fundo, a complicare la situazione si è aggiunta la liberalizzazione “selvaggia” del mercato.

“Con l’entrata in vigore del decreto Bersani, nel 2006, il pane può essere ormai prodotto da chiunque: coltivatori diretti, agriturismi, ristoranti, pizzerie. Questo provvedimento ha messo in ginocchio la categoria e solo oggi, con l’aiuto della Regione Puglia, stiamo cercando di normare il settore. Certo è che se chiunque potrà mettersi a vendere il pane porta a porta, noi saremo panificatori e artigiani saremo destinati a scomparire”, conclude il presidente Appal.

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