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La dura presa di posizione / Alessano

Manifesto per il padre internato rimosso dal Comune: “Un oltraggio alla memoria”

Parla la figlia del militare sepolto ad Alessano: “Se ho violato le disposizioni perché non sono stata sanzionata?”. E ancora: “Amministrazione forse non all’altezza di messaggi di antifascismo e di pace”

ALESSANO – Un “oltraggio alla memoria”: Antonia Alemanno, conosciuta semplicemente come Tetta, l’anziana figlia di Donato, il militare italiano internato in un lager nazista dopo l’armistizio, per aver rifiutato di arruolarsi con i tedeschi e non tradire i valori della Patria e della libertà, torna a parlare dopo quanto avvenuto nelle scorse settimane ad Alessano. E lo fa con un nuovo manifesto-lettera che arriva dopo la netta presa di posizione dell’Associazione nazionale partigiani italiani contro l’atteggiamento dell’amministrazione comunale del centro salentino.

Com’è noto, le spoglie mortali di Donato Alemanno sono accolte nel cimitero di Alessano: qui, in occasione della Giornata della Memoria, la figlia del militare aveva fatto affiggere nei pressi della tomba del padre un manifesto messaggio per ricordarne la figura e non abbassare l’attenzione sul tema dei valori di libertà e dell’antifascismo. Un’iniziativa che evidentemente non era piaciuto all’amministrazione comunale, che aveva predisposto l’immediata rimozione, a detta del sindaco per l’assenza di una richiesta di autorizzazione e per la collocazione errata del messaggio.

Un formalismo e un rigore che fin da subito erano apparsi forzati, soprattutto tenendo presente che la stessa amministrazione, retta dal sindaco Osvaldo Stendardo, era finita in passato nel mirino delle critiche per la rimozione dalla facciata del Comune di uno striscione di Amnesty International, dedicato a Giulio Regeni, il ricercatore italiano brutalmente ucciso in Egitto e sulla cui morte da tempo si chiede verità e giustizia, adducendo come giustificazione che il regolamento comunale non lo prevedesse. Sull’accaduto era ovviamente scoppiata una polemica politica tra i gruppi presenti in consiglio comunale. La vicenda era stata segnalata poi all’Anpi, che ha preso posizione nei giorni scorsi, esprimendo vicinanza e solidarietà alla figlia del militare.

Tocca ora alla figlia dire la propria sull’accaduto e nella sua nuova lettera-manifesto ricorda che la vicenda umana del padre sia “simbolica” di una generazione che “non si è piegata alle barbarie e alla negazione della dignità umana”. Parla di manifesto “indegnamente rimosso” e ricorda di aver perso il padre a soli 4 anni, vivendo un’infanzia difficile “privata del suo amore”.

Nuovo manifesto lettera della figlia di Alemanno

“Da cristiana credente e praticante – scrive – sono convinta che ai caduti di ogni guerra e di tutte le forme di violenza debba essere riconosciuta la pietà umana, ma da cittadina della Repubblica credo che la pietà sì è per tutti, ma non vada confusa con il giudizio sul valore delle scelte compiute da ciascuno, tributando erroneamente onori civili a coloro che hanno lottato al fianco del nazifascismo per restaurare un regime totalitario”.

Quindi, aggiunge che il padre sia morto “dalla parte giusta” e la sua tomba sia “un piccolo santuario civile” che ricorda gli eventi che “hanno fondato il nostro stare insieme come comunità liberata e pacifica”. Per questo, per la figlia, il gesto di rimuovere il manifesto e di rinchiuderlo in un locale del cimitero è stato come rivivere la vicenda del padre internato in un lager: “Mi si è spezzato il cuore”, ammette. E quanto ai formalismi posti rispetto all’iniziativa la donna si chiede: “Forse c’è chi ad Alessano non condivide i valori dell’antifascismo?”. E domanda ancora se esista una specifica normativa che disciplini l’apposizione di messaggi sulle tombe dei propri cari: “Se ho violato le disposizioni, perché nessuno mi ha sanzionato?”.

Antonia Alemanno racconta che la rimozione sia avvenuta nelle stesse ore delle celebrazioni istituzionali per la Giornata della Memoria: una “liturgia ipocrita” se connessa all’aspetto amministrativo burocratico con cui si è pensato di togliere quel messaggio. E ricorda la rimozione dello striscione per Giulio Regeni a dimostrazione di una certa recidiva da parte degli amministratori comunali sul “rigore” burocratico.

“L’amministrazione – afferma – non solo sembra negare la crudeltà nazifascista, ma lancia anche gravi segnali di intolleranza verso il libero pensiero e le battaglie per i diritti umani. Probabilmente questa amministrazione non è all’altezza di promuovere il messaggio di pace che ha ereditato da un grande testimone (don Tonino Bello, ndr), che riposa a pochi metri da mio padre”.

Quindi rivolge un appello alla comunità per una presa di posizione e ringrazia l’Anpi per aver sostenuto la sua battaglia. Con l’auspicio che gli autori della rimozione sappiano chiedere scuse al padre per l’increscioso “schiaffo alla Memoria”.

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