Nel cimitero manifesto in ricordo del padre morto in un lager: il Comune lo rimuove
Accade ad Alessano con l’iniziativa della figlia di Donato Alemanno, che aveva messo il messaggio sulla tomba del soldato internato dai nazisti. Il sindaco: “Era abusivo”. Opposizione presenta interrogazione
ALESSANO - Affigge al cimitero un manifesto in memoria del padre morto in un lager nazista, ma il Comune decide di farlo rimuovere: accade ad Alessano, dove è scoppiata la polemica per quanto accaduto a Antonia Alemanno, figlia di Donato Alemanno, soldato che dopo l’armistizio dell’8 settembre, era stato rinchiuso nello Stalag VI G come internato, per poi morire nel lazzaretto di Hardthoe, in Germania. Il piccolo centro salentino, dunque, non è solo il luogo che accoglie le spoglie mortali di don Tonino Bello, il vescovo di pace, ma tra le illustri figure che ospita c'è anche quello del militare morto per non tradire la propria libertà.
I suoi resti si trovano conservati nel cimitero di Alessano dal 2013, da quando la figlia insieme ai suoi familiari decisero di dargli sepoltura lì. Il 27 gennaio scorso, in occasione della Giornata della Memoria, la donna aveva fatto appendere nel luogo dove si trova sepolto il padre un manifesto. Un messaggio "simbolico" di pace e un appello a non dimenticare le tragedie del passato.
“In questa giornata del ricordo di tante vittime innocenti a causa della follia omicida nazista – si leggeva nel testo – il mio pensiero va anche a te. Hai rifiutato di tradire la tua idea di libertà dicendo no alle ripetute avances dei nazi-fascisti, pur sapendo di sacrificare la tua giovane vita e l’amore per la tua adorata famiglia. Insieme ai tanti eroi, lasci nel nostro cuore la speranza che l’umanità abbia ancora un lumicino di volontà di riscatto nei confronti di ogni forma di violenza”.
Tuttavia, qualche ora dopo il manifesto è stato rimosso dalla polizia locale perché “abusivo” e collocato nel luogo sbagliato (non essendo il cimitero luogo di affissioni). Un eccesso di zelo, un rigore di legge, che tradisce e contraddice l’atteggiamento che spesso molte istituzioni e comuni rivolgono (non riservando la medesima attenzione) a situazioni problematiche ben più lampanti. Una presa di posizione "fiscale" che si accanisce su un'iniziativa dal valore simbolico e che forse andava letta per quella che era, al di dà della logica delle "norme".
Un’amara sorpresa, dunque, per la donna e per i suoi familiari, a cui quella reazione da parte delle autorità è sembrata una forzatura: in fondo, il contenuto era appunto un invito alla pace. Della vicenda, intanto, è stata interessata l’associazione nazionale dei partigiani d’Italia. E, a onor di cronaca, non si tratta di un episodio a sé stante, visto che la stessa amministrazione era finita in passato nel mirino delle critiche per la rimozione dalla facciata del Comune di uno striscione di Amnesty International, dedicato a Giulio Regeni, il ricercatore italiano brutalmente ucciso in Egitto e sulla cui morte da tempo si chiede verità e giustizia. In quell'occasione, l'appena eletto sindaco Stendardo giustificò la scelta col fatto che "non fosse prevista dal regolamento".
Sulla questione, intanto, si è scatenata la polemica politica e forse era persino inevitabile che accadesse, vista la risonanze e visto il clamore che la vicenda sta avendo in questi giorni. Il gruppo di minoranza “Futuro comune” ha annunciato un’interrogazione in consiglio comunale, per chiedere conto di un “gesto così perentorio”: “Cosa ha indotto – si legge in una nota - il nostro sindaco o chi per lui a mortificare un’anziana signora rimasta orfana di padre a pochi mesi di vita e che aveva l’unico obiettivo di mantenerne vivo il ricordo?”. Tra l’altro, i consiglieri di opposizione tornano a citare l'episodio della rimozione dello striscione in memoria di Giulio Regeni, a voler sottolineare una "recidiva" da parte dell'amministrazione su alcuni atteggiamenti "rigidi".
Secca la replica del sindaco Osvaldo Stendardo, che rivendica di essere stato da sindaco l’organizzatore in collaborazione con la famiglia, nel 2013, della manifestazione per accogliere le spoglie del defunto Donato Alemanno: “Ad oggi, mi vedo accusato di ‘atti di forza’ – afferma - o di azioni basse e meschine che proprio non mi appartengono. L'esercizio dei diritti e delle libertà deve avvenire nel rispetto delle regole e della legge, soprattutto su suolo comunale e in un luogo di preghiera: il manifesto non era stato preceduto da nessuna richiesta di autorizzazione e pertanto è stato rimosso da chi competenza”. Per Stendardo, quindi, non si tratta di alcun “atto di forza” ma di rispetto delle regole.