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Mareggiate, non solo danni. Il Mesta rimosso dalle onde e adagiato sulla battigia

La furia del mare ha bonificato lo specchio d’acqua nella baia di Punta Pizzo dove da oltre due anni era incagliata l’imbarcazione utilizzata per una traversata di migranti. Scafo e detriti ora sono sull’arenile

GALLIPOLI - Non solo danni e devastazione lungo il litorale gallipolino dopo le ultime ondate di maltempo e le imponenti mareggiate di metà novembre. Proprio la forza dirompente del mare in burrasca ha, in un certo senso, “risolto” le operazioni di bonifica lungo il litorale di Punta Pizzo dove da oltre due anni era rimasto incagliato, nei bassi fondi e nello specchio d’acqua a ridosso della scogliera del litorale sud di Gallipoli, il “Mesta”, l’imbarcazione a vela utilizzata per una delle numerose traversate dei migranti clandestini. Nei giorni scorsi infatti, nell’ambito dei sopralluoghi e del monitoraggio all’interno dell’area e del tratto costiero del parco naturale gallipolino, i volontari del circolo di Legambiente hanno potuto appurare la novità riguardante l’imbarcazione abbandonata in mare.  

“Ciò che non ha potuto fare l'uomo ha invece fatto, con la sua forza, il mare” il commento del coordinatore provinciale del Cigno verde, Maurizio Manna, “dopo più di due anni dal naufragio il Mesta, che ha traghettato tanti profughi verso una vita migliore, cullato dalla tempesta ha trovato anche lui, finalmente, la pace sulla terraferma”. Il riferimento è a quanto accaduto in seguito alle mareggiate delle scorse settimane. Il relitto incagliato in mare è stato letteralmente disincagliato e trascinato fuori dalle acque, semi distrutto e adagiato lungo la scogliera e sull’arenile. Una sorta di bonifica naturale (dopo quella manuale fatta dalle autorità competenti e dai volontari nell’immediatezza del fatto) compiuta dalle onde e dal mare che in questo modo hanno tolto d’impiccio anche le autorità territoriali che da oltre due anni non avevano ancora trovato il modo di bonificare quel tratto di litorale dopo il naufragio della barca. Un’operazione non certo semplice, perché l’imbarcazione si era incagliata in un tratto angusto del parco naturale di Punta Pizzo, e anche molto onerosa a livello economico. Ora invece, con parte dello scafo disarcionato dalle secche e dallo specchio d’acqua e adagiato sulla battigia, e anche oltre, il recupero dei detriti e dei pezzi del relitto potrebbe essere molto più agevole.                                             

Il Mesta, il nome è inciso sulla fiancata destra della poppa, era un cabinato mono albero di 13 metri, modello di fabbricazione Moody, battente bandiera italiana (ma intestato in uno dei paradisi fiscali americani, il Delaware, uno degli stati federati degli Stati Uniti) ed era semi affondato il 23 ottobre del 2017. A bordo di quella imbarcazione alcuni scafisti avevano trasportato l’ultimo carico umano di migranti spingendosi fino alle insenature del litorale di Punta Pizzo prima di incagliarsi tra gli scogli della costa. All’alba di quella giornata infatti le forze dell’ordine rintracciarono un gruppo di 32 migranti (otto uomini, altrettante donne e 16 minori) di nazionalità siriana che, dopo lo sbarco, si erano spinti risalendo il litorale e le zone di vegetazione del parco naturale, verso la statale 274 Gallipoli-Leuca, nei pressi di contrada li Monaci.

Il Mesta trascinato sull'arenile

Dopo i controlli di rito da parte delle autorità e in particolare della capitaneria di porto di Gallipoli, per reperire documentazioni o attrezzature, con la messa in sicurezza e il recupero dei quantitativi di gasolio a bordo, e terminate le esigenze istruttorie dell’autorità giudiziaria, l’imbarcazione è stata poi consegnata in custodia al Comune, tramite l’ufficio Ambiente, e all’Autorità del parco naturale di Punta Pizzo. Di fatto per oltre due anni quella barca, che non è escluso possa essere stata oggetto anche di atti sciacallaggio e depredata di strumentazioni o delle vele, è rimasta semi affondata nella baia ed era considerata come un rifiuto da dover smaltire. Oggi alla luce della rimozione naturale compiuta dalle onde e dal mare, portare via i resti spiaggiati dovrebbe essere molto più agevole. E si spera che ciò avvenga quanto prima.        

  

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