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Ordine degli avvocati di Lecce, si dimettono la presidente e cinque consiglieri

La scelta è legata alla sentenza della Corte Costituzionale che ha ritenuto legittimo il divieto di terzo mandato consecutivo. Ma a determinarla sono state le pressioni che sostengono di aver subìto in questi mesi

LECCE - Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Lecce perde pezzi. Hanno annunciato le loro dimissioni: la presidente Roberta Altavilla, il segretario Vincenzo Caprioli, la tesoriera Luigia Fiorenza, e gli avvocati Simona Bortone e Raffaele Fatano. Lo hanno fatto con una nota pubblicata sul sito dell’Ordine e poi diramata agli organi di stampa nel pomeriggio.

La scelta è scaturita dalla sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha ritenuto legittimo il divieto di terzo mandato consecutivo dei componenti dei Consigli circondariali forensi, previsto dalla legge n. 113/2017, ritenendo infondate le questioni sollevate dal Consiglio nazionale forense (Cnf). Ma, a ben leggere, a determinare le dimissioni sarebbero state più le pressioni subite già prima della decisione della Consulta.  “Pur consapevoli che ogni avvocato, anche quando tratta questioni che lo coinvolgano personalmente e attengano alla rappresentanza, non debba mai cedere alle pressioni, soprattutto quando le stesse siano volgari, calunniose e appaiano dirette a fini diversi da quelli dichiarati, siamo altrettanto consci che la permanenza nella carica potrebbe indurre l’opinione pubblica a malevole, quanto infondate illazioni, circa la volontà di mantenere inesistenti privilegi, derivanti dal ruolo, così svilendo l’avvocatura tutta”, si legge in uno dei passaggi cruciali del comunicato.

La presidente e i cinque consiglieri tengono, infatti, a precisare che avrebbero potuto attendere la decisione del Cnf, giudice competente in via esclusiva in materia elettorale, rispetto ai reclami proposti da alcuni candidati non eletti contro la loro proclamazione, ma di non averlo fatto proprio per il clima che si è generato: “Purtroppo il divieto di terzo mandato, pur se oggetto di critiche anche da parte di illustri costituzionalisti, piuttosto che suscitare un sereno e approfondito dibattito, ha dato sfogo a pressioni indebite, ad ottenere immediate dimissioni. Tali pressioni sono sconfinate spesso nella diffamazione e nella calunnia e sono divenute oramai intollerabili.  Sin dal momento della candidatura abbiamo espressamente dichiarato di aver svolto almeno due mandati seppure, in taluni casi, di diversa durata; allo stesso modo sarebbe stato doveroso che altri candidati avessero manifestato l’esistenza di differenti ipotesi di incandidabilità e ineleggibilità sebbene previste dalla legge”.

Oggetto di confronto, secondo i dimissionari, avrebbe dovuto essere la tendenza del Legislatore a ricorrere a norme con efficacia retroattiva, perché “è’ uno degli elementi di maggiore preoccupazione, che dovrebbe consigliare un diverso atteggiamento da parte dei giuristi, per le possibili future implicazioni”.

I consiglieri rivendicano la legittimità del loro operato, precisando come non vi siano, allo stato, sentenze che abbiano modificato il risultato elettorale, ma di rinunciare al mandato per tutelare l’immagine di un’istituzione alla quale hanno lavorato con impegno, ottenendo risultati importanti come quello di ospitare, dopo quarant’anni , il Congresso Nazionale.

“Auspichiamo nel contempo analogo senso di responsabilità da parte di coloro che si trovano in condizioni di ineleggibilità per differenti profili, altrettanto cogenti”, chiude così la nota.

Faranno il loro ingresso in Consiglio, il primo dei non eletti  Arcangelo Corvaglia, seguito da Luciano Ancora, Giovanni Bellisario, Silvio Verri, Tommaso Stefanizzo, Luigi Piccinni.

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