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Assistenza ai non autosufficienti con Covid. Assessora regionale: “Ci impegneremo”

I soldi per l'Adi, l'assistenza domiciliare integrata, partono dalla Regione. Transitano dalle Asl e finiscono agli Ambiti di zona: ma gli amministratori locali lamentano la mancanza di fondi straordinari per fronteggiare la situazione dei pazienti allettati e al contempo positivi al virus

LECCE – Tra gli “effetti collaterali” della pandemia, anche le complicazioni organizzative (ed economiche?) sui servizi sanitari come l’Adi, l’assistenza domiciliare integrata, destinata ai cittadini non autosufficienti. A tutti coloro che già affetti da patologie dovessero risultare positivi al virus, prestare assistenza potrebbe diventare sempre più complesso. La situazione è stata sollevata negli ultimi giorni da diversi amministratori comunali del Salento, impossibilitati nel rivolgersi alle cooperative che prestano il servizio Adi per mancanza di fondi. “Dall’inizio della pandemia non è stato stanziato un euro in più per la ulteriore straordinarietà dell’assistenza a pazienti positivi”, dichiarano alcuni consiglieri con delega ai servizi sociali di un paio di Comuni.

Assistere una persona allettata e per giunta contagiata dal virus è diventato oneroso e ora gli enti locali sollevano la questione scottante. Non più rimandabile. A differenza del Sad, il servizio di assistenza domiciliare (che richiede la sola presenza di un oss), l’Adi è dedicata a quei cittadini con delle particolari patologie che, frequentemente, costringono all’immobilità. In delicati casi come quelli appena accennati oltre all’operatore socio-sanitario, accanto al paziente non autosufficiente è prevista anche la figura dell’infermiere.

Entrambe le prestazioni vengono attivate su proposta dei servizi sociali, del medico curante o del diretto interessato che ne faccia richiesta. Si parla dunque molto spesso di persone anziane, sole e allettate. E che presentano, oltre a gravi patologie, anche piaghe da decubito e disabilità motorie importanti. In un quadro sanitario già complesso, nei casi in cui sopraggiunge la positività al Covid sono spesso i famigliari a richiedere l’erogazione del servizio di assistenza Adi, non potendo gestire il tutto da soli. Ma anche solo per l’igienizzazione frequente degli ambienti vissuti dai positivi non autosufficienti, però, l’operazione inizia ad avere un costo elevato. Al quale si somma poi quello dei dispositivi di protezione obbligatori per oss e infermieri che prestano l’assistenza.

“Abbiamo a cuore il problema non soltanto per il momento storico che viviamo ma anche in vista del futuro quando, si spera, dovremmo ritornare alla normalità”, ha dichiarato l’assessore alle Politiche di benessere sociale e integrazione socio-sanitaria della Regione Puglia, contattata nelle scorse ore. “Ovvio che c’è tanto da fare nell’ambito di questo genere di servizi, soprattutto nei confronti di coloro che vivono già un proprio gap visibile. Una volta rientrata l’emergenza, al di là del Covid, cercheremo di avere un approccio diverso nei confronti di chi non è autosufficiente e soffre di determinate patologie. Ci toccherà ricominciare a rafforzare il servizio ordinario”, ha promesso Rosa Barone.  Più che il servizio ordinario, però,  per ora i riflettori sono puntati sulla straordinarietà dell’emergenza. I fondi erogati dalla Regione Puglia vengono dirottati alle varie Asl provinciali. Da qui poi suddivisi e dirottati ai vari distretti sanitari e, dunque, agli ambiti di zona. Siamo ora in attesa della risposta della Asl di Lecce interpellata dalla nostra redazione. Torneremo pertanto sull’argomento a breve.

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