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Martedì, 16 Aprile 2024
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Minori stranieri: solo un quarto rispetto al passato, ma presto l’albo dei mediatori

Un protocollo ad hoc in mattinata, presso la Procura dei minori di Lecce, sottoscritto dai principali attori della tutela dei ragazzi

LECCE – Anche il Salento parteciperà al processo, in via sperimentale e a livello regionale, dotandosi presto di un albo dei mediatori interculturali per fornire sostegno alle numerose attività che già svolgono Tribunale e Procura dei minori del capoluogo salentino. La Puglia si attesta al sesto posto, su scala nazionale, per accoglienza dei cittadini stranieri. Ma gli sbarchi, come è noto ormai da tempo, sono in netto calo rispetto agli anni scorsi. Lo dimostrano gli stessi numeri relativi alla presenza dei minori stranieri sul territorio pugliese: dai 14mila si è passati repentinamente alle 10mila presenze in pochi mesi (con una percentuale predominante di ragazzi provenienti dall’Albania).

Ma la figura del mediatore era attesa da tempo e, questa mattina, tutti gli attori istituzionali si sono seduti al tavolo per sottoscrivere un protocollo d’intesa sul delicato argomento. La firma - che porterà a una serie di misure future a protezione dei minori -  questa mattina,  presso la Procura dei minori di Lecce. Un patto speciale sottoscritto fra il Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza della Regione, Ludovico Abbaticchio, il procuratore capo presso la Procura dei minori, Maria Cristina Rizzo, la presidente del Tribunale dei minorenni, Lucia Rabboni al quale hanno anche preso parte la Asl, questura e prefettura leccesi, il Centro di giustizia minorile per la Puglia e Basilicata e, infine, il Cefass, il Centro di formazione per l’assistenza socio sanitaria rappresentato dalla presidente dell'ente, Anna De Tommaso.

Definizione del ruolo del mediatore e mansioni sono rese note nei testi di legge che regolano la materia dell’immigrazione, in particolare nella numero 40 del 6 marzo del 1998, la cosiddetta “Turco-Napolitano”. In Puglia, è stata emanata una delibera nella quale si fa riferimento alla presenza  della figura del mediatore interculturale, rispetto a più ambiti di intervento, senza però specificarne ruolo e competenze. Di fatto la Regione  non ha un albo o un elenco di riferimento, ma lavora con progetti d’intervento su alcuni ambiti.  La presenza di un mediatore nei diversi ambiti è, quindi, di notevole importanza, eppure, attualmente, solo alcune Regioni hanno tracciato in modo chiaro il profilo e ruolo: la prima è stata  la Toscana nel 1997, seguita poi tra il 2000 e il 2006 dall’Abruzzo, dalla Campania, dall’Emilia Romagna, dal Friuli Venezia Giulia, dal Lazio, dalla Liguria, dal Piemonte, dalla Provincia Autonoma di Bolzano e dalla Valle d’Aosta. Con questo protocollo nuove figure saranno formate, "ceritificate" e inserite all'interno di uno specifico elenco che lo stesso Cefass si prenderà l'impegno di aggiornare.IMG_8856-2

“Si sentiva il bisogno della figura del mediatore interculturale e noi la garantiremo”, ha dichiarato Lucia Rabboni. “Assistiamo a un calo notevole in termini numerici dei minori non accompagnati. Diminuiscono gli sbarchi e, per lo più, si parla di trasferimenti tra le varie strutture o da una città all’altra. Ma non dimentichiamo che i ragazzi sono spesso provenienti da luoghi ed esperienze traumatici e che, di conseguenza, manifestano un certo grado di diffidenza nei confronti di coloro che si avvicineranno.  Grazie ai mediatori contiamo di potenziare e facilitare il diritto all’ascolto, aderendo a quanto sancito dalla Legge Zampa, (del 2017 disciplina la materia di protezione dei minori stranieri, ndr).  Garantiremo la presenza dei mediatori anche per un supporto all’integrazione familiare, non soltanto dei minori. Si pensi, ad esempio, ali nucleo familiari africani, dove spesso la donna viene ancora maltrattata. In casi come quelli, il mediatore potrebbe svolgere un ruolo importante anche di tutela nei confronti degli altri membri e delle donne stesse”, ha concluso. 

Di parere simile anche Maria Cristina Rizzo, la quale ha sintetizzato l’efficacia di questa figura professionale  nella parola “comunicazione”. Confronto col minore attraverso l’aiuto del mediatore in una “comunicazione effettiva” per porre il ragazzo al centro dell’attenzione. “Con una nuova modalità di interazione (che passa anche dalla comunicazione tra autorità giudiziaria e cittadino) potremo per esempio risolvere una delle frequenti difficoltà che incontriamo al momento dell'identificazione: la definizione precisa dell’età dei giovani stranieri. Alle volte i ragazzi dichiarano di essere maggiorenni, senza esserlo. Altre volte, l’esatto contrario. In entrambi i casi finendo per essere collocati in strutture sbagliate, che non li supportano nel processo di integrazione e ascolto”.

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