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Raffaele Carrieri, poeta, scrittore e critico d’arte troppo poco ricordato

Il tarantino Raffaele Carrieri (Taranto, 1905 – Lombrici di Camaiore, 1984) è una delle figure più affascinanti del Nocevento italiano. Poeta, scrittore e critico d’arte, è però, purtroppo, troppo poco ricordato

Dopo l’opera completa di Comi, Pagano, Toma, Luciano Pagano di Musicaos Editore ci regala un nuovo piccolo gioiello di recupero letterario (collana Novecento in versi e prosa) riproponendo il romanzo Fame a Montparnasse (Ultime scene della Bohème) di Raffaele Carrieri, pubblicato nel 1932 per la prima volta da Bietti di Milano. La nuova edizione è curata da Lucio Antonio Giannone, professore di Letteratura italiana contemporanea dell’Università del Salento, con un profilo biografico dell’autore a opera di Simone Giorgino.

Quella di Raffaele Carrieri è una vita avvincente, votata all’avventura, che lo porta lontano dalla sua città natale, Taranto, già in età adolescenziale. Ha infatti solo tredici anni quando, abbandonata la scuola tecnica, fugge di casa e si imbarca da clandestino su una nave per l’Albania per poi proseguire il viaggio a piedi in Montenegro e restarci per alcuni anni vivendo di lavori occasionali. Tornato a Taranto per un brevissimo periodo, nel 1920 decide di unirsi ai legionari dannunziani contrari al trattato di Rapallo che rendeva Fiume una città stato indipendente. Rimasto ferito alla mano sinistra fa ritorno a casa, ma l’impulso ramingo prevale e si trasferisce a Palermo per lavorare come doganiere. Concluso il periodo siciliano (1924/1925) Carrieri si imbarca come marinaio per il Mediterraneo e raggiunge anche le coste africane, ma subito dopo si sposta a Parigi.

Fame a Montparnasse è proprio il racconto di natura autobiografica della sua esperienza parigina (1921/25) sebbene lo abbia scritto nel 1930 a Milano.

Carrieri racconta delle sue frequentazioni degli ambienti e dei protagonisti dell'avanguardia che influenzeranno profondamente tutta la sua poetica e la sua poesia, tra cui il poeta, pittore, scrittore e critico francese Max Jacob, il pittore Giuseppe Cominetti, il pittore e scultore Luigi Corbellini, il violinista rumeno Zindianopolis, l’attore e regista teatrale Carlo Dullin e tutta la cerchia degli scomunicati del Café Dupont di Montmartre, artisti squattrinati ma talentuosi con una fame da lupo come lui.

Per sopravvivere Carrieri fa i mestieri più disparati; da Poccardi, un famoso ristorante, entra come sguattero e si ritrova a separare aragoste grandi e piccole nel deposito delle ghiacciaie, per poi diventare guardiano di spiedi […] a spargere il grasso della leccarda sulle pance depilate dei polli (p. 28).

Dopo un esame radioscopico, un medico gli consiglia di fumare meno perché ha i polmoni appannati di nicotina e grazie a un amico di Zindianapolis, il letterato rumeno Panait Istrati, conosce lo scrittore e medico francese Georges Duhamel che con un sotterfugio lo fa ricoverare all’Ospedale della Carità con l’impegno, da parte di Carrieri, di scrivere almeno un capolavoro… (p.34)

L’ospedale era un rifugio sicuro dove poter dormire e mangiare senza affannarsi e nel frattempo scrivere, ma Carrieri non mantiene la promessa, dopo due mesi di ricovero non produce nulla. Durante la sua degenza perde l’amico Dominique Ragoza, un poeta peruviano, che sceglie di compiere il gesto estremo. Nella struggente lettera d’addio indirizzata a Carrieri scrive:

Il mio destino di autore drammatico s’è compiuto. Per la prima e ultima volta ho provato la lusinga di veder rappresentato qualche cosa di mio… Il pubblico era scarso, ma ti giuro che è stato attentissimo. […] probabilmente se fosse intervenuta la critica, l’avrebbe trovata un po’ alla vecchia maniera. […] Da tre anni, ogni notte, prima di andare a letto, ci pensavo; e alfine mi sono deciso… quando leggerai questa lettera io sarò lontano […]Ho consegnato al primo scannatore del macello qualche cosa per te; non tremare, non si tratta di manoscritti. […] Ammesso che Dio mi accolga nel suo regno, ti preparerò un’ottima reputazione, […] Il vecchio scomunicato ti abbraccia. Addio! Dominique Ragoza (p.37/38)

Una volta dimesso dall’ospedale, Carrieri s’imbatte in Kid, un venditore di tappeti persiani, che lo ospita sul suo un battello; una casa senza porte e senza finestre, agganciata con tre cavi alla terra. Da vicino sembra una balena morta di vecchiaia, ma in realtà non è che una zattera da carico, di quelle che, scendendo la Senna, qualche volta si avventurano sino all’Atlantico. (p.64) Ritorna a fare il mozzo, ma non di barra e di trinchetto, bensì d’acqua dolce; d’acqua di fogna che ha colore di malattia e pizzica come le zanzare dei Balcani. (p.68)

Dalla Parigi bohèmienne Carrieri compie così la discesa verso gli inferi della povertà materiale e della meschinità umana dei bassifondi e lo racconta nel giornale di bordo che annota. In una delle pagine di questa sezione diaristica scrive che non bisogna voltarsi indietro, altrimenti si inciampa perché il passato è una cosa grigia: un letto pieno di cimici, delle camicie sfilacciate, un’amante malata che fabbrica scatole di cartone per procurarti ogni giorno un po’ di cibo. Perché è un artista e lavora per la gloria. E lavorare per la gloria vuol dire non aver più pietà, passare fra la gente e non accorgersi della gente; seppellire un amico e dimenticarlo il giorno dopo; mangiare il pane intriso di sudore che non è tuo, stringere la mano che t’ha schiaffeggiato, allontanare quella che ti fu prodiga. Cattiveria? Oh, no! Non si ha tempo di essere né cattivi né buoni. Bisogna fare presto, affrettare il passo, rompere gli ostacoli, mettere a chiaro le idee, scansare i pericoli, approfittare di ogni occasione per saltare il fosso della miseria. (p.90)

Fame a Montparnasse è dunque il racconto delle disavventure di Carrieri sempre alla ricerca disperata di cibo e di un posto dove dormire (un alternarsi di giacigli di fortuna tra abitazioni di amici, conoscenti, atelier di pittori, camerini di attori, corsie di ospedali, bordelli, ecc.); un racconto famelico sulla precarietà della vita, sulla volontà di affermazione, sulla durezza delle relazioni e la difficoltà di sopravvivere negli ambienti equivoci e malsani della suburra parigina.

Un racconto costellato di personaggi che non hanno una caratterizzazione che vada oltre la proiezione delle istanze soggettive dell'autore come afferma Lucia Strappini, professoressa di Letteratura Italiana dell'Università per Stranieri di Siena (Dizionario Biografico degli Italiani – Treccani Volume 34, 1988); personaggi che sono dunque la somma dei suoi disincanti nei confronti delle spigolosità della vita. E la parola di Carrieri si muove in una dimensione densamente lirica, in un turbinio continuo di immagini visive, uditive, olfattive che quasi si fondono tra di loro come scrive nella sua prefazione intitolata La Bohème di Raffaele Carrieri il Prof. Lucio Antonio Giannone.

Accanto alla copertina del libro, l’opera Èclairage (2018) di Annamaria Amabile.

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