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Il commento

Razzismo e tifoserie: ancora nel 2023 una vergogna fuori dal tempo e dalla storia

Le provocazioni continue partite dal settore dei laziali nei confronti di Banda prima e Umtiti poi riaprono una questione sulla quale l'Italia è in colpevole ritardo. Perché il colore della pelle è per molti ancora una discriminante

LECCE - Non voglio parlare di politica, ma di dignità. Lo premetto perché oramai conosco la possibile obiezione, lo schema delle opposte fazioni. Nazifascismo, stalinismo, eccidi, foibe: l’uso strumentale della storia – intesa come disciplina – fatto per oltre mezzo secolo ci ha inculcato la convinzione primordiale che due torti (aberrazioni) non si sommino, ma si elidano a vicenda. Le etichette che reciprocamente ci affibbiamo annullano lo spazio dei contenuti e così finiamo per nascondere la testa sotto la sabbia. Sempre e per sempre.

No, qui non si discute di come distribuire le risorse di una finanziaria, di quale linea adottare in politica estera, di togliere o meno le accise sul carburante, di quanto restringere oppure allargare le possibilità di ingresso di extracomunitari nel nostro Paese. Quella sarebbe politica e, tra persone serie, si alimenta del confronto tra visioni, magari non privo di sgambetti e provocazioni, ma pur sempre nei limiti della decenza.

Oggi, invece, ci ritroviamo a parlare di razzismo che in un contesto civile e democratico non è, o non dovrebbe essere, una discriminate tra schieramenti e opinioni opposte. Perché, semplicemente, ne va di mezzo la dignità dell’essere umano e, per quel che può contare, anche l’immagine di un club, la Lazio, e di una tifoseria che probabilmente hanno qualcosa di altro e di meglio da dire rispetto agli ululati e agli insulti che hanno colpito Banda nel primo tempo e Umtiti nel secondo (Banda era stato intanto sostituito).

È mai possibile che nell’anno 2023 di nostro Signore si debba ancora assistere a certi comportamenti che marchiano un uomo per il colore della sua pelle, che lo denigrano associandolo alle scimmie? La risposta, purtroppo è sì, e nel mondo del calcio questo accade quando ci sono in ballo sempre le solite tre, quattro tifoserie che fanno del richiamo al neofascismo uno dei loro tratti distintivi, esibiti anche - fin dove le autorità lo hanno consentito - con simboli inequivocabili nelle curve. Che uno abbia la sua posizione politica, per quanto estrema e anche fuori dalla legalità costituzionale, è un dato di fatto, ma che si ricorra ancora più o meno impunemente a epiteti orribili, come “negro”, che rimandano al colonialismo e ad altre epoche buie persino più recenti, è penoso, patetico e inaccettabile.

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È anche un fardello pesante per il sistema calcio, che in Italia ha talmente tanti problemi di credibilità che di questa piaga almeno potrebbe farne a meno, ma anche per il Paese più in generale. In altre nazioni la situazione è stata presa di petto, da noi si procede ancora con molta titubanza.

Siamo arrivati fino a questo punto, cioè così in basso, perché ci sono stati – e ci sono ancora – ampi fronti di giustificazionismo e di riduzionismo, incluso nelle alte sfere della politica e di chi doveva vigilare, e perché, diciamocelo francamente, il razzismo esiste e fa ancora proseliti. Probabilmente, però, a questo punto è arrivato il momento di dire seriamente basta: lo devono fare in primo luogo i calciatori, i tecnici, i dirigenti. Insieme, senza eccezioni, con parole chiare e nette che vadano oltre gli slogan imposti da Fifa e Uefa.

Allo stesso tempo si devono prendere misure drastiche che comportino sanzioni vere e penalizzazioni pesanti senza che, tra 56 gradi di giudizio e supercazzole varie, si finisca a tarallucci e vino. Serve un nuovo e definitivo affondo nei confronti dei razzisti: vanno isolati ed estromessi dai contesti sportivi. L’indirizzo e gli strumenti non possono che venire da chi ha la responsabilità di governo e che ha una occasione importante per dimostrare che nell’ideologia conservatrice che oggi è maggioranza parlamentare non c’è più posto per certi rigurgiti di ignoranza.

Poi si passerà al problema successivo – “e le Ong”? sento già la eco della domanda -, ma minimizzare ancora il fenomeno è un atto di vigliaccheria o di complicità. La questione, in fondo, è molto semplice: rispetto alla convinzione, ampiamente sconfessata dalla scienza, che esistano le razze e che alcune siano da considerare inferiori, voi da che parte state?

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